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view post Posted: 31/7/2015, 11:41     +6Identificazione Preghiera - Medagliette devozionali e crocefissi
Ciao a tutti, per questa medaglietta, cuoricruciforme purtroppo spezzata, di Fine XVI inizio XVII Secolo, con la Madonna di Loreto con il Crocefisso e la Preghiera.
Vi chiedo aiuto per identificare la appunto questa Preghiera. Nella mia si leggono solo pochissime parole.
Qualcuno ha una devo simile più leggibile ? oppure più semplicemente sapete cosa c'è scritto ?
Nel catalogo di Udine ce ne è una simile ma molto più breve: " JESUS XPS REX GLOR VENI I IN PA DEVS HO FA ESI XPS VI XPS IN" potrebbe essere una forma abbreviata della mia?

Ultima curiosità la mia ha la punta inferiore del cuore , della faccia della Madonna, volta a sinistra, in giro ho trovato solo cuori con la punta rivolta a destra !!!

Grazie



view post Posted: 24/2/2015, 10:09     +63 medagliette per 15 Santi - Medagliette devozionali e crocefissi
Spero di non stancarvi con questi mie post particolari....
Questa volta vorrei approfondire le medagliette che celebrano le tre Canonizzazioni di 5 Santi ognuna in 3 diversi anni del Secolo XVII: Anno 1622, 1671, 1690.
Più volte le abbiamo viste postare per identificazione, e spesso si confondono tra loro.


La prima medaglia raffigura la canonizzazione del 12/03/1622 celebrata da Papa Clemente XV, di S. Isidoro l’Agricoltore, S. Teresa di Gesù o D’Avila, S. Ignazio di Loyola,S. Francesco Saverio, S. Filippo Neri.



Isidoro l'Agricoltore, (in spagnolo Isidro), noto anche come Isidoro Agricola o Isidoro Lavoratore (Madrid, 1080 – Madrid, 15 maggio 1130), fu un agricoltore spagnolo a cui furono attribuiti eventi portentosi, e pertanto è stato canonizzato dalla Chiesa cattolica nel 1622.
Nasce in una Spagna che per buona parte è in mano araba, e nell’infanzia sente raccontare le gesta di tre grandi condottieri. Ecco Alfonso VI il Bravo, re di Castiglia e di León, che ha conquistato tante città. E poi Yusuf ibn Tashufin, capo della dinastia musulmana degli Almorávidi, che ha sconfitto Alfonso nel 1081 e ha incorporato i domìni arabi di Spagna nel suo impero nordafricano. Infine, c’è il condottiero dei condottieri, l’eroe nazionale Ruiz Díaz de Bivar detto il Cid, el que en buena çinxo espada (colui che in buon’ora cinse la spada).
Isidoro non ha spada né cavallo. Orfano del padre fin da piccolo, va poi a lavorare la terra sotto padrone, nelle campagne intorno a Madrid. A causa della guerra, cerca rifugio e lavoro più verso nord, a Torrelaguna. E vi trova anche moglie: Maria Toribia, contadina come lui.
Isidoro è un credente schietto. Partecipa ogni giorno alla Messa mattutina, e durante la giornata lo si vede spesso appartato in preghiera. Questo gli tira addosso le accuse di altri salariati: ha poca voglia di lavorare, perde tempo, sfrutta le nostre fatiche. È già accaduto agli inizi, nelle campagne di Madrid; poi continua a Torrelaguna, e più tardi a Madrid ancora, quando lui vi ritorna alla fine dei combattimenti. A queste accuse Isidoro non si ribella, ma neppure si piega. Il padrone è preoccupato, non si fida di lui? E allora sorvegli, controlli, verifichi i risultati del suo lavoro... E questo fa appunto il padrone, scoprendo che Isidoro ha sì perso tempo inginocchiandosi ogni tanto a pregare, ma che alla sera aveva mietuto la stessa quantità di grano degli altri. E così al tempo dell’aratura: tanta orazione pure lì, ma a fine giornata tutta la sua parte di terra era dissodata.
Juan de Vargas si chiama questo proprietario, che dapprima tiene d’occhio Isidoro con diffidenza; ma alla fine, toccata con mano la sua onestà, arriva a dire che quei risultati non si spiegano solo con la capacità di lavoro; ci sono anche degli interventi soprannaturali: avvengono miracoli, insomma, sulle sue terre.
E altri diffondono via via la voce: in tempo di mietitura, il grano raccolto da Isidoro veniva prodigiosamente moltiplicato. Durante l’aratura, mentre lui pregava in ginocchio, gli angeli lavoravano al posto suo con l’aratro e con i buoi. Così il bracciante malvisto diventa l’uomo di fiducia del padrone, porta a casa più soldi e li divide tra i poveri. Né lui né sua moglie cambiano vita: è intorno a loro e grazie a loro che la povera gente incomincia a vivere un po’meglio. Nel tempo delle epiche gesta di tanti conquistatori, le imprese di Isidoro sono queste, fino alla morte.
A volte certi suoi atti fanno pensare a Francesco d’Assisi. Per esempio, quando d’inverno si preoccupa per gli uccelli affamati: e per loro, andando al mulino con un sacco di grano, ne sparge i chicchi a grandi manciate sulla neve; ma quando arriva al mulino, il sacco è di nuovo prodigiosamente pieno.
Lavorare, pregare, donare: le sue gesta sono tutte qui, e dopo la morte lo rendono famoso come Alfonso il Bravo e come il Cid. Nel 1170 il suo corpo viene deposto nella chiesa madrilena di Sant’Andrea, e col tempo la sua fama si divulga in Spagna, nelle colonie spagnole d’America e in alcune regioni del Nord europa. Nel 1622, Isidoro l’Agricoltore viene canonizzato da Gregorio XV (con Ignazio di Loyola e Francesco Saverio). Nel 1697 papa Innocenzo XII proclama beata sua moglie Maria Toribia. Le reliquie di sant’Isidoro si trovano ora nella cattedrale di Madrid.
Sant'Isidoro è festeggiato il 15 maggio ed è particolarmente venerato in Spagna, Sardegna e nei paesi sudamericani.
Patrono di: contadini, raccolti, campi e di alcune città spagnole e italiane.


Teresa di Gesù, o d'Ávila, al secolo Teresa Sánchez de Cepeda Dávila y Ahumada (Ávila, 28 marzo 1515 – Alba de Tormes, 15 ottobre 1582), è stata una religiosa e mistica spagnola.
Entrata nel Carmelo di Ávila a vent'anni, fuggita di casa, dopo un travagliato percorso interiore che la condusse a quella che definì in seguito la sua "conversione" (a trentanove anni), divenne una delle figure più importanti della Riforma cattolica grazie alla sua attività di scrittrice e riformatrice delle monache e dei frati Carmelitani Scalzi, e grazie alla fondazione di monasteri in diversi luoghi di Spagna, e anche oltre (prima della sua morte venne fondato un monastero di Scalzi a Lisbona). Morì ad Alba de Tormes nel 1582 durante uno dei suoi viaggi.
Fu autrice di diversi testi nei quali presenta la sua dottrina mistico-spirituale e i fondamenti e le origini del suo ideale di Riforma dell'Ordine carmelitano. La sua opera maggiormente celebre è "Il castello interiore" (intitolato anche "Mansioni"), itinerario dell'anima alla ricerca di Dio attraverso sette particolari passaggi di elevazione, affiancata dal "Cammino di perfezione", e dalle "Fondazioni" nonché da molte massime, poesie e preghiere, alcune delle quali particolarmente celebri[1].
Proclamata beata nel 1610 e poi santa da papa Gregorio XV nel 1622, fu annoverata tra i dottori della Chiesa nel 1970 da Paolo VI, insieme a Caterina da Siena.


Ignazio di Loyola, in basco Íñigo López Loiola (Azpeitia, 24 dicembre 1491 – Roma, 31 luglio 1556), è stato un religioso spagnolo, fu il fondatore della Compagnia di Gesù (Gesuiti): nel 1622 è stato proclamato santo da papa Gregorio XV.
Don Inigo Lopez, questo il suo nome di battesimo, nacque a Loyola intorno al 1491, membro della numerosa famiglia (ben tredici figli) di Don Beltran Yanez e Donna Marina Saenz. Il padre era stato soldato al servizio di Enrico IV, dei Re cattolici e di Giovanni II; al fianco di Fernando il Cattolico guidò l’assedio contro la città di Toro, Burgos, Loja (conquistata il 29 maggio 1486) e Vélez-Málaga. La madre era figlia del dottor Don Martin Garcia de Licona, figura di alto lignaggio, cortigiano dei re di Castiglia e consigliere dei Re cattolici. In quanto agli altri figli sappiamo fossero otto maschi e cinque femmine, di cui Inigo fu il minore.
In quanto a Inigo non conosciamo il giorno preciso della nascita, secondo una tradizione di dubbia storicità il 1º giugno, del 1491, battezzato nella chiesa parrocchiale di Azpeitia ricevette al fonte battesimale il nome di Inigo e il patronimico Lopez prima del cognome paterno, secondo l’usanza tradizionale. Sarà durante gli studi a Parigi che egli mutò il suo nome in Ignatius, probabilmente per la sua speciale devozione verso sant’Ignazio di Antiochia. Svezzato da una nutrice nel casolare di Eguibar, vicino Loyola, crebbe sotto le attenzioni del fratello Don Martin e della cognata Donna Magdalena, nonostante l’educazione non si applicò mai troppo agli studi preferendo divertimenti quali il ballo, amava molto partecipare alle danze popolari, e il canto. Intorno al 1506, perché avesse una formazione cortigiana, venne inviato dal fratello ad Arévalo, presso il ministro delle finanze del regno, il potente Juan Velazquez, la cui sposa donna Maria de Velasco era parente della defunta madre.
Al fianco del protettore Inigo conobbe la corte reale e i grandi del regno, spesso la regina Germana de Foix, nipote di Luigi XII di Francia, e seconda moglie di Fernando il Cattolico, partecipò ai banchetti organizzati in suo onore dall’amica Maria de Velasco ai quali senz’altro partecipò anche il giovane paggio de Loyola. Egli rimase in casa del Velazquez per undici anni, fino al 1517 trascorrendo una vita agiata, dedita ai banchetti, alla musica, alla lettura di romanzi cavallereschi e alla composizione poetica. Il focoso giovane venne perfino processato insieme al fratello Pero Lopez per un fatto a noi oggi sconosciuto. Con la morte del re Fernando la situazione della famiglia Velazquez precipitò in breve tempo. La regina Germana sollecitò il nuovo re, Carlo I, a concedergli le cittadine di Arevalo e Olmedo, proprietà del ministro delle finanze.
Quest’ultimo, ritenendo tale decisione un sopruso e una violazione dei suoi diritti, si ribellò al re difendendo la sua città, una ribellione che durò parecchi mesi. Ma risultò vana. Juan Velazquez perse tutto, caduto in sfavore e rattristato per la morte del primogenito Gutierre si ritirò a Madrid dove morì qualche mese dopo, il 12 agosto 1517, mentre la moglie Maria passò al servizio dell’ormai reclusa Giovanna la Pazza, madre di Carlo, e della figlia di questa Caterina. Aveva ventisei anni Inigo quando, abbandonata la famiglia Velazquez caduta in disgrazia, fatto che peraltro lo turbò notevolmente dato l’affetto che lo legava al suo patrono, raggiunse il palazzo di don Antonio Manrique de Lara, duca di Najera e viceré di Navarra, per passare al suo servizio.
Questi aveva la sua residenza ordinaria a Pamplona, è lì che Inigo si diresse per trascorrervi non meno di tre anni durante i quali, nella cerchia dei gentiluomini al servizio di don Manrique, ebbe l’onore di assistere allo sbarco della nave che conduceva in Spagna il nuovo re Carlo I, il futuro Carlo V allora appena diciassettenne. Alla partenza di questi per la Germania, dove lo attendeva la corona dell’impero, si diffusero moti di ribellione per le città ispaniche, irritate dalla precedenza che il re aveva dato al trono germanico a scapito di quello spagnolo, lasciandovi come suoi rappresentati alti funzionari fiamminghi, invisi al popolo e alla nobiltà. Antonio Manrique, fedele al re, fu uno dei condottieri che diedero battaglia ai rivoltosi a fianco dei propri figli e dello stesso Inigio, che aveva prestato la sua spada al patrono. È certo che con questi egli sostenne e vinse l’assedio alla città ribelle di Najera. Don Manrique ebbe anche una missione speciale per il fedele Inigo: pacificare la provincia di Guipúzcoa. Missione che egli risolse nel migliore dei modi.
Ma un incarico ben più arduo attendeva Inigo: la fortezza di Pamplona era in pericolo e presto sarebbe crollata. Non solo i nemici di don Manrique minacciavano la cittadina ma lo stesso re francese Francesco I, il quale, approfittando della situazione, progettò il suo attacco contro la Navarra. La fortezza era priva di forze militari perché il duca se n’era privato per soccorrere il suo sovrano. Enrico d’Albret, pretendente al trono di Navarra, appoggiato da Francesco I, piombava sulla fortezza sotto il comando di Andres de Foix con ben dodicimila soldati di fanteria, ottocento lancieri e ventinove pezzi di artiglieria. A Pamplona non era rimasto che un piccolo esercito di un migliaio di soldati, sotto gli ordini di don Pedro de Beamonte, celermente sostenuto dall’arrivo inaspettato delle milizie comandate da Inigo e suo fratello Martin.
La situazione si aggravò per conflitto degli stessi condottieri: Martin, che voleva il comando delle truppe, di fronte al rifiuto del Beamonte, decise di ritirarsi col grosso delle sue truppe, lasciando in tal modo il fratello con pochi soldati. Il 19 maggio la città cadde in mano al nemico, Inigo e i suoi rimasero a difendere l’ultimo baluardo di Pamplona, rifiutando le condizioni poste da Andres de Foix per la loro resa. Il giorno dopo fu adoperata l’artiglieria pesante e durante i bombardamenti un tiro colpì in pieno la gamba destra di Inigo rompendogliela in più parti. Il comandante e i suoi soldati si arresero dopo sei ore di assedio. I francesi, e particolarmente il generale nemico, che aveva già precedentemente manifestato stima nei confronti dell’avversario gli risparmiò la vita e ordinò che se ne prendessero cura, come Ignazio stesso raccontò in seguito nella sua autobiografia.
Dopo quindici giorni di degenza a Pamplona venne trasportato in barella alla casa paterna. Il suo stato era grave e più volte si temette per la sua vita. Solo dopo dolorosissime operazioni e atroci sofferenze egli poté ristabilirsi pur non potendosi reggere bene sulla gamba, a causa della quale dovette zoppicare per il resto della vita. In quei giorni fu costretto a un’esasperante immobilità, rimase a letto leggendo. Gli vennero dati la Vita Christi, del certosino Landolfo di Sassonia e il Flos sanctourm, le celebri vite dei santi composte dal domenicano Jacopo da Varazze. “Quando pensava alle cose del mondo, provava molto piacere, ma quando stanco le lasciava si trovava vuoto e scontento. Quando pensava di andare a Gerusalemme scalzo, di mangiare solo erbe e di fare tutte le altre cose dure che vedeva che avevano fatto i santi, non solo si consolava quando vi stava pensando ma anche dopo aver lasciato questi pensieri restava contento e allegro”. In lui qualcosa andava mutando, cominciava il suo processo di conversione religiosa. Cominciava pian piano a spendere il tempo nella preghiera, nella lettura di testi sacri, nella meditazione durante il suo periodo di degenza, cominciando a trascrivere alcuni appunti che in seguito avrebbero dato vita ai suoi esercizi. Sognava di partire pellegrino per Gerusalemme e per realizzare tale desiderio, una volta ristabilito, si decise di partire pellegrino per i santuari mariani della Spagna, con una particolare sosta presso il celebre santuario di Montserrat.
Si recò in Terra santa. Dopo poco tempo fu costretto a rientrare in Spagna.
In quel periodo elaborò, in prima persona, il suo metodo di preghiera e contemplazione, basato sul "discernimento". Queste esperienze hanno in realtà origine da un passaggio della Seconda lettera ai Corinzi di Paolo di Tarso . Essi descrivono una serie di meditazioni a cui, poi, dovranno attenersi i futuri gesuiti. Quest'opera ha influenzato profondamente i successivi metodi di evangelizzazione della Chiesa cattolica. Ebbe anche l'occasione di visitare il Monastero benedettino di Montserrat il 25 marzo 1522, dove appese i suoi paramenti militari davanti a un'immagine della Vergine Maria, in una vera e propria veglia militare dedicata alla Madonna. Entrò nel monastero di Manresa, in Catalogna, dove praticò un severissimo ascetismo. La Vergine divenne l'oggetto della sua devozione cavalleresca: l'immaginario militare giocò sempre una parte importante nella sua vita e nelle sue contemplazioni religiose.
Nel 1528 si iscrisse all'Università di Parigi, dove rimase sette anni, ampliando la sua cultura letteraria e teologica, e cercando di interessare gli altri studenti agli "Esercizi spirituali".
Entro il 1534 ebbe sei "seguaci" - Pierre Favre (francese), Francesco Saverio, Diego Laínez, Alfonso Salmerón, Nicolás Bobadilla (spagnoli), e Simão Rodrigues (portoghese).
La fondazione della Compagnia di Gesù
Il 15 agosto del 1534, Ignazio e gli altri sei studenti si incontrarono a Montmartre, vicino Parigi, legandosi reciprocamente con un voto di povertà e castità e fondando la Compagnia di Gesù, allo scopo di eseguire lavoro missionario e di ospitalità a Gerusalemme o andare incondizionatamente in qualsiasi luogo il Papa avesse ordinato loro.
Nel 1537 essi si recarono in Italia in cerca dell'approvazione papale per il loro ordine religioso. Papa Paolo III li lodò e consentì loro di essere ordinati sacerdoti. Essi vennero ordinati a Venezia dal vescovo di Arbe (ora Rab, in Croazia) il 24 giugno. Si dedicarono alla preghiera e ai lavori di carità in Italia, anche perché il nuovo conflitto tra l'imperatore, Venezia, il Papa e l'Impero Ottomano rendeva impossibile qualsiasi viaggio a Gerusalemme.
Con Faber e Lainez, Ignazio si diresse a Roma nell'ottobre del 1538, per far approvare dal Papa la costituzione del nuovo ordine. Una congregazione di cardinali si dimostrò favorevole al testo preparato da Ignazio e papa Paolo III confermò l'ordine con la bolla papale Regimini militantis ecclesiae (27 settembre 1540), ma limitò il numero dei suoi membri a sessanta. Questa limitazione venne rimossa con una successiva bolla, la Iniunctum nobis, del 14 marzo 1543. L'ultima e definitiva approvazione della Compagnia di Gesù è stata data nel 1550 con la bolla Exposcit debitum di Giulio III.
Ignazio venne scelto come primo preposito generale della Compagnia di Gesù. Inviò i suoi compagni come missionari in giro per tutto il mondo per creare scuole, istituti, collegi e seminari.
Nel 1548 vennero stampati per la prima volta gli Esercizi spirituali, per i quali venne condotto davanti al tribunale dell'Inquisizione, per poi essere rilasciato.
Sempre nel 1548, Ignazio fondò a Messina il primo Collegio dei Gesuiti al mondo, il famoso Primum ac Prototypum Collegium ovvero Messanense Collegium Prototypum Societatis, primo e, quindi, prototipo di tutti gli altri collegi di insegnamento che i gesuiti fonderanno con successo nel mondo facendo dell'insegnamento la marca distintiva dell'ordine.
Ignazio scrisse le Costituzioni gesuite, adottate nel 1554, che creavano un'organizzazione monarchica e spingevano per un'abnegazione e un'obbedienza assoluta al Papa e ai superiori (perinde ac cadaver, "[lasciati guidare] come un cadavere" scrisse Ignazio). La regola di Ignazio diventò il motto non ufficiale dei gesuiti: Ad Maiorem Dei Gloriam.
I gesuiti hanno dato un apporto determinante al successo della Controriforma.
Tra il 1553 e il 1555, Ignazio dettò al suo segretario, padre Gonçalves da Câmara, la storia della sua vita. Questa autobiografia, essenziale per la comprensione dei suoi Esercizi spirituali, rimase però segreta per oltre 150 anni negli archivi dell'ordine, fino a che il testo non venne pubblicato negli Acta Sanctorum.
Morì a Roma nel 1556 e venne canonizzato il 12 marzo 1622. Il 23 luglio 1637 il suo corpo fu collocato in un'urna di bronzo dorato, nella Cappella di Sant'Ignazio della Chiesa del Gesù in Roma. La statua del Santo, in argento, è opera di Pierre Legros. La festa religiosa viene celebrata il 31 luglio, giorno della sua morte.


Francisco de Jasso Azpilcueta Atondo y Aznares de Javier, comunemente noto con il nome italianizzato in Francesco Saverio (Javier, 7 aprile 1506 – isola di Sancian, 3 dicembre 1552), è stato un gesuita e missionario spagnolo, proclamato santo nel 1622 da papa Gregorio XV; il suo culto è ammesso anche dalla Chiesa anglicana.
Biografia
Era nato in una famiglia nobile di Javier (in Navarra) nel 1505. I beni della famiglia erano stati confiscati da Ferdinando il Cattolico dopo la vittoria sugli autonomisti navarrini filofrancesi. Per sfuggire alla sconfitta e alla miseria si rifugiò quindi in Francia, e andò a studiare teologia alla Sorbona dove, dopo il primo triennio, divenne Magister.
Nel suo stesso collegio di Santa Barbara arrivò Ignazio di Loyola che ne riconobbe immediatamente il temperamento combattivo ed ardente e decise di conquistarlo alla propria causa. Nello stesso collegio studiava anche Pierre Favre (1506-1546). Con Javier e Favre Ignazio fece i primi voti da cui sarebbe poi nata la Compagnia di Gesù, nella chiesa di Saint Pierre di Montmartre, il 15 agosto 1534. I voti erano: povertà, castità, e pellegrinaggio in Terrasanta; se non fossero riusciti a partire sarebbero andati a Roma per mettersi a disposizione del Papa.
Non riuscendo a partire da Venezia, i nuovi gesuiti cominciarono con l'adempiere l'ultima parte dell'impegno, e papa Paolo III finanziò il loro viaggio. A Roma Francesco Saverio fu ordinato sacerdote nel 1537, e qui i primi gesuiti aggiunsero ai tre voti tradizionali di povertà, castità e obbedienza, il quarto e distintivo: l'obbedienza al papa. Nel 1540, Giovanni III del Portogallo chiese a Papa Paolo III di inviare missionari ad evangelizzare i popoli delle nuove colonie nelle Indie orientali.
Francisco Javier, indicato da Ignazio, partì nel marzo del 1541. Per le Indie si partiva da Lisbona, e il viaggio del nuovo missionario durò più di un anno: arrivò a Goa nel maggio dell'anno successivo, spingendosi poi fino a Taiwan. La tradizione vuole che egli abbia portato la propria attività missionaria fino alle Filippine, ma di questo viaggio mancano tracce documentali.
Nel 1545 partì per Malacca, in Malaysia, dove incontrò alcuni giapponesi che gli diedero l'idea di estendere l'evangelizzazione al Giappone (agosto 1549). Ammalatosi durante il viaggio da Malacca all'isola di Sancian, morì nel 1552.
Il culto
Fu sepolto nella chiesa dei Gesuiti di Goa, ma il suo braccio destro fu inviato a Roma, dove si conserva, dal 1614, in un reliquiario della Chiesa del Gesù, chiesa madre dell'ordine.
Altre parti del corpo del santo sono state asportate nel corso del tempo ad opera di fedeli interessati al possesso delle reliquie.
Fu canonizzato insieme con Ignazio di Loyola da papa Gregorio XV, il 12 marzo 1622, ma la morte di quest'ultimo impedì che la bolla papale fosse promulgata prima del 1623.
La Chiesa cattolica ne celebra la festa liturgica il 3 dicembre e lo considera patrono delle missioni.


San Filippo Neri (Firenze, 21 luglio 1515 – Roma, 26 maggio 1595) è stato un sacerdote italiano. Fiorentino d'origine, si trasferì, ancora molto giovane, a Roma, dove decise di dedicarsi alla propria missione evangelica in una città corrotta e pericolosa, tanto da ricevere l'appellativo di "secondo apostolo di Roma".
Radunò attorno a sé un nutrito gruppo di ragazzi di strada, avvicinandoli alle celebrazioni liturgiche e facendoli divertire, cantando e giocando, in quello che sarebbe, in seguito, divenuto l'Oratorio, ritenuto e proclamato come vera e propria congregazione da papa Gregorio XIII nel 1575.
Memorabili furono i suoi detti sarcastici, quali, ad esempio, State buoni se potete.
Per il suo carattere burlone, fu anche chiamato il "Santo della gioia" o il "giullare di Dio".

LE MEDAGLIETTE





















L’iconografia pone al centro S. Isidoro con l’inconfondibile rastrello e S. Teresa alla sua destra, S. Filippo Neri alla sua sinistra.

La seconda Medaglietta raffigura la Canonizzazione del 12/04/1671 celebrata da Papa Clemente X di S. Rosa da Lima, S. Filippo Benizi, S. Francesco Borgia, S. Gaetano di Thiene, S. Luigi Bertran.


Luigi Bertrando (in spagnolo Luis Beltrán Valencia, 1º gennaio 1526 – Valencia, 9 ottobre 1581) fu un religioso e missionario spagnolo appartenente all'Ordine domenicano. Svolse il suo apostolato tra gli indigeni dell'America centrale e meridionale. È stato proclamato santo da papa Clemente X (1671).
Biografia
Imparentato con Vincenzo Ferrer, il 26 agosto del 1544 si fece domenicano nel convento di Santo Domingo della sua città: venne ordinato sacerdote nel 1547 dall'arcivescovo Tomás de Villanueva e l'anno successivo venne assegnato al convento di Llombai, dove ricoprì l'ufficio di Maestro dei novizi.
Fu in relazione epistolare con Teresa d'Ávila, di cui incoraggiò il progetto di riforma dell'ordine carmelitano.
Nel 1562 partì come missionario per le Americhe: si dedicò all'evangelizzazione degli indigeni delle isole caraibiche e della colonia spagnola di Nuova Granata (l'attuale Colombia), godendo fama di grande predicatore ed operatore di miracoli.
Rientrò in patria nel 1569, continuando a dedicarsi alle missioni interne. Fu tra i più fidati consiglieri e collaboratori del vescovo di Valencia Juan de Ribera.
Il culto
Venne proclamato beato da papa Paolo V il 19 luglio del 1608 e papa Clemente X lo canonizzò il 12 aprile 1671.[1] Papa Alessandro VIII lo ha dichiarato patrono della Colombia.
Memoria liturgica il 9 ottobre.


Gaetano di Thiene (Vicenza, ottobre 1480 – Napoli, 7 agosto 1547) è stato un sacerdote italiano, cofondatore dell'Ordine dei Chierici Regolari Teatini; nel 1671 è stato proclamato santo da papa Clemente X ed è detto il Santo della Provvidenza.
Biografia
Di origine nobiliare, nacque a Vicenza nel 1480 dal conte Gasparo e da Maria da Porto; gli fu dato il nome di Gaetano in onore di un suo zio, famoso canonico e professore all'Università di Padova, nativo di Gaeta. Perse in giovanissima età il padre, morto nel 1492, e la sua educazione venne curata dalla madre.
Studiò diritto all'Università di Padova e il 17 luglio 1504 conseguì la laurea in utroque iure. Pur essendo iscritto all'albo degli avvocati, Gaetano non esercitò mai tale professione, preferendo indirizzarsi verso lo stato di religioso. Entrò infatti subito nello stato clericale ricevendo la tonsura da Pietro Dandolo, vescovo di Vicenza; il suo desiderio di divenire sacerdote era, però, contrario a quello di sua madre che, avendo già perduto due figli maschi, aveva riposto in lui le speranze di veder proseguire nel tempo la famiglia.
Nel 1505, animato da grande spirito religioso, Gaetano si fece promotore dell'edificazione della chiesa di Santa Maria Maddalena a Rampazzo nella tenuta di famiglia, tuttora esistente.[1]
Nel 1507 si stabilì a Roma, dove prese dimora assieme al futuro cardinale Giovanni Battista Pallavicini, vescovo di Cavaillon, presso la chiesa di San Simeone ai Coronari. Gli furono concessi poi i benefici ecclesiastici delle chiese di Santa Maria di Malo e Santa Maria di Bressanvido. Presso la Curia Romana ricoprì gli incarichi di scrittore delle lettere pontificie e protonotario apostolico ed ebbe un ruolo notevole nel riportare la pace tra la Santa Sede e la Repubblica di Venezia, dopo la guerra della Lega di Cambrai; si guadagnò la stima di papa Giulio II, che in un breve si rivolse a Gaetano come a un "figlio diletto" e "nostro famigliare".
A Roma, Gaetano si iscrisse all'Oratorio del Divino Amore e partecipò attivamente alle riunioni che si tenevano nella chiesa di Santa Dorotea presso l'ospedale di San Giacomo degli Incurabili. Ottenuta una particolare dispensa da papa Leone X, tra il 27 e il 29 settembre 1516 ricevette gli ordini minori e il diaconato; mentre il 30 settembre successivo, in occasione della festa di san Girolamo (patrono del suo casato), venne ordinato sacerdote da Francesco Bertoli, vescovo di Milopotamo, nella cappella privata del presule. Gaetano celebrò la sua prima messa solo nell'Epifania del 1517.
Fece ritorno nella sua nativa Vicenza nel 1519; entrò nella compagnia dei Santi Clemente e Girolamo e ristrutturò l'ospedale della Misericordia, che fece aggregare all'ospedale di San Giacomo; trasferitosi a Verona, si aggregò alla compagnia del Santissimo Corpo di Cristo e fondò un nuovo ospedale degli incurabili.
Tornò a Roma nel 1527; assieme a Gian Pietro Carafa (futuro papa Paolo IV), Bonifacio de' Colli e Paolo Consiglieri, suoi compagni all'Oratorio del Divino Amore, decise di formare una nuova fraternità di sacerdoti con il fine di riformare il clero e di restaurare e applicare una regola primitiva di vita apostolica; papa Clemente VII, con il breve Exponi nobis (24 giugno 1524) permise loro di prendere i voti e condurre vita fraterna in comunità e il 14 settembre successivo, nella basilica di San Pietro, Gaetano e i suoi compagni fecero la loro professione nelle mani del vescovo di Caserta Giovan Battista Boncianni, delegato papale.
Pur non essendo questo il loro proposito, Gaetano e i compagni andarono a costituire un nuovo ordine religioso, il primo degli ordini di chierici regolari sorti durante il periodo della Controriforma; essendo Gian Pietro Carafa vescovo di Chieti (in latino Theate), i membri dell'ordine vennero detti teatini.
Gaetano e i suoi ormai dodici compagni subirono la prigionia durante il sacco di Roma del 1527 nella Torre dell'Orologio in Vaticano da dove riuscirono provvidenzialmente a fuggire per Venezia, stabilendosi presso la chiesa di San Nicola dei Tolentini; il 14 settembre 1527 Gaetano venne eletto preposito generale dell'ordine.
Nel 1533, insieme a Giovanni Marinoni, si recò a Napoli per fondarvi una casa dell'ordine; il viceré Pedro de Toledo, nel 1538, concesse loro la basilica di San Paolo Maggiore. A Napoli Gaetano curò la formazione dei sacerdoti impegnati nel locale ospedale degl'Incurabili; fu correttore della compagnia dei Bianchi; diresse il monastero delle domenicane della Sapienza (fondato da Maria Carafa, sorella di Gian Pietro); guidò Maria Lorenza Longo nella fondazione delle monache Cappuccine; contrastò la diffusione delle dottrine eterodosse introdotte in città da Bernardino Ochino, Pier Martire Vermigli e Juan de Valdés.[5]
Tra il 1540 e il 1543 fu preposito della comunità teatina di Venezia, poi tornò a Napoli, dove si spense nel 1547.
Il culto
Le procedure canoniche per la beatificazione di Gaetano di Thiene vennero avviate agli inizi del XVII secolo e si conclusero ad opera di papa Urbano VIII, che lo elevò all'onore degli altari l'8 ottobre 1629.
Venne proclamato santo, con decreto del 12 novembre 1670, da papa Clemente X il 12 aprile 1671. Nella stessa cerimonia vennero proclamati santi anche Rosa da Lima, Luigi Bertrando, Francesco Borgia e Filippo Benizi.
La sua memoria liturgica è fissata al 7 agosto e nel 1673 la sua festa venne estesa alla Chiesa universale.
È invocato come il "Santo della Provvidenza". In occasione del IV centenario della sua nascita papa Pio XII sintetizzò la sua spiritualità definendolo «...acceso apostolo del divino Amore e campione insigne dell'umana carità».
È patrono e titolare delle congregazioni delle Povere Figlie di San Gaetano,delle Suore della Provvidenza di San Gaetano da Thiene] e della Pia Società di San Gaetano.


Francesco Borgia, in spagnolo Francisco de Borja y Aragón (Gandia, 28 ottobre 1510 – Roma, 30 settembre 1572), fu il IV duca di Gandia e ricoprì la carica di viceré di Catalogna. Rimasto vedovo, entrò nella Compagnia di Gesù e divenne sacerdote: nel 1565 fu eletto preposito generale dell'ordine. È stato proclamato santo da papa Clemente X nel 1670.
Biografia
Nacque nella famosa famiglia Borgia di origini spagnole Suo padre era Juan de Borja y Enriquez e suo nonno paterno, Giovanni Borgia, secondo duca di Gandia, era uno dei figli di papa Alessandro VI; il nonno materno era l'arcivescovo di Saragozza Alfonso, figlio naturale del re Ferdinando II di Aragona. Crebbe a Saragozza e all'età di dodici anni fu inviato come paggio a Tordesillas; qui assisteva la regina Giovanna la Pazza, che, dopo la scomparsa del marito, si era ivi ritirata insieme alla figlia, l'infanta Caterina. Dal 1528 fu a Valladolid presso Carlo V: entrò presto nelle grazie dell'imperatrice Isabella, che lo nominò marchese di Lombay e lo fece sposare con Eleonora de Castro, da cui ebbe otto figli. Egli seguì l'imperatore in numerosi viaggi; nel 1535 fu in Tunisia, poi in Provenza.
Nel maggio 1538 l'imperatrice Isabella morì ed egli fu profondamente colpito dall'orazione pronunciata da san Giovanni d'Avila durante la funzione funebre. Da quel momento principiò un cammino di maggiore accostamento alla fede cattolica e alla vita evangelica; cominciò a dedicarsi allo studio della teologia, ottenendo il dottorato. Il 26 giugno 1539 fu nominato viceré di Catalogna. Nel 1546 sua moglie morì, ed egli si pose sotto la direzione spirituale dei padri gesuiti. Il 1º febbraio 1548 emise i voti solenni ed entrò nella Compagnia di Gesù, ma ottenne una particolare dispensa per restare nel secolo fino a quando non avesse assolto i suoi doveri di genitore.
Il 23 ottobre 1550 raggiunse Roma, dove venne ordinato sacerdote e divenne uno dei principali collaboratori di sant'Ignazio di Loyola. Contribuì con una grande somma di denaro all'istituzione del "Collegio romano", l'attuale Università Gregoriana, e fu incaricato di controllare la diffusione dell'Ordine nella penisola Iberica. Il 10 giugno 1554 fu nominato "Commissario generale" in Spagna. Rifiutò la nomina a cardinale proposta prima da papa Giulio III e poi da Pio IV, Pio V e infine Gregorio XIII. Nel 1565 fondò le missioni gesuite in Perù e in Florida. Fu anche nominato esecutore testamentario di Carlo V. Richiamato da Pio IV, nel 1561 tornò a Roma, dove strinse amicizia con i cardinali Michele Ghislieri e Carlo Borromeo e, il 20 gennaio 1565, venne nominato "Vicario Generale" della Compagnia.
Il 2 luglio 1565 venne eletto "Preposito Generale" della Compagnia di Gesù, succedendo a Diego Laínez. Diede un grande impulso all'attività missionaria dell'Ordine in India, Brasile e Giappone. Per quanto riguarda la formazione spirituale e intellettuale dei giovani religiosi, emanò nuove regole sui costumi e gli studi dei novizi, per loro fece costruire la "Casa" e la Chiesa di Sant'Andrea al Quirinale. Sotto il pontificato di Pio V fu incaricato di assistere il "Cardinal Nepote" Michele Bonelli nelle sue missioni diplomatiche, ma questi viaggi furono fatali per la sua salute cagionevole: morì a Roma nel 1572.
Il culto
Papa Urbano VIII lo proclamò beato il 23 novembre 1624 essendo verificatasi la guarigione della nipote del duca di Lerma dopo che fu richiesta la sua esplicita intercessione. Il 20 giugno 1671 fu canonizzato da Clemente X.
La sua memoria liturgica cade il 30 settembre.


Rosa di Santa Maria, al secolo Isabel Flores de Oliva (Lima, 20 aprile 1586 – Lima, 24 agosto 1617), è stata una religiosa peruviana del terz'ordine domenicano: è stata canonizzata nel 1671 da papa Clemente X.
Biografia
Nacque a Lima il 20 aprile 1586 da una nobile famiglia di origine spagnola, decima di tredici figli, e fu battezzata con il nome di Isabella.
I suoi numerosi agiografi (esistono circa 400 agiografie su di lei), raccontano che a tre mesi dalla nascita la sua culla sarebbe stata circondata da rose. Il giorno della Cresima l'arcivescovo Toribio di Mogrovejo (pure venerato come santo) la chiamò Rosa.
Fin da piccola aspirava alla vita religiosa, il suo modello era santa Caterina da Siena, a vent'anni vestì l’abito delle Suore del Terz’Ordine regolare dei Predicatori.
Le fu concesso, nella casa materna, situata nel centro di Lima, una stanza per assistere i bisognosi, specialmente di origine india.
Dal 1609 si ritirò in un'angusta cella, ubicata nel giardino di casa, fredda d'inverno e afosa d'estate, assediata dalle zanzare, per meglio pregare in unione con il Signore.
Alla preghiera si alternavano autoflagellazioni, veglie e digiuni, mentre la sua vita ascetica era costellata di visioni, grazie ma anche vessazioni diaboliche.
Nel 1614 si trasferì nell'abitazione della nobile Maria de Ezategui, dove morì tre anni dopo, all'età di trentuno anni, il 24 agosto 1617, consumata dalle penitenze, offerte per la salvezza dei peccatori e per la conversione delle popolazioni indigene. Il suo corpo è conservato a Lima nella Basilica Domenicana del Santo Rosario.
Beatificata nel 1668 da papa Clemente IX, canonizzata nel 1671 da papa Clemente X, è stata la prima dei santi americani ed è la patrona del Perù, del Nuovo Mondo e delle Filippine. È invocata in caso di ferite, inoltre contro le eruzioni vulcaniche e anche in caso di litigi familiari.
La commemorazione liturgica ricorre il 23 agosto (il 30 agosto secondo il calendario tradizionale per la messa c.d. tridentina).


Filippo Benizi, o Benizzi (Firenze, 15 agosto 1233 – Todi, 23 agosto 1285), è stato un religioso e presbitero italiano dell'Ordine dei Servi di Maria (OSM), di cui venne eletto Superiore generale (1267); papa Clemente X lo ha proclamato santo nel 1671.
Biografia
Di nobile famiglia fiorentina, nacque nel quartiere d'Oltrarno, figlio di Giacomo Benizi e di Albaverde Frescobaldi. Studiò filosofia e medicina presso le Università di Parigi e di Padova, dove si laureò nel 1253. Entrò nel 1254 come fratello laico nell'Ordine dei Servi di Maria presso il convento di Monte Senario e prese poi i voti. Venne ordinato sacerdote a Siena nel 1258 e assunse diversi incarichi di responsabilità nell'Ordine e la direzione di vari conventi. Il 5 giugno 1267 venne eletto Priore generale dell'ordine Servita, di cui riformò gli statuti rendendolo definitivamente un ordine mendicante: collaborò con santa Giuliana Falconieri alla fondazione del terz'ordine femminile delle oblate servite (Mantellate), da cui ebbe poi origine il ramo femminile dell'ordine. Per sua opera, l'ordine ebbe rapida diffusione, soprattutto in Italia e Francia.
Nel 1269, durante il lungo conclave tenuto a Viterbo per eleggere il successore di papa Clemente IV, il suo nome circolò tra quelli dei papabili: giudicandosi indegno di tale onore, Filippo Benizi si sottrasse all'elezione rifugiandosi in una grotta che oggi porta il suo nome a Bagni San Filippo sul Monte Amiata.
Nel 1274 intervenne al II Concilio di Lione che, in esecuzione di uno dei decreti del Concilio Lateranense IV che proibiva la fondazione di nuovi ordini, soppresse tutti gli ordini mendicanti non ancora approvati dalla Santa Sede: grazie alla sua insistenza, l'Ordine venne ristabilito da papa Giovanni XXI.
Fu incaricato da papa Martino IV di predicare in varie città d'Italia la pace tra le fazioni guelfa e ghibellina, i cui scontri stavano insanguinando varie città: durante una delle sue missioni, ebbe modo a Forlì di convertire Pellegrino Laziosi, tra i capi di una delle fazioni in lotta, che in seguito all'incontro decise di entrare tra i serviti, divenendone poi il santo più venerato].
Secondo la sua Legenda Vulgata morì il 23 agosto 1285 nel convento dei Servi di Maria di San Marco in Todi. Le sue spoglie, riesumate verso il 10 giugno 1317, vennero poi trasferite nella chiesa di San Filippo di Todi, dove ancora oggi si trovano le sue reliquie.
Secondo la Catholic Encyclopedia, nel 1319 a Vicenza nel chiostro di Santa Maria dei Servi avvennero dei miracoli legati al santo.
Culto
Il culto di San Filippo Benizi iniziò presso il suo ordine subito dopo la sua morte: il culto del beato venne approvato da papa Leone X nel 1516; papa Clemente X procedette alla sua canonizzazione il 12 aprile 1671. Fu il primo servita ad essere innalzato all'onore degli altari.
La sua memoria liturgica ricorre il 23 agosto (presso i Servi di Maria il 23 agosto). In questo giorno, principalmente nella Basilica della Santissima Annunziata di Firenze e nella Chiesa di San Filippo di Todi, come in tutte le comunità dell'Ordine dei Servi di Maria, si svolge la tradizionale benedizione dell'acqua e del pane che viene distribuito ai fedeli.

LE MEDAGLIETTE















Nell’iconografia della medaglietta si riconosce S. Rosa alla sinistra della medaglietta, S. Filippo Benizi alla destra con la Croce in mano.


La terza raffigura la Canonizzazione del 16/10/ 1690 celebrata da Papa Alessandro VIII di S. Giovanni di Dio, S. Pasquale Baylon, S. Giovanni da Capestrano, S. Lorenzo Giustiniani, S. Giovanni Sahagun.



Lorenzo Giustiniani (Venezia, 1º luglio 1381 – Venezia, 8 gennaio 1456) è stato un patriarca cattolico italiano, il primo a portare il titolo di patriarca di Venezia; nel 1690 è stato proclamato santo da papa Alessandro VIII.
Di nobile nascita, nel 1404 fondò insieme ad altri due aristocratici veneziani, Antonio Correr e Gabriele Condulmer (poi eletto papa col nome di Eugenio IV), la congregazione dei Canonici di San Giorgio in Alga (C.R.S.G.A.), di cui fu anche eletto priore e poi generale (1424).
Dopo la sua elezione al soglio di Pietro, nel 1433 Eugenio IV lo nominò vescovo di Castello, la diocesi dell'isola di Rialto: quando papa Niccolò V, nel 1451, decretò il trasferimento della dignità patriarcale da Grado alla sede di Venezia, Lorenzo Giustiniani venne designato quale primo patriarca della città veneta. Ricoprì tale carica fino alla morte, nel 1456.


Giovanni da Capestrano (Capestrano, 24 giugno 1386 – Ilok, 23 ottobre 1456) è stato un religioso italiano dell'Ordine dei Frati Minori Osservanti; fu proclamato santo da papa Alessandro VIII nel 1690.
Era figlio di un barone tedesco[1] e di una giovane dama abruzzese. Fu un sacerdote del quale si ricorda l'intensa attività evangelizzatrice nella prima metà del XV secolo.
Studiò a Perugia dove si laureò in utroque iure. Divenuto uno stimato giurista, fu nominato governatore della città. Fu imprigionato quando la città fu occupata dai Malatesta.
In carcere ebbe luogo la sua conversione. Una volta libero, fece annullare il suo matrimonio e prese i voti nel convento francescano di Assisi.
Da sacerdote condusse la sua attività apostolica in tutta l'Europa settentrionale ed orientale, in particolare in Ungheria orientale cioè in Transilvania, dove era consigliere del governatore Giovanni Hunyadi nel Castello di Hunyad.
La sua predicazione era volta al rinnovamento dei costumi cristiani ed a combattere l'eresia e l'usura praticata dalla maggior parte degli ebrei. Estremamente zelante nei suoi tentativi di convertire eretici (in particolare fraticelli ed hussiti) ed ebrei[2][3] e ortodossi greco orientali in Transilvania.
Il 17 febbraio 1427 nella chiesa di San Tommaso di Ortona (Chieti) è stata solennemente proclamata la pace tra le città di Lanciano e Ortona patrocinata da San Giovanni da Capestrano.
Nel 1456 fu incaricato dal Papa, insieme ad alcuni altri frati, di predicare la Crociata contro l'Impero Ottomano che aveva invaso la penisola balcanica. Percorrendo l'Europa orientale, il Capestrano riuscì a raccogliere decine di migliaia di volontari, alla cui testa partecipò all'assedio di Belgrado nel luglio di quell'anno. Egli incitò i suoi uomini all'assalto decisivo con le parole di san Paolo: «Colui che ha iniziato in voi quest'opera buona, la porterà a compimento». L'esercito turco fu messo in fuga e lo stesso sultano Maometto II venne ferito.
Il suo culto come beato fu confermato il 19 dicembre 1650; fu canonizzato il 16 ottobre 1690 da papa Alessandro VIII.


Giovanni di Dio, al secolo Juan Ciudad (Montemor-o-Novo, 8 marzo 1495 – Granada, 8 marzo 1550), è stato un religioso spagnolo di origine portoghese, fondatore dell'Ordine Ospedaliero detto dei "Fatebenefratelli". Nel 1690 è stato proclamato santo da papa Alessandro VIII.
All'età di 8 anni, assieme a un chierico si allontanò dalla casa paterna e giunse in Spagna, dove ad Oropesa (Toledo) fu accolto dalla famiglia di Francisco Cid, detto “el Mayoral”.
Ad Oropesa trascorse gran parte della sua vita. Fino a 27 anni Juan si dedicò alla pastorizia poi si arruolò, partecipando come soldato, a due battaglie, una prima a Pavia dalla parte di Carlo V contro Francesco I e successivamente contro i Turchi, a Vienna.
Finita la vita militaresca, finché ebbe soldi vagò per mezza Europa giungendo fino in Africa a fare il bracciante e poi fece il venditore ambulante a Gibilterra. Infine, nel 1537 si stabilì a Granada e aprì una piccola libreria. Avvertiva già una grande vocazione per Gesù nell'assistenza dei poveri e dei malati, ma fu allora che Giovanni mutò radicalmente indirizzo alla propria vita, in seguito a una predica di san Giovanni d'Avila.
Attraversò una grande crisi di fede, distrusse la sua libreria, andò in giro per la città agitandosi e rotolandosi per terra e rivolgendo ai passanti la frase che sarebbe divenuta l'emblema della sua vita:
« Fate (del) bene, fratelli, a voi stessi. »

Considerato pazzo fu rinchiuso nell'Ospedale Reale di Granada, da dove uscì qualche mese dopo rasserenato e intenzionato ad assecondare la sua vocazione religiosa.
Dopo essersi posto sotto la guida di Giovanni d'Avila, si recò in pellegrinaggio al Monastero reale di Santa Maria de Guadalupe e, tornanto a Granada, diede inizio alla sua opera di assistenza ai poveri, malati e bisognosi.
Nonostante le diffidenze iniziali, si unirono a lui altre persone, che si dedicarono completamente all'assistenza ai malati. Il suo modo di chiedere la carità era molto originale, infatti era solito dire: “Fate del bene a voi stessi! Fate bene, fratelli!”.
Fondò il suo primo ospedale, organizzò l'assistenza secondo le esigenze di quelli che considerava i ‘suoi' poveri. L'Arcivescovo di Granada gli cambiò il nome in Giovanni di Dio. Si impegnò anche nei confronti delle prostitute, aiutandole a reinserirsi nella società. Morì l'8 marzo 1550.


Pasquale (Pascual) Baylón Yubero (Torrehermosa, 16 maggio 1540 – Villarreal, 17 maggio 1592) è stato un religioso spagnolo dell'Ordine dei Frati Minori Alcantarini: è stato proclamato santo da papa Alessandro VIII (1690).
Nato il giorno di Pentecoste (in spagnolo Pascua de Pentecostés, da cui il nome di Pasquale) da Martino e Isabella Jubera, in una famiglia di umile condizione, da fanciullo fu garzone di un allevatore di pecore. Manifestò fin da piccolo la sua vocazione spirituale trascorrendo le lunghe ore del pascolo del gregge in meditazione e preghiera. Imparò a leggere da autodidatta esercitandosi sui libri di preghiere.
A diciotto anni chiese l'ammissione al noviziato presso il convento di Santa Maria di Loreto della congregazione dei Frati Minori aderenti alla riforma di san Pietro d'Alcantara, ma riuscì ad esserne ammesso solo due anni dopo. Nel frattempo, lavorando presso il ricco allevatore Martino Garcia, che lo aveva preso a ben volere, rifiutò l'offerta di quest'ultimo di divenire suo erede.
Il 2 febbraio 1564 fece la professione solenne di fede come frate converso. Fu per anni addetto al servizio di portineria, anche nei conventi di Játiva e Valenza.
L'eucarestia fu il centro della sua vita spirituale. Pur essendo illetterato, seppe difendere coraggiosamente la sua fede, soprattutto riguardo l'eucarestia, rischiando anche la vita durante un difficile viaggio che, nel 1576, fu incaricato di compiere fino a Parigi, attraversando la Francia calvinista dell'epoca.
Dopo il viaggio Pasquale scrisse una raccolta di sentenze per comprovare la reale presenza di Gesù nell'eucarestia ed il potere divino trasmesso al papa.
Morì all'età di 52 anni, il giorno di Pentecoste, nel convento del Rosario a Villarreal, anche a causa delle frequenti mortificazioni corporali alle quali si sottoponeva.


San Giovanni da Sahagún, sacerdote
Giovanni, nacque da una nobile famiglia di Sahagun, nella regione di Leon, in Spagna, verso il 1430. Per la sua indole profondamente religiosa, passò al servizio dell’ottimo vescovo di Burgos, Alfonso di Cartagena, che lo ordinò sacerdote. Insoddisfatto della vita di curia e neanche allettato dalla promessa di un canonicato, lasciò Burgos e si trasferì a Salamanca dove si dedicò con impegno allo studio e alla predicazione. Affascinato dalla fama che godeva la comunità agostiniana di quella città, entrò nell’Ordine agostiniano il 18 giugno 1463 ed emise la professione il 28 agosto 1464 con il nome di Giovanni di San Facondo. Profondamente umile e sincero, si impegnò instancabilmente nella predicazione e nella promozione della pace e della convivenza sociale, difendendo strenuamente i diritti dei servi e degli operai. Ebbe una spiccata devozione all’Eucaristia. Morì a Salamanca l’11 giugno 1479 e i suoi resti mortali si venerano nella cattedrale di Salamanca.

LE MEDAGLIETTE








L’iconografia raffigura S. Giovanni da Capestrano con lo Stendardo alla destra della medaglietta e S. Lorenzo Giustiniani in ginocchio al centro, S. Giovanni di Dio con la Croce in mano, S. Giovanni Sahangun dietro con il Calice in Mano, e davanti sulla sinistra della medaglietta S. Pasquale Baylon.

Edited by DttorJones - 9/9/2015, 16:23
view post Posted: 22/1/2015, 09:47     +4LE NOSTRE GIUBILARI e i GIUBILEI - Medagliette devozionali e crocefissi
Da un po’ di tempo pensavo di realizzare un post sulle Medagliette dei vari Giubilei, che almeno a me affascinano molto, sperando
di fare una cosa utile ho messo assieme prima tutta la lista dei Giubilei con un breve riassunto, poi la storia del Giubileo ed in fine
(e chiedo scusa se mi sono dilungato troppo) le amate MEDAGLIETTE.
In pratica sono per la maggior parte le NOSTRE MEDAGLIETTE, quelle postate qui nel sito, ma ho provato a cercare qualcosa anche
in rete,per completezza.
Sono divise per Secolo, così come sono state identificate e datate nei post, magari ampliando la raccolta potrebbero tornare utili per
una identificazione più rapida.


Lista degli anni Giubilari e relativi Papi

Anno 1300 : Bonifacio VIII
Il primo Giubileo ordinario cristiano risale al tempo di Bonifacio VIII, che lo indisse con la bolla Antiquorum Habet Fida Relatio, incisa
su una lapide ancora oggi visibile nell'atrio della Basilica di S. Pietro, il 22 Febbraio del 1300 e fu chiamato centesima indulgenza.
Questo Giubileo non nacque spontaneamente né da un'idea del Papa né dalla concertazione con la Curia, ma fu un'iniziativa puramente
popolare. Infatti nella notte tra l'1 e il 2 gennaio del 1300, una folla di enormi proporzioni invase la Basilica di San Pietro per acquistare
l'indulgenza e ottenere il perdono completo delle colpe commesse nell'ultimo anno del secolo. Allora Bonifacio VIII, vedendo il continuo
afflusso di pellegrini, prese in considerazione l'idea del Giubileo e il 22 febbraio si recò personalmente alla Basilica e promulgò davanti a
tutti l'indulgenza giubilare, facendo per la prima volta una Bolla retroattiva, che proclamava santo il centesimo anno. Tra pellegrini del
primo Giubileo vanno ricordati Dante, Cimabue, Giotto, Carlo di Valois, fratello del re di Francia, con sua moglie Caterina. Dante Alighieri
ne conserva un eco nella Divina Commedia.
Anno 1350 : Clemente VI 1200.000 Pellegrini
La Bolla di Bonifacio VIII, con cui si istituiva il Giubileo nel 1300, proclamava come santo il centesimo anno; tuttavia nel 1343 il Papa
Clemente VI, dalla sua residenza ad Avignone, decretò che il Giubileo si dovesse celebrare ogni cinquant'anni, come stabiliva l'antica
usanza ebraica dell'anno giubilare. Così il secondo Giubileo venne celebrato nel 1350. Clemente VI, alle basiliche da visitare, San Pietro
e San Paolo fuori le mura, aggiunse quella di San Giovanni in Laterano.
Il 9 settembre 1349, alla vigilia del Giubileo, un fortissimo terremoto scosse Roma; i pellegrini che vi giunsero nel 1350 ne poterono
constatare le conseguenze e lo stato di grave degrado delle basiliche. Il Papa non venne a Roma personalmente durante questo Giubileo,
ma inviò un proprio legato, il Cardinale Annibaldo. In occasione di questo Giubileo giunsero a Roma anche Petrarca e Santa Brigida di Svezia.
Anno 1390 : indetto da Urbano VI, presieduto da Bonifacio IX Visita delle 4 Basiliche per l’Indulgenza
Nel 1389, in pieno scisma, Urbano VI volle fissare il ciclo giubilare ogni trentatre’ anni, in ricordo degli anni di Cristo, indicendo il Giubileo nel
1390, celebrato da Bonifacio IX. Tuttavia, nel 1400, lo stesso Papa Bonifacio IX volle confermare il perdono ai pellegrini accorsi a Roma alla
scadenza dei cinquant’anni fissati da Clemente VI.
Il giubileo del 1390, voluto da Urbano VI e celebrato da Bonifacio IX, entrambi papi di Roma, fu indetto per motivi prevalentemente politici e
finanziari: servì per rinsanguare le casse pontificie, per rabbonire il tumultuoso popolo di Roma e per attirare all'obbedienza romana i pellegrini.
Ma il papa avignonese proibì ai suoi seguaci di parteciparvi. Essi giunsero a Roma in massa soltanto nell'anno 1400, per celebrare
spontaneamente il loro giubileo, che però non era stato indetto da alcun papa.
Anno 1400 : secondo giubileo di Bonifacio IX Giubileo dei Bianchi
Nel 1400 Bonifacio IX indisse un anno giubilare, poiché intendeva rifarsi alle disposizioni di Clemente VI, che stabilivano la celebrazione de
l Giubileo ogni 50 anni. Alcuni ritengono che questo non fu un vero e proprio Giubileo in quanto non è mai stata ritrovata la bolla pontificia
di indizione. In questo periodo si insinuava negli animi la paura della morte che sconfinava nella psicosi collettiva, e si andava allora in cerca
di un perdono che solo Dio poteva dare per trovare una speranza nel futuro. Durante l'anno tale fu l'affluenza di fedeli che si vennero a
creare notevoli problemi di ordine pubblico. Infatti molti erano attratti da falsi miracoli e preda di violente forme di fanatismo. Nello stesso
tempo Roma era divisa da conflitti tra importanti famiglie ed era pervasa da dimostrazioni di odio verso Bonifacio IX. Inoltre si mercanteggiavano
le indulgenze e il loro prezzo variava a seconda della richiesta (temporanea, parziale, perpetua, plenaria).
Anno 1423 : Martino V
Martino V, dopo il Giubileo del 1423 (trentatre’ anni dopo quello di Urbano VI) celebro’ nel 1425 un nuovo Giubileo facendo aprire per la prima
volta la Porta Santa di San Giovanni in Laterano.
Martino V Indisse il giubileo del 1423, avvalendosi della disposizione di papa URBANO IV, che aveva stabilito si potesse celebrare ogni 33 anni.
Come già per il precedente giubileo del 1400, neppure di questa è stata mai trovatala bolla di Indizione.
Anno 1450 : Niccolò V Pellegrini da tutta Europa
Niccolo’ V celebro’ un Giubileo cinquantennale nel 1450
7. anno 1475 : indetto da Paolo II, presieduto da Sisto IV Giubileo che inaugura la cadenza dei 25 anni
Da Paolo II il periodo intergiubilare fu portato a venticinque anni, sicche’ nel 1475 un nuovo Giubileo fu celebrato da Sisto IV, per
poi svolgersi con periodicita’ costante.
Anno 1500 : Alessandro VI Cerimoniale dell’apertura delle Porte Sante
L'ottavo Giubileo fu indetto il 28 marzo 1499 da papa Alessandro VI della famiglia dei Borgia, grazie alla bolla Inter multiplices. Ad Alessandro VI
si deve il rito di aprire e chiudere il Giubileo con l'apertura e la chiusura della Porta Santa. Inoltre il Papa volle che POrte Sante delle quattro
basiliche fossero aperte contemporaneamente, riservando a sè l'apertura della Porta Santa di San Pietro. Il liturgista e cerimoniere pontificio
Giovanni Burcardo preparò un apposito cerimoniale; così la vigilia di Natale 1499, Alessandro VI personalmente colpiva con alcuni colpi di
martello il muro della Porta Santa e poi, in ginocchio, ne varcava la soglia per primo il 13 aprile 1500. Lo stesso Papa guidò una processione
penitenziale.
Il 29 giugno crollò il soffitto nei Palazzi Apostolici: Alessandro VI, ormai dato per morto, si salvò grazie ad una trave rimasta fissa nel muro.
In novembre il Tevere straripò e il Papa dispose immediati soccorsi. Altre inondazioni lo indussero a protrarre la chiusura delle Porte Sante fino
all'Epifania del 1501, pur concedendo la possibilità di lucrare l'indulgenza fino alla Pentecoste.
Anno 1525 : Clemente VII
La crisi del Giubileo medioevale inizio nel 1525,quando dopo le tesi di Martin Lutero e la riforma protestante, si iniziò a pensare se fosse giusto
celebrare l’Anno Santo. Infatti i luterani diffusero alcuni libelli nei quali accusavano il Papa Clemente VII di indire Giubileo col solo scopo di
aumentare le finanze della Chiesa. Fin dall’Aprile del 1524 egli aveva deciso di promulgare il Giubileo che poi indisse con la bolla Inter
sollicitudines et coram nobis del 17 dicembre dello Stesso anno. Questa dispensava dall’obbligo dell’elemosina i pellegrini a Roma; invece
restava comunque obbligatoria per coloro che non potevano giungervi. Il papa aprì personalmente la Porta Santa. Durante l’anno l’affluenza
di pellegrini fu scarsa a causa delle guerre, del timore dell’avanzata turca, della rivolta dei contadini in Germania. Nell’agosto del 1525 si ebbe
una nuova recrudescenza della peste. Due anni dopo questo Giubileo, nel 1527, Roma fu saccheggiata dai Lanzichenecchi.
Anno 1550 : indetto da Paolo III, presieduto da Giulio III
Il decimo Giubileo fu indetto da Paolo III, che però morì nel 1549. Così il 7 febbraio 1550 il Papa Giulio III, con la bolla Si Pastores Ovium
promulgò il decimo Giubileo. Questo Giubileo venne aperto il 24 febbraio 1550, con l'apertura della Porta Santa di San Pietro, e si concluse
il giorno dell'epifania del 1551. Il notevole afflusso di pellegrini causò non pochi problemi di assistenza, cui provvide in modo particolare
San Filippo Neri con la Confraternita della Santa Trinità, un ospizio che ospitava fino a 600 persone al giorno. A questo Giubileo partecipò
anche Igazio de Loyola, fondatore dei Gesuiti. Inoltre il 14 novembre 1550 il Papa ordinò la riapertura del Concilio di Trento per il primo
maggio 1551.
Anno 1575 : Gregorio XIII
L'undicesimo Giubileo è il primo Anno Santo dopo la chiusura del Concilio di Trento, che avvenne nel 1563. Infatti questo giubileo fu indetto
nel 1575 con la bolla Dominus ac Redentor noster, che fu pubblicata nel 1574 per due volte (una il 20 maggio per la solennità dell'ascensione
e una il 19 dicembre in quanto quarta domenica d'avvento) da Papa Gregorio XIII. A questo Papa si deve anche l'uso della muratura della
Porta Santa e delle medaglie celebrative. Tutto il 1574 fu considerato dal Papa come la vigilia del Giubileo. Infatti fece chiamare a Roma
eccellenti predicatori e confessori di varie nazioni, proibì il carnevale, diede lo sfratto alle donne di mala vita, fissò un listino del giusto prezzo
dei viveri e degli alloggi; ma soprattutto fece spianare la montagna che era tra San Giovanni in Laterano e Santa Maria Maggiore e fece
lastricare le strade della città. Inoltre stabilì rigorose pene per chi recasse danno od oltraggio ai pellegrini; vietò ai padroni di casa ogni
aumento di pigione o di dare la disdetta ai pigionanti. Il 24 dicembre, quando Gregorio XIII aprì la Porta Santa, il martello si spezzò e ferì
leggermente la sua mano. Durante questo Giubileo venne fissata una norma che aggiungeva al viaggio dei pellegrini la visita alle tombe
dei Santissimi Apostoli. Gli aspetti caratteristici di questo Anno Santo furono la preghiera, la predicazione, la penitenza e la carità. Inoltre
nel 1575 si intravede la fine della crisi del Giubileo medioevale e quest'Anno Santo costituisce il punto di partenza di un nuovo ciclo nella
storia del Giubileo cristiano.
Anno 1600 : Clemente VIII
Il dodicesimo Giubileo fu indetto il 19 maggio 1599 con la bolla Annus Domini placabilis dal Papa Clemente VIII che ,riprendendo un divieto
già emanato da alcuni suoi predecessori, impedì la celebrazione del carnevale. Inoltre si prodigò per l’accoglienza dei pellegrini, che confessò
e comunicò egli stesso. In previsione del flusso dei pellegrini, fu allestita una casa per l’ospitalità e furono comminate pene severe a chi
maggiorava i prezzi. La comunità ebraica di Roma offrì 500 pagliericci e coperte. A causa di un attacco di gotta del Papa, l’apertura della
Porta Santa fu posticipata al 31 dicembre 1599. Ogni giorno il Papa ospitava a mensa dodici poveri, servendoli personalmente: lavava i
piedi dei pellegrini e confessava i penitenti. Si calcola che i fedeli giunti a Roma per questo Giubileo fossero intorno ai tre milioni. Sempre
in ragione della malattia, Clemente VIII, che aveva programmato la chiusura della Porta Santa per il 31 dicembre 1600, spostò il rito al
13 gennaio 1601.
La città di Roma con le sue chiese e le sue memorie era ancora il centro del pellegrinaggio; così gli Anni Santi successivi alla Controriforma
furono occasione per i Papi di ripensare alla fisionomia architettonico-urbanistica della città, sfruttando una politica urbanistica ed una edilizi
a che cura i collegamenti viari in modo da valorizzare i principali santuari, il restauro e l'ornamento di chiese e basiliche, e la modernizzazione delle piazze, ornate di fontane e obelischi.
Anno 1620 : Paolo V indice un Anno Santo Straordinario, mirato alla conversione dei peccatori e alla riparazione dei peccati, come valido ed efficace rimedio a tanti mali.
Anno 1625 : Urbano VIII Indulgenza per Claustrali, malati e prigionieri
Il tredicesimo Giubileo fu indetto con la bolla Omnes Gentes plaudite manibus, datata il 29 aprile 1624, ma pubblicata solo il 6 agosto, dal
Papa Urbano VIII, che fece preannunciare l'apertura della Porta Santa col suono delle campane per tre volte al giorno nei tre giorni precedenti
al Natale. Fin dal settembre del 1624 vennero incominciati i preparativi per il Giubileo del 1625, organizzando anche il servizio d'ordine
e l'approvvigionamento
dei viveri sia nei paesi vicini che in
quelli più lontani. Inoltre poiché nel Napoletano era scoppiato il colera, Urbano VIII
sostituì la basilica di S. Paolo con la chiesa di S. Maria in Trastevere, alla quale concesse l'apertura di una Porta Santa sul fianco sinistro.
Durante questo Giubileo il Papa vietò ai sacerdoti di fiutare tabacco in chiesa, e il 28 gennaio 1625 estese l'indulgenza anche a chi non poteva
recarsi a Roma;stabilì anche che i pellegrini che giungevano a Roma potevano vedere le opere di sistemazione della nuova basilica di San
Pietro mentre il Bernini stava lavorando al Baldacchino sull'altare della confessione.
Anno 1650 : Innocenzo X
Il quattordicesimo Giubileo fu indetto dal Papa Innocenzo X con la bolla Appropinquat dilectissimi filii il 4 maggio 1649, e fu il Papa stesso ad
aprire la Porta Santa la vigilia di Natale. In questo periodo Spagna e Francia erano in conflitto tra loro e fecero quasi a gara nel dimostrare la
propria ricchezza nelle cerimonie. A causa della grande affluenza di pellegrini il Papa decise di ridurre il numero delle visite alle basiliche, e
concesse l'indulgenza anche a chi aveva assistito alla chiusura di una delle Porte Sante alla vigilia di Natale del 1650 o fosse stato presente
alla benedizione del Papa impartita dalla Loggia della Basilica Vaticana nel giorno di Natale. In onore di questo Giubileo Alessandro Algardi
compose l’altorilievo raffigurante il Papa Leone Magno mentre ferma Attila, e la statua bronzea di Innocenzo X in Campidoglio; il Bernini
scolpì l’estasi di Santa Teresa, e il Borromini provvide al restauro di San Giovanni in Laterano.
Anno 1675 : Clemente X Il cerimoniale del Giubileo è fissato definitivamente
Il quindicesimo Giubileo fu indetto, con la bolla Ad apostolicae vocis oraculum del 16 aprile 1674, dal Papa Clemente X,
che aveva già indetto in precedenza altri due Giubilei straordinari. La mattina di Pasqua del 1675 in Piazza Navona si
svolse una solenne cerimonia alla quale partecipò anche la regina Cristina di Svezia: ai lati della fontana vennero elevati
due enormi macchine a forma di mausoleo, sulle quali troneggiavano le statue del Cristo e della Vergine Maria. Inoltre,
secondo un progetto commissionato dal Papa Alessandro VII al Bernini, Piazza San Pierto venne modernizzata e in
occasione di questo Giubileo inaugurata. Così molti viaggiatori giunsero a Roma non solo per assistere al Giubileo, ma
anche per visitare i monumenti restaurati per questo evento. Durante questo Anno Santo il Papa riconfermò il divieto di
aumentare i prezzi degli alloggi e vietò gli sfratti. Inoltre sospese le lotte dei tori nel Colosseo
Anno 1700 : aperto da Innocenzo XII, concluso da Clemente XI
Il sedicesimo Giubileo fu indetto dal papa Innocenzo XII con la bolla Regi saeculorum del 18 maggio 1699. Purtroppo il
Papa era malato di podagra e non poté aprire di persona la Porta Santa di San Pietro, né vederne il compimento. All'apertura
della Porta Santa il Natale del 1699, il palco d'onore spettò all'ex regina di Polonia, vedova di Giovanni Sobieski; era presente
anche l'ultimo duca di Firenze, Cosimo III. In occasione di questo Giubileo Innocenzo XII fece costruire nel palazzo Giraud Torlonia
un ospizio per i sacerdoti poveri, specie quelli cacciati dall'Irlanda. Purtroppo il papa morì il 28 settembre del 1700. Così fu eletto
come nuovo Papa Clemente XI che, dopo aver chiuso la porta la vigilia di Natale del 1700, estese l'indulgenza giubilare a tutto il
mondo cattolico. Questa fu la prima volta che la porta santa fu aperta da un Papa e chiusa da un altro.
Nel XVIII secolo il pellegrinaggio entrò nuovamente in crisi a causa dei rigori giansenisti e delle logiche statalistiche dell'assolutismo
monarchico. Nonostante tutto l'affluenza di pellegrini a Roma fu tale che alcuni scrittori dell'epoca paragonavano Roma a Parigi. Inoltre
nel marzo del 1700, dato che a Roma si trovavano grandi masse di pellegrini, Innocenzo XII, pur essendo gravemente malato, impartì
la benedizione solenne dal balcone del Quirinale.
Anno 1725 : Benedetto XIII
A causa della morte di Innocenzo XIII, il diciassettesimo Giubileo, venne promulgato in ritardo il 25 giugno del 1724 dal Papa Benedetto
XIII. Fu celebrato senza sfarzo e con penitenza e devozione nel 1725. Benedetto XIII in occasione di questo Giubileo inaugurò la
scalinata di Trinità dei Monti, la cui costruzione era iniziata nel 1721, e fece costruire un ospedale riservato ai malati di lebbra, tigna e rogna,
e fece erigere l'università di Camerino. Inoltre rinnovò i bandi di Innocenzo XI che vietavano il gioco del lotto, ma ritirò la scomunica contro
quelli che assumevano tabacco nel coro, nella sacrestia, nel portico e nell'oratorio della basilica vaticana. Il Papa reintrodusse anche la
penitenza pubblica per i gravi peccati commessi dalla popolazione. Tale austerità fu poco gradita ai romani, tanto che ridusse l'affluenza
dei pellegrini. Come pellegrina d'onore il Papa scelse Maria Clementina, contessa di San Giorgio e moglie del pretendente al trono di Gran
Bretagna Giacomo III Stuart. Infatti era una donna che incontrava le simpatie del popolo romano per la sua singolare storia d'amore.
Anno 1750 : Benedetto XIV
In seguito a una lunga assemblea fra cardinali il 19 febbraio 1740 fu eletto Papa Prospero Lambertini, cardinale di Bologna, col nome di
Benedetto XIV. Questi indisse il diciottesimo Giubileo, che si celebrò nel 1750, con la bolla Peregrinantes a Domino emanata il 5 maggio
1749. Comunque già nel febbraio del 1749 il Papa comincia a provvedere alla decorosa sistemazione dei luoghi di culto e alla buon
funzionamento dei servizi. In occasione di questo Giubileo vennero restaurate tutte le chiese di Roma e per la prima volta la cupola
di Michelangelo e il colonnato di Bernini furono illuminati da migliaia di fiaccole. Durante il Giubileo Benedetto XIV largì benedizioni e
farmaci spirituali a tutto l'Orbe cattolico, e distinse con opere di benignità Bologna, che lo gratificava ponendo busti e memorie del pontefice
in vari luoghi. Il Papa inoltre convocò il predicatore e apostolo della via Crucis padre Leonardo da Porto Maurizio, che in quel periodo si trovava
a Roma ed era molto stimato da Benedetto XIV. Padre Leonardo si dedicò alla parte spirituale dei fedeli, facendo erigere nel Colosseo quattordici
edicole per l'esercizio della Via Crucis e una grande croce nel mezzo dell'arena.
Anno 1775 : indetto da Clemente XIV, presieduto da Pio VI
Il periodo attorno al 1774, fu caratterizzato da aspre lotte contro la Chiesa. Infatti, con la rivoluzione francese, i filosofi illuministi negavano
l'esistenza di Dio e di ciò approfittavano gli Stati che desideravano un controllo degli affari ecclesiastici. Questi sconfinavano anche in ambiti
prettamente religiosi. Così Clemente XIV dovette piegarsi alle pressioni e sopprimere l'ordine dei Gesuiti. Lo stesso papa indisse con la bolla
Salutis nostrae auctor del 30 aprile 1774 il diciottesimo Giubileo che però, a causa della morte di Clemente XIV, fu inaugurato e celebrato nel
1775 dal papa Pio VI, eletto al pontificato dopo quattro mesi di sede vacante. Durante questo Giubileo a Ravenna venne iniziata la facciata di
marmo di Santa Maria in Porto e vennero restaurate le case di fronte a San Vitale. Inoltre a Roma fu inaugurata l'illuminazione pubblica con
lampioni. A conclusione dell'Anno Santo, che registrò un afflusso di fedeli inferiore alle aspettative per il contesto drammatico in cui si svolse,
il nuovo pontefice promulgò l'enciclica Inscrutabile divinae nella quale rivelava molte insidie della filosofia illuminista.
Anno 1825 : Leone XII Unico Giubileo del Secolo
Pio VI, poiché era prigioniero in Francia dal 1798, anno della proclamazione della Repubblica Romana, incaricò dei cardinali di procedere dopo
la sua morte all'elezione del nuovo pontefice. Così il 14 marzo del 1800 venne eletto come Papa Pio VII. Nel 1800 doveva essere celebrato il
ventesimo Giubileo, ma la difficile situazione delle Chiesa durante l'egemonia napoleonica, impedì a Pio VII di indirlo. Per questo motivo il 24
maggio 1800 il Papa concesse due settimane per lucrare l'indulgenza plenaria a chi compiva particolari azioni di pietà. Così nel 1800 non venne
celebrato il Giubileo e non è conteggiato tra gli Anni Santi ordinari.
Il 1800 fu l'unico anno centesimo e d'inizio secolo a partire dal 1300 nel quale non si celebrò l'Anno Santo; il ventesimo Giubileo fu però
celebrato nel 1825. Fu indetto dal Papa Leone XII a cinquant'anni dal precedente il 24 maggio 1824 . Infatti alla morte di Pio VI fu eletto
Papa nel monastero di S.Giorgio a Venezia Pio VII che, poiché divenne Papa troppo tardi per proclamare un giubileo, emise una bolla
Quod hoc inquente con la quale concedeva l'indulgenza giubilare a coloro che nei quindici giorni successivi si fossero confessati e comunicati
e avessero visitato chiese anche fuori Roma. Però Napoleone voleva che il Papa diventasse un suo vassallo e voleva imporgli dei cardinali
francesi, ma poiché questo rifiutò fu imprigionato in Francia. Nel Giubileo del 1825, come in quello del 1625, la basilica di San Paolo ,a causa
dell'incendio che l' aveva distrutta il 16 luglio 1823 , fu sostituita dalla basilica di Santa Maria in Trastevere. Si calcolò la presenza di circa
375000 pellegrini.
Anno 1875 : Pio IX
Venticinque anni dopo lo svolgimento del ventesimo Giubileo, non fu consentito dalle vicende della Repubblica Romana e dal temporaneo esilio
di Pio IX di promulgare un altro Anno Santo. Lo stesso pontefice poté però indire quello del 1875. Infatti il 24 dicembre 1874 Pio IX, con la
bolla Gravibus Ecclesiae et hujus saeculi calamitatibus, indisse il ventunesimo Giubileo. Quest'Anno Santo però, a causa dell'occupazione di
Roma da parte delle truppe di Vittorio Emanuele II, fu privato delle cerimonie di apertura e di chiusura della Porta Santa . Così fu inaugurato
l'11 aprile 1875 in San Pietro, alla sola presenza del clero romano e senza l'apertura delle Porte Sante. Limitandosi a celebrare solo
privatamente questo Giubileo, Pio IX volle rimarcare fortemente le distanze tra la Santa Sede ed il nuovo Regno d'Italia; egli continuava a
ritenersi prigioniero in Vaticano e a considerare scomunicati Vittorio Emanuele II e gli esponenti del suo governo. Prevedendo le difficoltà
dei pellegrinaggi, il Papa concesse le indulgenze plenarie in tutto il mondo con visite a determinate chiese. Durante questo Giubileo gli
ospizi e le confraternite, che avevano sostenuto abbastanza brillantemente gli altri Anni Santi, erano decaduti; le Opere Pie erano state
secolarizzate e le case religiose soppresse; nessuna nuova organizzazione turistica era sorta. Ogni cerimonia religiosa comportava problemi
organizzativi e logistici. Gli unici pellegrinaggi di una certa entità furono francesi.
Anno 1900 : Leone XIII Consacrazione a Cristo Redentore
Il Giubileo del 1900 fu il primo ad essere celebrato solennemente in una nuova situazione politica e religiosa: la Chiesa cattolica stava
procedendo sulla strada della "cristianizzazione della vita moderna e della modernizzazione della vita cristiana". La celebrazione di quest'Anno
Santo aprì il nuovo secolo e il Papa insistette sul carattere strettamente religioso del Giubileo, la cui preparazione logistica e organizzativa
fu sostenuta anche dal Governo italiano.
Il mattino del 24 dicembre 1899, Leone XIII aprì la Porta Santa in San Pietro inaugurando il Giubileo da lui promulgato l'11 maggio 1899
con la bolla Properante ad exitum saeculo. Per suo volere il 31 dicembre 1899 in tutte le chiese del mondo fu celebrata la messa di
mezzanotte ed esposto il Santissimo all'adorazione dei fedeli. Per i pellegrini fu creata una rete di case d'ospitalità, mense e
convenzioni ferroviarie. Infatti ora i pellegrinaggi sono organizzati e raggiungono spesso il migliaio di persone fruendo del treno.
In occasione di questo Giubileo il Pascoli compose La Porta Santa. Durante questo Anno Santo ci furono sei beatificazioni e due
canonizzazioni, quelle di San Giovanni Battista de La Salle e di Santa Rita da Cascia. Il 24 dicembre 1900 il pontefice chiuse la Porta
Santa murandola con venti mattoni provenienti da altrettante montagne italiane, dove era stata eretta da un Comitato per Cristo
Redentore una statua di Cristo durante quell'anno.
Anno 1925 : Pio XI
Con la bolla Infinita Dei misericordia del 29 maggio 1924, Pio Xl promulgava l'Anno Santo per il 1925, che fu concepito come un'occasione
di ripresa della spiritualità cristiana. Infatti Pio XI, partendo da una funzione nuova del laicato, proponeva tre grandi obiettivi: riportare la
pace nel mondo, stabilire un'unità tra i cristiani separati e trovare una soluzione definitiva per la Terra Santa contesa tra eredi ed ebrei.
Così esortò i fedeli a porre una maggiore attenzione alle opere missionarie e a pregare per la pace tra i popoli al fine di lucrare le indulgenze.
Inoltre il Papa riprese l'usanza della benedizione Urbi et Orbi dalla loggia vaticana, interrotta dopo la presa di Roma da parte delle truppe
sabaude. Pio Xl fu il primo Papa a benedire, l'Italia come Stato nazionale e con i Patti Lateranensi chiuse la cosiddetta Questione romana.
Dal 1922 al 1924 promosse un'opera di assistenza morale e sociale in Russia, finché le autorità sovietiche non proibirono la Missione
Cattolica. Per queste ragioni politiche e ideologiche, la Russia fu l'unica nazione assente dalle celebrazioni del Giubileo e anche dalla
Mostra Missionaria Vaticana inaugurata in questa occasione. Durante quest'Anno Santo per la prima volta alcuni pellegrini giunsero
in aereo o con un idrovolante e le cerimonie videro un massiccio impiego di elettricità. La novità assoluta di questo Giubileo fu l'affissione
per le vie di Roma e delle maggiori città di un manifesto a colori, raffigurante l'Angelo del Bernini eretto in capo a Ponte Sant'Angelo con la
Croce e il motto Pacs Christi in regno Christi scritto in latino, italiano, francese, inglese, spagnolo e tedesco. Il Papa predicò tutti i giorni,
tanto che meritò l'appellativo di "Papa missionario". Il pontefice istituì anche la festa di Cristo Re e fece iniziare la costruzione della Pontificia
Università Gregoriana. Il comune di Roma fece fare numerosi lavori edilizi, tra cui l'ingrandimento della Stazione Termini; inoltre per il 1925
fece ricollocare la Croce sul Compidoglio, tolto qualche anno prima per istigazione dei massoni; fece anche demolire alcune vecchie case
addossate al colonnato di San Pietro, per renderne più libera la visione. Le maggiori caratteristiche di questo Anno Santo furono la Mostra
missionaria, le preghiere per la pace nel mondo, e le elemosine per la sistemazione dei luoghi santi in Palestina. Tra i molti santi proclamati,
vi furono le canonizzazioni di Teresa di Gesù Bambino, Giovanni Maria Vianney, Marie Bernadette Soubirous e il martire canadese Giovanni
Brebeuf con i suoi compagni.
Lo stesso Papa il 24 dicembre 1932 annunciò che intendeva indire in via straordinaria un Giubileo per celebrare il centenario della Crocifissione
di Cristo. La bolla del 6 gennaio 1933 stabilì che quest' Anno Santo si sarebbe aperto il 2 aprile del 1933 e si sarebbe chiuso il lunedì di Pasqua
del 1934. L'Anno Santo della Redenzione verso la sua chiusura vide un aumento del pellegrinaggio. Tra le canonizzazioni più importanti di
quell'anno si ricordano quella di San Giovanni Bosco e di San Giuseppe Cottolengo.
Anno 1933 : Pio XI XIX anniversario della Redenzione
Nel 1933 fu indetto un Giubileo straordinario a celebrazione del diciannovesimo centenario dalla morte e resurrezione di Cristo.
Anno 1950 : Pio XII Definizione del Dogma di Maria
Il Papa Pio XII promulgò il ventiquattresimo Giubileo con la bolla Jubilaeum maximum del 24 maggio 1949 chiamandolo "l’anno del gran
ritorno e del gran perdono " .Fu celebrato nel 1950 in un orizzonte internazionale carico di tensioni e pieno di ferite lasciate dalla seconda
guerra mondiale. In questo modo il Papa voleva affidare ai cristiani il compito di rinnovare una società lacerata da un conflitto mondiale.
Pio XII promulgò questo Giubileo indicando come finalità la santificazione delle anime mediante la preghiera e la penitenza; l'azione per la
pace e la tutela dei luoghi santi; la predicazione anche agli fedeli; l'esercizio della giustizia sociale; e le opere di assistenza a favore degli
umili e dei bisognosi. Bisogna poi ricordare che in questo Giubileo quasi tre milioni di pellegrini si recarono a Roma, e che quindi, in tutta
la storia della Chiesa, finora è stato il giubileo con il maggior numero di partecipanti. Nel Giubileo del 1950, il governo,allora presieduto
da De Gasperi, giunse a riconoscere alla Carta del Pellegrino (documento ammesso dal Comitato centrale) la validità di normale passaporto
per l'Italia. La maggior parte dei pellegrini giunse a Roma in treno o in autobus, pochi in auto o in aereo, alcuni a piedi. Pio XII, in questa
occasione, benedì i battenti in bronzo della Porta Santa e semplificò le condizioni per l’acquisto dell’indulgenza. Infatti stabili che per
lucrare un'indulgenza era sufficiente una sola visita in ognuna delle 4 basiliche maggiori. Inoltre in occasione di quest'Anno Santo
Pio XII proclamò il dogma dell'Assunzione di Maria in cielo, datata il primo novembre 1950, e venne ritrovata la tomba del principe
degli apostoli sotto l’altare della confessione in San Pietro.
Anno 1966 : Paolo VI per la chiusura del Concilio Vaticano II
Un altro Giubileo straordinario venne indetto nel 1966 da Paolo VI, a coronamento del Concilio Vaticano II
Anno 1975 : Paolo VI
Il venticinquesimo Giubileo, denominato "Anno Santo del Rinnovamento e della Riconciliazione", fu indetto nel 1975 con la bolla Apotolorum
Limina dal Papa Paolo VI, che inizialmente fu tentato di non promulgarlo in quanto poteva apparire poco conforme all’indirizzo del Concilio
Vaticano II che era maggiormente interessato al recupero dell’autenticità religiosa che all’esteriorità delle devozioni. Così Paolo VI, in risposta
alla domanda sull’utilità dell’Anno Santo e sulla sua opportunità per la Chiesa contemporanea, con l’esortazione Gaudete Domino mostra
l’intenzione di porre le celebrazioni giubilari sotto il segno della gioia, del rinnovamento interiore e della riconciliazione. E’ quindi un invito
al rinnovamento della Chiesa, dei cuori e delle coscienze, e ad una trasformazione personale e collettiva nello stesso tempo. La Porta
Santa fu aperta personalmente da Paolo VI la notte di Natale del 1974. Al rito erano presenti anche alcuni buddisti invitati dal Segretario
per i non Cristiani. I rappresentanti di diverse religioni furono presenti anche in altre occasioni. Il corpo della Guardia Svizzera si è reso
disponibile nel difendere i confini da una invasione militare durante l'apertura dell'Anno Santo. Fu il primo Anno Santo le cui celebrazioni
furono trasmesse in mondovisione. Infatti alla vigilia di Natale, per la solenne apertura della Porta Santa era stato predisposto nella
basilica di San Pietro e nei giardini vaticani un collegamento TV con quarantadue paesi. Anche la cerimonia di chiusura della Porta Santa
di San Pietro fu teletrasmessa al mondo per la prima volta. Il primo gennaio fu celebrata l’Ottava Giornata Mondiale per la pace e il 6
gennaio Paolo VI consegnò il crocifisso a circa 600 missionari in partenza per i territori di missione. Il 7 febbraio fu inaugurata una grande
mostra sugli Anni Santi a partire dal 1300. In aprile si celebrò il Giubileo degli sposi e venne conferita l’ordinazione sacerdotale a più di
350 diaconi di diverse nazionalità. Paolo VI compì anche un gesto di grande significato ecumenico: il 14 dicembre, nella celebrazione
del decimo anniversario dell’abolizione delle scomuniche tra la Chiesa di Roma e la Chiesa di Costantinopoli, il Papa inaspettatamente
si chinò e baciò il piede al metropolita Meliton di Calcedonia, capo della delegazione ortodossa. Si calcola che i pellegrini giunti a Roma
fossero quasi 10 milioni.
Anno 1983 : Giovanni Paolo II Giubileo straordinario 1950° anniversario della Redenzione
Nel 1983 Giovanni Paolo II indisse un Giubileo straordinario in attesa di quello che avrebbe inaugurato non solo il prossimo Giubileo,
ma anche il prossimo Millennio.
L'apertura avviene la notte di Natale dell'anno precedente il Giubileo e segna l'inizio formale dell'Anno Santo. Dal Giubileo straordinario
del 1983, indetto da Giovanni Paolo II per il 1950° anniversario della Redenzione, la Porta Santa della basilica Vaticana viene aperta dal
Papa dopo tre colpi di martelletto cerimoniale e non più "abbattuta" e calata giù con argani.
Anno 2000 : Giovanni Paolo II l Grande Giubileo 2000° anniversario dell’ Incarnazione
Il Giubileo del 2000 è stato indetto da Giovanni Paolo II con la bolla Incarnationis Mysterium, data il 29 novembre 1998. Il Papa chiama
questo anno un Giubileo straordinariamente grande, diverso da ogni altro perché festeggia Cristo nel duemillesimo anno dalla nascita.
Il ventiseiesimo Anno Santo si apre la notte di Natale del 1999 e si chiude il 6 gennaio 2001.


A partire dal sec. XIV i Giubilei scandiscono la storia della Chiesa.
Bonifacio VIII aveva previsto un Giubileo ogni secolo.
Clemente VI (1342-1352) fissò il secondo Giubileo nel 1350.
Urbano VI (1378-1389) ridusse il ritmo dei Giubilei a 33 anni.
L'intervallo tra due Giubilei fu ancora ridotto a 25 anni da Paolo II (1464 -1471).
Oltre i Giubilei ordinari (25) se ne possono contare 95 straordinari.
Totale 120 giubilei. A partire dal sec. XIV i Giubilei scandiscono la storia della Chiesa.
Bonifacio VIII aveva previsto un Giubileo ogni secolo.
Clemente VI (1342-1352) fissò il secondo Giubileo nel 1350.
Urbano VI (1378-1389) ridusse il ritmo dei Giubilei a 33 anni.
L'intervallo tra due Giubilei fu ancora ridotto a 25 anni da Paolo II (1464 -1471).
Oltre i Giubilei ordinari (25) se ne possono contare 95 straordinari.
Totale 120 giubilei.

IL GIUBILEO
Il Giubileo, che riprende il nome da quello ebraico, più precisamente la parola deriva dall'ebraico Jobel (caprone), è l'anno della
remissione dei peccati, della riconciliazione, della conversione e della penitenza sacramentale.

L'anno giubilare è soprattutto l'anno di Cristo. Nel Nuovo Testamento Gesù si presenta come Colui che porta a compimento l'antico
Giubileo, essendo venuto a "predicare l'anno di grazia del Signore" (Isaia).

Il Giubileo, comunemente, viene detto "Anno Santo", non solo perché si inizia, si svolge e si conclude con solenni riti sacri, ma anche
perché è destinato a promuovere la santità di vita. Il Giubileo può essere: ordinario, se legato a scadenze prestabilite; straordinario,
se viene indetto per qualche avvenimento di particolare importanza.

Storia
Un evento che anticipò e predisse il Giubileo fa parte più della leggenda che della storia: la cosiddetta "Indulgenza dei Cent'anni".
Non esistono documenti del XII o XIII secolo al riguardo, ma fonti del 24 dicembre 1299 riportano come masse di pellegrini, a
conoscenza di una leggendaria "Indulgenza Plenaria" che si sarebbe ottenuta al capodanno del secolo nuovo, cioè nel passaggio
da un secolo all'altro, muovessero verso Roma fin dentro l'Antica basilica di San Pietro per ottenere la remissione completa di tutte
le colpe. Né il Papa dell'epoca, Bonifacio VIII, né i prelati sapevano nulla di questa usanza, ma memorie del cardinale Gaetano
Stefaneschi nel documento De centesimo sive Jubileo anno liber parlano di un vecchio di 107 anni che, interrogato da Bonifacio,
asserì che 100 anni prima, il 1º gennaio 1200, all'età di soli 7 anni, assieme al padre si sarebbe recato innanzi a Innocenzo III
per ricevere l'"Indulgenza dei Cent'Anni". Nonostante la testimonianza di questo centenario esista, non abbiamo fonti coeve a
Innocenzo o più antiche che testimonino di quest'usanza (per la quale Innocenzo è l'unico papa menzionato), né di altre indulgenze simili.

Un altro evento che precorse davvero, per certi versi, il Giubileo, non si sa se ispirato a sua volta alla diceria dell'Indulgenza dei Cent'anni,
fu la Perdonanza istituita da Papa Celestino V: il 29 settembre 1294 con la Bolla del Perdono egli stabilì che recandosi nella chiesa di Santa
Maria di Collemaggio nella città dell'Aquila, tra il 28 ed il 29 agosto, veniva concessa l'indulgenza plenaria a tutti i confessati e pentiti.
La Perdonanza, che si ripete tuttora, ha in comune con il Giubileo l'indulgenza in cambio del pellegrinaggio.

Lo stesso Celestino (abruzzese d'adozione, ma di origini molisane), promulgò l'Indulgenza Plenaria anche per la città di Atri (purtroppo
la bolla è andata perduta): il primo portale del lato destro della Cattedrale è una Porta Santa che viene aperta il 14 agosto e chiusa 8
giorni dopo. Anche questa Indulgenza, la più lunga del mondo dopo quella di Roma, ha le stesse caratteristiche della Perdonanza aquilana.

Pochi anni dopo il successore di Celestino, Bonifacio VIII, istituì il primo Giubileo con la Bolla Antiquorum habet fida relatio emanata il 22
febbraio 1300 (che all'epoca era computato ancora 1299 e a circa un mese dal capodanno secondo l'uso ab incarnatione, che cadeva il 25
marzo), ispirandosi a un'antica tradizione ebraica di cui non esisteva traccia in quella cristiana se non nella leggenda dell'Indulgenza dei
Cent'anni. Con questa bolla si concedeva l'indulgenza plenaria a tutti coloro che avessero fatto visita trenta volte, se erano romani, e
quindici se erano stranieri, alle Basiliche di San Pietro e San Paolo fuori le mura, per tutta la durata dell'anno 1300; questo Anno
Santo si sarebbe dovuto ripetere in futuro ogni cento anni.

Dante riferisce nella Divina Commedia che l'afflusso di pellegrini a Roma fu tale che divenne necessario regolamentare il senso
di marcia dei pedoni sul ponte di fronte a Castel Sant'Angelo:

« come i Roman per l'essercito molto,
l'anno del giubileo, su per lo ponte
hanno a passar la gente modo colto,

che da l'un lato tutti hanno la fronte
verso 'l castello e vanno a Santo Pietro,
da l'altra sponda vanno verso 'l monte. »

(Inferno XVIII, 28-33)

Nel 1350 Papa Clemente VI, per parificare l'intervallo a quello del Giubileo ebraico, decise di accorciare la cadenza a 50 anni. In seguito
l'intervallo fu abbassato a 33 anni da Urbano VI, periodo inteso come durata della vita terrena di Gesù, e ulteriormente ridotto a 25
anni durante i papati di Niccolò V e di Paolo II.

Alcuni Pontefici hanno anche proclamato degli Anni Santi straordinari, al di fuori di questa scadenza. Ad esempio, Pio XI l'8 aprile del
1933 concesse il 24º Giubileo in occasione della ricorrenza centenaria della Redenzione. Nella sua bolla Quod nuper si bandisce l'anno
santo, esaltando la pace. Giovanni Paolo II indisse un Anno Santo straordinario nel 1983 in occasione del 1950º anniversario della Morte
e Risurrezione di Cristo.

Papa Benedetto XVI ha anche proclamato l'Anno Paolino, uno speciale anno giubilare dal 28 giugno 2008 al 29 giugno 2009, dedicato
all'apostolo Paolo di Tarso, in occasione del bimillenario della nascita del santo (collocata dagli storici tra il 7 e il 10 d.C.).

L'ultimo Anno Santo ordinario è stato il Grande Giubileo del 2000, mentre il prossimo sarà il Giubileo straordinario della Misericordia dell'anno 2016 e nel 2025.

Anche le condizioni per lucrare l'indulgenza sono variate nel tempo. Ad esempio, per il Grande Giubileo del 2000 era possibile lucrarla
anche con il pellegrinaggio in un santuario della propria Diocesi (indicato dal Vescovo), oppure offrendo assistenza ad ammalati o carcerati.

LE MEDAGLIE DEVOZIONALI CHE COMMEMORANO I GIUBILEI
XVI Secolo



Giubilare 1575
Maria con Bambino Gesù VIRGO TVA GLORIA PARTVS
Porta Santa ET.PORTAE.CAELI.APERTAS.SVNT.AN.IVBILEI. AN MDLXXV



Giubilare 1575 Porta Santa con data
Crocefissione


XVII Secolo

San Pietro e Paolo con Spirito Santo S.P.- S.P.
Porta Santa ANNO.SALVTIS. DOMINI. 1600.


Questa foto del libro "Raccolta di Medaglie Religiose a Cisterino" mostra al posto della scritta Roma la data 1600.


Porta Santa PORTA. CELI. PERME. APERTA. E. P. I. 1600
San Pietro e Paolo S.P.S.P.


Porta Santa 16..
Santo inginocchiato


San Pietro e Paolo con sopra Gesù Crocefisso, e con sotto i Chiodi della Crocefissione
Porta Santa


Porta Santa ANNO. IVBILEI. SANCTI ROMA
Madonna del Voto di Siena MADO. VOTO. SIENA


Veronica INITIUM. CHARI - FINIS . AMOR *
Porta Santa ANNO. IVBILEI. SANCTI ROMA


Porta Santa
San Pietro e Paolo
Giubilei più probabili: (1600) 1625 - 1650 - 1675 - 1700.

]
4 Basiliche Papali ROMA
Scala Santa 4 Santi ROMA


4 Basiliche con Angeli che sorreggono la Veronica ROMA
Scala Santa con 4 Santi ROMA


San Carlo Borromeo S. CAROLVS
Porta Santa con S. Pietro e S. Paolo 1625




Anno Santo 1625 (sotto Urbano VIII) con Scala Santa S. Pietro e S. Paolo.
Curiosamente però nell'altra faccia si fa riferimento alla canonizzazione di ben cinque santi: S. Ignazio di Lojola, S. Francesco Saverio,
S. Teresa d'Avila, S. Filippo Neri e S. Isidoro che è quello al centro con il bastone. Canonizzazione celebrata sotto un altro papa,
Gregorio XV, alcuni anni prima, ovvero nel 1622.
Medaglia emessa in occasione del giubileo del 1625, come medaglia del Pellegrino, forse dalla Zecca papale. Era costume dei Papi
coniare medaglie commemorative dei Santi Canonizzati in precedenza.
Gregorio XV (1621-1623) aveva canonizzato i Santi raffigurati, ma Urbano VIII (1623-1644), aveva celebrato il Giubileo 13 ° (1625).
Questa usanza iniziata già in tempi di Sisto V e si è ripetuto in seguito.


S. Antonio di Padova e S. Elisabetta del Portogallo S. ANT. D. POR- S. ELIS.R.P.PO. ROMA
Porta Santa con S. Pietro e Paolo IVSTI.INTR.PER.EAM. 1625


Papa Urbano VIII tra S. Pietro e S. Paolo ROMA
Le quattro Basiliche Giubilari 1625


Santa Casa di Loreto con sopra Maria e Gesù Bambino VIRGO.GLORIO.SALVA.NOS.
Porta Santa con S. Pietro e S. Paolo IVSTI.INTR.PER.EAM. 1625


Volto Santo su Veronica ROMA
Porta Santa con S. Pietro e Paolo 1625


Sant Teresa, San Ignacio, San Francisco Javier, San Philippo Neri,San Isidoro in alto Angeli con Cristogramma
ST. S.IG. S.FR. S.P S. ISIDOR
4 Basiliche con San Pietro, Maria, Gesù e San Paolo e in basso altro Santo in alto Angeli con Volto di Gesù su Veronica 1625


Salvator Mundi
Porta Santa ROMA


Porta Santa con San Pietro e San Paolo 1625
Gesù e Maria con Spirito Santo e Sacro Cuore


4 Basiliche in alto angeli che mostrano Volto di Gesù su Veronica ROMA
San Pietro, Gesù, San Paolo, in alto Maria con Gesù Bambino ROMA


Scala Santa con S. Pietro e S. Paolo
Madonna Loreto


Angeli inginocchiati ai lati del SS Sacramento ROMA
Porta Santa con San Pietro e San Paolo ROMA


San Pietro e Paolo . SP.SP.
Porta Santa 1650


Porta Santa con San Pietro e San Paolo 1650


Scala Santa con 4 Santi e Volto Gesù su Veronica ROMA
4 Basiliche e Crocefisso AN. IUB. 1675


4 Basiliche con Angeli che ostentano il Volto di Gesù su Veronica ROMA
Scala Santa con pellegrini, Con Maria e Gesù Bambino, Cristo Crocefisso, San Paolo e San Pietro e altro Santo ROMA


Trinità
4 Basiliche ROMA


Porta Santa con San Pietro e San Paolo
Gesù e Maria


San Pietro
4 Basiliche ROMA


Apertura Porta Santa ANNO IVBILEI
Scala Santa SCALA SANTA


San Pietro e San Paolo ROMA
Apertura Porta Santa ANNO JUBILEI

XVIII Secolo

Scala Santa con Pellegrini SCALA SANTA ROMA
4 Basiliche Giubilari con Spirito Santo e Pellegrini 1700



San Pietro e San Paolo S. PETRVS S. PA. ROMA
Apertura Porta Santa ANNVS. IVBILEI. ROMA


Porta Santa
San Pietro e Paolo


San Pietro S. PETRVS.APOS. ROMA
San Paolo S. PAVLVS. AP. ROMA


Scala Santa SCALLA SANCTA
Porta Santa con San Pietro e San Paolo ROMA


Scala Santa SCALA SANCTA AN IV
4 Basiliche ROMA


4 Basiliche 1700
Scala Santa SCALA SANTA ROMA


Apertura Porta Santa IVBILAT. DEO OMN. TERRA ROMA
San Pietro e Paolo SS PETR ET PAV AP ROMA


Apertura Porta Santa
San Pietro


Apertura Porta Santa
San Pietro e San Paolo con sopra Volto di Gesù su Veronica


San Pietro e Paolo ROMA
Apertura Porta Santa ANNO IVBILEI ROMA


Scala Santa SCALA SANTA
Apertura Porta Santa ANNO. IVB ILEI. 1725.



Apertura Porta Santa IVB DEO OMNI 1725
Scala Santa SCALA SANTA ROMA



San Pietro e San Paolo SAN PIETRO E SAN PAOLO AP ROMA



San Pietro e San Paolo SS. PE: ET: PA: AP: ROMA
Apertura Porta Santa ANNO IVBILEI ROMA

XIX Secolo


Gesù e Maria con Scala Santa IESVS MARIA SCALA SANCTA
San Pietro e San Paolo e 4 Basiliche SS. PE EPA AP INT.PORT ???


Probabile Giubileo 1825
Porta Santa PORTA SANCTA
Scala Santa SCALA SANCTA


XX Secolo


1900




1925



1933






1950




1975


2000

Edited by DttorJones - 10/2/2016, 17:55
view post Posted: 30/4/2014, 08:52     +4Storia di 3 medaglie particolari - Medagliette devozionali e crocefissi
Visto che spesso ci imbattiamo in queste medagliette, ho pensato di raccogliere i migliori testi che le raccontano, testi che ho prelevato in rete da Wiky o siti dedicati.
Oltre alla storia e i particolari ho lasciato anche le Preghiere, magari oltre a me, potrebbero interessare a qualcuno che non solo le colleziona per passione ma anche per vera Devozione, ed infine ci sono una serie di immagi di medagliette che posseggo.
le medagliette sono particolari, quelle pensate Apposta da Maria, Dio e da Papa Benedetto XIV, sono la MEDAGLIA MIRACOLOSA, la MEDAGLIA DI S. BENEDETTO e la MEDAGLIA DEL VOLTO SANTO.


Medaglia Miracolosa



La Medaglia Miracolosa e’ la medaglia della Madonna per eccellenza, perche’ e’ l’unica da Lei ideata e voluta comparendo nel 1830 a Santa Caterina Laboure’ (1806-1876) a Parigi, in Rue du Bac. La stessa Caterina, Figlia della Carita’ di San Vincenzo de’ Paoli, cosi’ descrive le apparizioni: “Venuta la festa di San Vincenzo (19 luglio 1830) la buona Madre Marta (direttrice delle novizie) ci fece alla vigilia un’istruzione sulla devozione dovuta ai Santi e specialmente sulla devozione alla Madonna. Questo mi accese si gran desiderio di vedere la Santissima Vergine, che andai a letto col pensiero di vedere in quella stessa notte la mia buona Madre Celeste: era tanto tempo che desideravo vederla. Essendoci stato distribuito un pezzettino di tela di una cotta di San Vincenzo, ne tagliai una meta’ e l’inghiottii. Cosi’ mi addormentai con pensiero che San Vincenzo mi avrebbe ottenuto la grazia di vedere la Madonna.Alle undici e mezzo mi sento chiamare per nome: “Suor Laboure’! Suor Laboure’!” Svegliatami, guardo dalla parte dove veniva la voce, che era dal lato del passaggio del letto, tiro la cortina e vedo un Fanciullo vestito di bianco, dai quattro ai cinque anni, il quale mi dice: ” Vieni in cappella; la Madonna ti aspetta”. Mi venne subito in mente: Mi sentiranno! Ma quel Fanciullino e’ pronto a rispondermi: “Stai tranquilla: sono le undici e mezzo e tutti dormono profondamente. Vieni che ti aspetto”.Il Fanciullo mi condusse nel presbiterio accanto alla poltrona del Signore Direttore, dove io mi posi in ginocchio, mentre il Fanciullino rimase tutto il tempo in piedi. Parendomi il tempo troppo lungo, ogni tanto guardavo per timore che le suore vegliatrici passassero dalla tribuna. Finalmente giunse il sospirato momento. Il Fanciullino mi avverti’, dicendomi: ”Ecco la Madonna, eccola!”Sentii un rumore come il fruscio di vesti di seta venire dalla parte della tribuna, presso il quadro di San Giuseppe, e vidi la Santissima Vergine che venne a posarsi sui gradini dell’altare dal lato del Vangelo. Era la Santissima Vergine, ma tutta simile a Sant’Anna, solo il volto non era lo stesso. Io ero incerta se si trattasse della Madonna. Ma il Fanciullino che era li’ mi disse: “Ecco la Madonna!”Dire cio’ che provai in quel momento e cio’ che succedeva in me, mi sarebbe impossibile. Mi sembrava di non riconoscere la Madonna. Quel Fanciullino mi parlo’ allora non piu’ con voce di bambino, ma d’uomo alto e robusto, e disse parole forti. Io, guardando la Santissima Vergine, spiccai allora un salto verso di Lei, ed inginocchiandomi sui gradini dell’altare, appoggiai le mani sulle ginocchia di Maria…Fu quello il momento piu’ dolce della mia vita. Dire tutto cio’ che provai mi sarebbe impossibile. La Madonna mi spiego’ come dovevo comportarmi col mio direttore e parecchie cose che non debbo dire; mi insegno’ il modo di regolarmi nelle mie pene e mostrandomi con la sinistra i piedi dell’altare, mi disse di andarmi a gettare ai piedi dell’altare ad espandervi il mio cuore, aggiungendo che cola’ io avrei ricevuto tutti i conforti a me necessari.“Figlia mia – mi disse la Madonna – Dio vuole affidarti una missione. Avrai molto da soffrire, ma soffrirai volentieri, pensando che si tratta della gloria di Dio. Avrai la grazia; dì tutto quanto in te succede, con semplicità e confidenza. Vedrai certe cose, sarai ispirata nelle vostre orazioni, rendine conto a chi é incaricato dell’anima tua…”. Quanto tempo restassi con la Madonna, non saprei dire: tutto quello che so è che, dopo di avermi lungamente parlato, se ne andò scomparendo come ombra che svanisce, dirigendosi verso la tribuna, per quella parte da cui era venuta. Alzatami dai gradini dell’altare, rividi il Fanciullino al posto dove l’avevo lasciato, il quale mi disse: “E’ partita!”. Rifacemmo lo stesso cammino, trovando sempre tutti i lumi accesi e tenendosi quel Bambino sempre alla mia sinistra. Credo che quel bambino fosse il mio Angelo custode, resosi visibile per farmi vedere la Madonna; io infatti l’avevo molto pregato di ottenermi un tal favore. Era vestito di bianco e portava con se’ una luce miracolosa, ossia era sfolgorante di luce, dell’eta’ dai quattro ai cinque anni. Tornata a letto, sentii suonare le due e non ripresi più il sonno”.Il 27 novembre 1830, che capitava il sabato antecedente la prima domenica di avvento, alle cinque e mezzo di sera, facendo la meditazione in profondo silenzio, mi parve di sentire dal lato destro della cappella, un rumore come il fruscio di una veste di seta. Avendo volto lo sguardo a quel lato, vidi la Santissima Vergine all’altezza del quadro di San Giuseppe. La sua statura era media e la sua bellezza tale che mi e’ impossibile descriverla. Stava in piedi, la sua veste era di seta e di color bianco-aurora, fatta, come si dice, “a’ la vierge” (alla vergine), cioe’ accollata con le maniche lisce. Dal capo le scendeva un velo bianco sino ai piedi. Aveva i capelli spartiti e una specie di cuffia con un merletto di circa tre centimetri di larghezza, leggermente appoggiato sui capelli. Il viso era abbastanza scoperto; i piedi poggiavano sopra un globo, o meglio, sopra un mezzo globo, o almeno io non ne vidi che una meta’ (piu’ tardi la Santa confessera’ di aver visto sotto i piedi della Vergine anche un serpente color verdastro chiazzato di giallo).Le sue mani, elevate all’altezza della cintura, mantenevano in modo naturale un altro globo piu’ piccolo che rappresentava l’universo. Ella aveva gli occhi rivolti al cielo e il suo volto divento’ risplendente, mentre presentava il globo a nostro Signore.Tutto ad un tratto le sue dita si ricoprirono di anelli, ornati di pietre preziose, le une piu’ belle delle altre, le une piu’ grosse e le altre piu’ piccole, le quali gettavano dei raggi gli uni piu’ belli degli altri: questi raggi partivano dalle pietre preziose; le piu’ grosse gettavano raggi piu’ grandi e le piu’ piccole raggi meno grandi, sicche’ tutta se ne riempiva la parte inferiore, e io non vedo piu’ i suoi piedi…Mentre io ero intenta a contemplarla, la Santissima Vergine abbasso’ gli occhi verso di me e intesi una voce che mi disse queste parole: “Questo globo che vedi rappresenta tutto il mondo, in particolare la Francia ed ogni singola persona…”.Io qui non so ridire cio’ che provai e cio’ che vidi, la bellezza e lo splendore dei raggi cosi’ sfolgoranti!… E la Vergine Santissima aggiunse: “Sono il simbolo delle grazie che io spargo sulle persone che me le domandano“, facendomi cosi’ comprendere quanto e’ dolce pregare la Santissima Vergine e quanto ella e’ generosa con le persone che La pregano; quante grazie ella accorda alle persone che gliele cercano e quale gioia elle prova nel concederle. In quel momento, io ero e non ero… non so… io godevo. Ed ecco formarsi intorno alla Santissima Vergine un quadro alquanto ovale, sul quale in alto, a modo di semicerchio dalla mano destra alla sinistra di Maria si leggevano queste parole scritte a lettere d’oro:”O Maria, concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a te“. Allora si fece sentire una voce che mi disse: “Fai, fai coniare una medaglia su questo modello; tutte le persone che la porteranno, riceveranno grandi grazie specialmente portandola al collo; le grazie saranno abbondanti per le persone che la porteranno con fiducia“.


All’istante mi parve che il quadro si voltasse ed io vidi il rovescio della Medaglia. Vi era la lettera “M” (iniziale del nome di Maria) sormontata da una croce senza crocifisso che aveva come base la lettera “l” (iniziale del nome Iesus, Gesu’). Piu’ sotto poi vi erano due cuori, uno circondato da spine (quello di Gesu’), l’altro trapassato da una spada (quello di Maria). Dodici stelle infine circondavano il tutto. Poi tutto disparve, come qualcosa che si spegne ed io sono rimasta ripiena non so di che, di buoni sentimenti, di gioia, di consolazione”.

La medaglia dell’Immacolata, coniata nel 1832, fu denominata dal popolo stesso Medaglia Miracolosa per eccellenza, per il gran numero di grazie spirituali e materiali ottenute per intercessione di Maria.

Medaglia miracolosa (o medaglia della Madonna delle Grazie, o medaglia dell'Immacolata) è il nome che la tradizione devozionale cattolica ha dato alla medaglia realizzata in seguito ai fatti del 1830 in rue du Bac,140 a Parigi, che ebbero per protagonista santa Caterina Labouré, novizia nel convento delle figlie della carità di San Vincenzo de' Paoli, la quale riferì di aver avuto delle apparizioni della Madonna. Gregorio XVI e Pio IX hanno fatto uso dell'effigie (Laurentin, 1996). Secondo quanto riferito da suor Labouré, questa medaglia sarebbe stata coniata dietro ordine esplicito della Madonna, dato durante la seconda apparizione (27 novembre 1830), come segno di amore, pegno di protezione e sorgente di grazie.

Origine del nome
Diffusa nella regione di Parigi durante l'epidemia di colera del 1832 dalle Figlie della Carità, la medaglia avrebbe dato luogo a parecchie, inspiegabili guarigioni. Nel febbraio 1834 è documentato l'appellativo popolare di miracolosa senza che, ancora, fosse noto il suo legame con le apparizioni di rue du Bac (Laurentin, 1980).

Analisi dei simboli
La forma della medaglia è ovale. Nelle risultanze dell'inchiesta canonica datata 13 luglio 1836 si legge che «la medaglia trae origine da una visione e [...] è la copia fedele di un quadro che avrebbe creduto di vedere una suora della Carità di san Vincenzo de Paoli nella cappella di comunità. [...] Si è emessa l'opinione che la visione non avrebbe potuto essere immaginaria, né fantastica, essendosi ripetuta più volte [...] che non era l'effetto di un sogno, né il prodotto di un'immaginazione esaltata, avendo avuto luogo di giorno, durante l'orazione o la messa [...] Gli effetti della Medaglia [...] sembrano dei mezzi attraverso i quali il cielo sembra aver confermato la realtà della visione, la verità del racconto e approvato la coniazione e la propagazione della Medaglia» (Guida, 2000). La visione da cui scaturì l'effigie avvenne verso le 17.30, durante la preghiera che seguiva la meditazione; stando al racconto, la Madonna apparve accanto al quadro di san Giuseppe, alla destra della veggente.

Iconografia del recto
• Il serpente: Maria è raffigurata nell'atto di schiacciargli la testa. L'immagine era stata preannunciata nella Bibbia, con le parole: «Io porrò inimicizia tra te e la donna [...] questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Gen 3,15). In tal modo, Dio dichiarò iniziata la lotta tra il bene e il male (simboleggiato dal serpente, cioè il diavolo). Questa lotta è vinta da Gesù Cristo, il nuovo Adamo, insieme a Maria, la nuova Eva.
• I raggi di luce: simboleggiando le grazie, dalla Chiesa sono definiti la Tesoriera di Dio.
• La giaculatoria: queste immagini sono incorniciate dall'invocazione «o Maria, concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a Voi», materializzatasi durante l'apparizione (in originale: «O Marie, conçue sans péché, priez pour nous qui avons recours à vous»).

Iconografia del verso
• Le 12 stelle: sono le 12 tribù d'Israele e i 12 apostoli. La Vergine è anche salutata come Stella del mare nella preghiera Ave Maris Stella. In proposito, va notato che nelle sue memorie suor Labouré non ha mai parlato delle stelle, né del loro numero (Chierotti, 1963).
• Il cuore coronato di spine: è il Sacro Cuore di Gesù. Fu Maria che lo formò nel suo grembo. Gesù ha promesso a santa Margherita Maria Alacoque la grazia della vita eterna per i devoti del suo Sacro Cuore, che simboleggia il suo amore infinito e senza limiti.
• Il cuore trafitto da una spada: è il Cuore Immacolato di Maria, inseparabile da quello di Gesù, secondo quanto profetizzato da Simeone in Lc 2,33-35. Anche nei momenti più tragici della sua passione e morte in croce, Maria era lì, condividendo il suo dolore.
• M: ovvero Maria. La M sostiene una traversa che regge la Croce, che rappresenta la prova. Questo simbolismo indica lo stretto rapporto di Maria e di Gesù nella storia della salvezza.
• La traversa e la Croce: simboleggiano la prova. Essendo la messa, per la dottrina cattolica, una ripetizione del sacrificio del Calvario, qui è sottolineata l'importanza del sacrificio eucaristico nella vita cristiana.

La preghiera del recto
La giaculatoria che, secondo suor Labouré, la Madonna volle incisa sulla medaglia, è ritmata sui «due tempi essenziali della preghiera cristiana: l'invocazione e la lode» (Rondet, 2004). Secondo il disegno di Dio, Maria si fa advocata, cioè colei che difende.
• Il saluto: risuona qui l'Ave, o Maria con cui l'arcangelo Gabriele introduce il suo annuncio (Lc 1,28). Più che un'implorazione infatti, le parole o Maria sono da intendersi come un approccio, un grado nuovo di intimità e di amicizia del fedele con colei che, attraverso il Figlio, è tramite privilegiato verso il Padre poiché, dal momento del suo sì «ella si rivolge al Signore con un rapporto speciale di umiltà e di confidenza» (Lodi, 1996).
• L'inno: l'affermazione concepita senza peccato presuppone una sovrabbondanza di grazie che si riversano sull'umanità. «La perfetta disponibilità della “serva del Signore” (Lc 1,38), che si abbandona fiduciosamente a Dio e rischia l'esistenza sulla sua parola [...] è in antitesi [...] con la figura della donna genesiaca: Maria è il contrario di Eva in quanto in lei non ha la meglio il peccato, ma l'adesione cordiale al volere di Dio» (De Fiores, 1996).
• La supplica: questo rovesciamento di prospettiva si palesa nel passaggio pregate per noi. Emerge qui un doppio movimento: la preghiera a Maria si fa per riceverla, al contrario dalle formule con cui ci si rivolge a Dio. «Questa diversità di vocabolario indica bene la differenza. Quando chiediamo a Maria di pregare per noi, lo facciamo con fiducia perché, nella nostra umanità, lei viene associata in modo unico all'opera della Trinità» (Rondet, 2004). Nella Lumen gentium ella è chiamata «sacrarium Spiritus Sancti», ciò che «indica l'inabitazione dello Spirito Santo in Maria in modo del tutto singolare e superiore a quella degli altri cristiani [...] Per cui lo Spirito diventa un solo principio con Maria sul piano dell'azione. Sì che l'azione del pregare di Maria è allo stesso tempo preghiera di Maria e preghiera dello Spirito (è lo Spirito che prega, Rm 8,26; è lo Spirito che grida: Abbà, Gal 4,6)» (Amato, 1996). Per un misterioso dono conferitole dallo Spirito dunque, l'intercessione di Maria ha il potere di smuovere la misericordia del Figlio nel tempo dell'uomo. Alle nozze di Cana (Gv 2,4-5) Gesù risponde «non è ancora giunta la mia ora», indicando un tempo escatologico; Maria però suggerisce: «Fate quello che vi dirà». Per suo tramite dunque, la preghiera diviene atto di trasformazione, poiché nel manifestarsi della gloria di Dio la visuale dell'uomo si amplia e si arricchisce, gli affanni scolorano, la speranza ne è vivificata. Ma la vicenda di Cana è importante anche perché dà conto dell'attenzione di Maria ai bisogni degli uomini: ella è infatti la prima ad accorgersi che il vino è finito (Gv 2,3) e a chiedere al Figlio di provvedere, affinché non sia compromesso il buon andamento della festa nuziale.
• L'abbandono: la chiusura della giaculatoria, quel ricorriamo a voi, segna il momento del totale abbandono. Nella prospettiva di fede, questo stato è sempre connotato positivamente, come atto volontario, tant'è che per descriverlo si ricorre a immagini archetipiche: il pianto del neonato manifesta una fiduciosa attesa delle cure materne, l'abbandono a un amore protettivo, senza cui la sopravvivenza è impossibile. L'analogia rende lo scoramento dell'uomo di fronte alle difficoltà e al peccato, che solo la misericordia di Dio può alleviare e sanare. Mediatrice perfetta, Maria s'incarica di innalzare agli occhi del Padre le necessità umane, di cui condivide le attese e le speranze.

I segni cristologici
Una più recente traduzione dei segni, di carattere cristologico, vede invece nella croce, nella lineetta e nella M tre lettere dell'alfabeto greco (X, J, M), iniziali della frase che campeggia nelle rappresentazioni e nelle iscrizioni del mondo classico, ovvero «di Cristo Gesù Madre» (Chierotti, 1979). Questa centralità di Maria, che una tendenza teologica postconciliare aveva messo in ombra, nella medaglia è esaltata al punto che «non è lecito accantonare la Madre, perché [...] ella è vitalmente, ontologicamente legata al Figlio. La mariologia è unita strettamente alla cristologia: abbandonare o anche solo ridimensionare la prima significa mettere in causa pure la seconda» (Messori, 2008).
Realizzazione e diffusione
Non poche furono le difficoltà per giungere alla realizzazione della medaglia: le autorità religiose erano infatti caute di fronte alle rivelazioni di suor Labouré. Il suo confessore, padre Jean-Marie Aladel, a tutta prima giudicò severamente il racconto delle apparizioni: «Pura illusione! [...] Se volete onorare Nostra Signora, imitate le sue virtù, e guardatevi dall'immaginazione!». Di fronte allo stallo, nell'autunno 1831 suor Labouré sbottò: «La Vergine è dispiaciuta!». A quel punto, col supporto del confratello Jean-Baptiste Étienne, futuro superiore generale della congregazione, padre Aladel si rivolse all'arcivescovo di Parigi, che diede la sua approvazione al conio. Nella primavera 1832 l'incarico venne affidato all'orafo Vachette di quai des Orfèvres 54; il modello indicato per il recto fu quello della statua dell'Immacolata Concezione di Edmé Bouchardon, visibile nella chiesa di Saint Sulpice. Il 30 giugno, i primi 1.500 esemplari furono battuti. Suor Labouré ricevette la medaglia ai primi di luglio e la approvò (Laurentin, 1980). La diffusione fu rapidissima: nel 1835, il giornale La France Catholique la definì «uno dei più grandi segni degli ultimi tempi», rivelando che la portavano anche i membri della famiglia reale (Sicari, 2007); nello stesso anno, è testimoniata a Roma da un sonetto di Gioachino Belli; nel primo decennio, solo in Francia ne circolarono oltre cento milioni di copie (Chierotti, 1979); alla morte di suor Labouré, aveva superato il miliardo di esemplari (Di Lorenzo, 2004). Il 7 dicembre 1838, Gregorio XVI accordò il permesso di portarla. Oggi è di gran lunga la più diffusa di tutti i tempi, per un totale di parecchi miliardi in ogni parte del mondo (Laurentin, 1996).
Cautele della gerarchia
L'arcivescovo di Parigi, monsignor Hyacinthe-Louis de Quélen, quando fu portato a conoscenza dei fatti di rue du Bac e della richiesta di Maria tramite suor Labouré, rispose: «Nessun inconveniente a far coniare la Medaglia», ritenendola conforme alla fede e alla pietà. Stabilì tuttavia: «Non si formulino giudizi prematuri sulla natura della visione, né si rivelino le circostanze. Si diffonda questa medaglia, semplicemente. E si giudicherà l'albero dai suoi frutti» (Laurentin, 1980). In merito, si è ipotizzato che l'arcivescovo guardasse con particolare favore «a qualsiasi misura che potesse allentare il tenore anticlericale dei tempi» (Burton, 2001). Col moltiplicarsi delle notizie relative agli eventi prodigiosi che sarebbero stati determinati dalla medaglia però, crebbero anche le domande circa la sua origine. Per non urtare le suscettibilità della curia romana, dove i dossier su presunti miracoli non erano ben accolti, si pensò di pubblicare le informazioni relative alle apparizioni in un opuscolo devozionale dal titolo Mois de Marie. Fu padre Aladel, il 17 marzo 1834, a stendere un prudente e succinto racconto degli eventi, che fu dato alle stampe e divulgato il 10 aprile. Nel manoscritto originale si leggeva che suor Labouré «ha creduto di vedere»; in una stesura successiva, resasi necessaria di fronte ai sempre maggiori interrogativi del pubblico, padre Aladel chiarì invece che «durante l'orazione ha visto un quadro», sottolineando come la Vergine sia apparsa «nel modo in cui si è soliti vederla rappresentata sotto il titolo dell'Immacolata Concezione». Questa nuova pubblicazione vide la luce come Notice il 20 agosto; tirata in 10.000 copie, fu in breve esaurita; la seconda edizione, del 20 ottobre, fu di 15.000 copie ma finì altrettanto presto; si arrivò a una terza edizione, in 37.664 copie. Anche sulla Notice i particolari circa le apparizioni furono omessi: precauzione necessaria affinché Roma non intendesse che si volesse dar rilievo a fatti di carattere superstizioso (Laurentin, 1980).
Adattamento della visione
Il bozzetto che padre Aladel ricostruì in base ai racconti di suor Labouré, e che poi divenne l'incisione della medaglia, per alcuni elementi differisce da quanto le testimonianze autografe della veggente lasciano trapelare. Le difformità più importanti sono due: le 12 stelle che compaiono sul verso, forse un adattamento alla donna dell'Apocalisse, e l'assenza del globo che ella teneva fra le mani. Su quest'ultimo, di cui il Mois de Marie e la Notice non fanno menzione, si è appuntata l'indagine storica, che ha proposto quattro diverse soluzioni: non c'era nella visione del 27 novembre, ma in un'altra; faceva parte della medesima apparizione, che però si è svolta in due fasi; è un'invenzione di suor Labouré; l'unica, effettiva visione, fu quella della Vergine col globo, che padre Aladel avrebbe però conformato alla classica immagine dell'Immacolata Concezione, con le braccia distese e le mani aperte. Quest'ultima ipotesi, che spiegherebbe l'insistenza di suor Labouré per la realizzazione della statua quale complemento della visione, sarebbe confermata da padre Jules Charles Chevalier, biografo della veggente, nella dichiarazione rilasciata al processo ordinario (17 giugno 1896): «Non mi spiego perché padre Aladel ha soppresso il globo che ella mi ha sempre confermato di aver visto tra le mani della santa Vergine. [...] Sarei portato a credere che ha agito così per semplificare la medaglia e farla accettare più facilmente al pubblico, in un tempo in cui le passioni politiche esercitavano una grande influenza» (Guida, 2000). L'interpretazione di padre Chevalier è però messa in dubbio dagli storiografi: «In mancanza di prove documentarie inoppugnabili, non si può dimostrare che Aladel ed Etienne siano stati indotti a aderire alle richieste di Caterina dalla situazione socio-politica generale» (Burton, 2001).
Messaggio mariano
Sarebbe stata la Madonna a dire: «Fa' coniare una medaglia su questo modello; le persone che la porteranno con fiducia e che con devozione reciteranno questa breve preghiera, godranno d'una protezione speciale della Madre di Dio». Maria avrebbe inoltre chiarito il senso ultimo della richiesta con queste parole, che la veggente riportò in forma autografa: «Io spando [queste grazie] su coloro che me le domandano [ha inteso Caterina. Lei mi ha fatto] comprendere quant'è piacevole pregare la Santa Vergine e quanto ella è stata generosa con coloro che la pregano. Che grazie ella concede a coloro che gliele domandano, e quale gioia prova nell'accordarle». Sia nella seconda, che nella terza e ultima apparizione (dicembre 1830, data non specificata), la Madonna avrebbe aggiunto: «Questi raggi simboleggiano le grazie che la Santa Vergine ottiene per coloro che gliele domandano» (Laurentin, 1980). Da qui la seguente considerazione: «La medaglia è una miniatura [...] In uno spazio molto piccolo, in modo minuscolo, con un minimo di simboli, essa riassume in tutto la mariologia. In essa si potrebbe trovare una microapocalisse, ossia un insegnamento globale della Chiesa sulla madre del Cristo, proposto per immagine e allegoria» (Guitton, 1997).
Sodalizio della medaglia
L'8 luglio 1909 Pio X diede l'approvazione all'Associazione della Medaglia Miracolosa, nata sul modello delle Figlie di Maria. Ne fanno parte tutti coloro che ricevono l'imposizione liturgica della medaglia che, dopo il Concilio Vaticano II, ogni sacerdote può fare servendosi della formula rituale: in sostanza, ne è membro chiunque porti la medaglia al collo. Pio X arricchì l'associazione di varie indulgenze. Nel caso in cui la medaglia venga smarrita, basta avere l'intenzione di indossarne un'altra, anche non benedetta, perché si possa continuare a lucrare tali indulgenze. Obbligo degli associati è «di portare con amore e di diffondere la Medaglia Miracolosa», invocando spesso la Madonna con la giaculatoria incisa sul recto (Chierotti, 1979).
Prodigi associati
Senza numero sono i miracoli che si sarebbero ottenuti attraverso la medaglia: la maggioranza, ovviamente, quasi senza possibilità di controllo. Tuttavia vanno ricordati quelli legati alle prodigiose guarigioni dal colera registrate nell'estate 1832, in particolare il caso di Caroline Nenain, 8 anni. La bimba, nella sua classe di place du Louvre, era la sola a non portare l'effigie: e si ammalò; messe in allarme, le suore gliela procurarono, ed ella fu in grado di tornare a scuola il giorno dopo. Il 13 giugno 1833, un soldato di Alençon «rabbioso e blasfemo», indossata la medaglia si mise a pregare e, di fronte alla morte, esclamò: «Quel che mi dà dolore, è d'aver amato così tardi e di non amare di più». Nella Notice del 20 agosto 1834 si raccontò invece d'una donna muta di Costantinopoli che, il 10 giugno precedente, sarebbe guarita grazie alla medaglia (Laurentin, 1980). Ma il fatto più clamoroso fu quello che coinvolse Alphonse Marie Ratisbonne, discendente d'una famiglia di banchieri ebraici, ateo e fiero polemista della devozione cattolica. Nel gennaio 1842, durante un viaggio per il Medio Oriente in vista delle nozze, una serie di coincidenze lo portò a soggiornare a Roma. Qui, ebbe in dono la Medaglia miracolosa. Scrisse nelle sue memorie: «Il mio primo impulso fu di ridere alzando le spalle; ma mi venne l'idea che questa scena avrebbe fornito un brano delizioso alle mie impressioni di viaggio, e acconsentii a prendere la medaglia come un corpo di reato che avrei offerto alla mia fidanzata. [...] Però, nel mezzo della notte fra il 19 e il 20, mi risvegliai di soprassalto: vedevo fissa dinanzi a me una grande croce nera di forma particolare e senza Cristo. Mi sforzai di scacciare quest'immagine, ma non riuscivo a evitarla e da qualsiasi lato mi giravo me la trovavo sempre davanti. Non saprei dire quanto durò questa lotta. Mi riaddormentai; al mattino, svegliatomi, non ci pensavo più». Il 20 gennaio si recò nella chiesa di Sant'Andrea delle Fratte in compagnia d'un amico che doveva dare disposizioni per un funerale; mentre l'altro era impegnato, lui si aggirò tra i banchi; d'un tratto «la chiesa intera scomparve, non vidi più nulla... o piuttosto, Dio mio, vidi soltanto una cosa! [...] afferrai la medaglia che avevo al petto e baciai con effusione l'immagine della Vergine risplendente di grazia... Oh, era davvero lei!» (Guitton, 1997). Quella di Ratisbonne, che al momento del prodigio aveva solo una vaga idea della concezione religiosa cristiana e d'improvviso fu in possesso per intero dei dogmi e della dottrina, è classificata come una conversione istantanea e perfetta, un'irruzione del divino capace di spazzare ogni dubbio e ogni ostacolo alla fede.

LA MEDAGLIA O CROCE DI SAN BENEDETTO

NOTE STORICHE
Le origini della medaglia di San Benedet¬to sono antichissime. Papa Benedetto XIV ne ideò il disegno e col "Breve" del 1742 approvò la medaglia concedendo delle indulgenze a coloro che la portano con fede. Sul diritto della medaglia, San Benedetto tiene nella mano destra una croce elevata verso il cielo e nella sinistra il libro aperto della santa Regola. Sull 'altare é posto un calice dal quale esce una serpe per ricorda¬re un episodio accaduto a San Benedetto: il Santo, con un segno di croce, avrebbe fran-tumato la coppa contenente il vino avvele¬nato datogli da monaci attentatori. Attorno alla medaglia, sono coniate que¬ste parole: "EIUS IN OBITU NOSTRO PRESENTIA MUNIAMUR" (Possiamo esse¬re protetti dalla sua presenza nell'ora della nostra morte). Sul rovescio della medaglia, figura la croce di San Benedetto e le iniziali dei testi. Questi versi sono antichissimi. Essi appaio¬no in un manoscritto del XIV sec. a testimo¬nianza della fede nella potenza di Dio e di San Benedetto. La devozione della Medaglia o Croce di San Benedetto, divenne popolare intorno al 1050, dopo la guarigione miracolosa del giovane Brunone, figlio del conte Ugo di Eginsheim in Alsazia. Brunone, secondo alcuni, fu guarito da una grave infermita', dopo che gli fu offerta la medaglia di San Benedetto. Dopo la guarigione, divenne monaco benedettino e poi papa: é san Leone IX, morto nel 1054. Tra i propagatori bisogna annoverare anche san Vincenzo de' Paoli.

Grazie che si ottengono con la medaglia. I fedeli hanno sperimentato la sua potente efficacia mediante l intercessione di S. Benedetto, nei seguenti casi:
-contro i malefici e le altre opere diaboliche
-per allontanare da qualche luogo gli uomini male intenzionati
-per curare e sanare gli animali dalla peste oppure oppressi dal maleficio
-per tutelare le persone dalle tentazioni, dalle illusioni e vessazioni del demonio specie quelle contro la castità
-per ottenere la conversione di qualche peccatore, particolarmente quando si trova in pericolo di morte
-per distruggere o rendere inefficace il veleno
-per allontanare la pestilenza
-per restituire la salute a quelli che soffrono di calcolosi, di dolori ai fianchi, di emorragie, di emottisi; a quanti sono morsi da animali contagiosi
-per ottenere l’aiuto divino alle mamme in attesa onde evitare l aborto
-per salvare dai fulmini e dalle tempeste
SPIEGAZIONE DELLE INIZIALI:
C.S.P.B.
Crux Sancti Patris Benedicti
La Croce del Santo Padre Benedetto
C.S.S.M.L.
Crux Sacra Sit Mihi Lux
La Croce Santa sia la mia luce.
N.D.S.M.D.
Non Drago Sit Mihi Dux
Non sia il demonio il mio condottiero
V.R.S.
Vade Retro, Satana!
Allontanati, Sanata!
N.S.M.V.
Numquam Suade Mihi Vana
Non mi attirare alle vanità
S.M.Q.L.
Sunt Mala Quae Libas
Son mali le tue bevande
I.V.B.
Ipse Venena Bibas
Bevi tu stesso i tuoi veleni.

Numerosi sono gli effetti benefici attribui¬ti alla stessa: guarigioni, protezione contro il demonio, grazia di preparazione ad una santa morte... Ma attenzione, la medaglia non e un tali¬smano che annullerebbe le prove della nostra vita, ma un mezzo che ci aiuta a supe¬rarle. Le parole scritte attorno alla croce sono quelle che Benedetto pronunciò rispondendo alla tentazione del demonio. Possiamo farle nostre in uno spirito di fede, sapendo che la Croce di Cristo é pegno della nostra vittoria e della nostra salvezza. Questa medaglia è un sacramentale della Chiesa Cattolica, un segno sacro dal quale sono signifìcati e ottenuti effetti, grazie alla preghiera della Chiesa. Per trarre vantaggi da questa preghiera e da questa medaglia, non basta farla benedi¬re e portarla come se fosse un portafortuna: i benefici che speriamo di ottenere sono pro¬porzionati alla crescita della nostra fede e della nostra fiducia in Dio e in San Bene¬detto.

PREGHIERA: Croce del Santo Padre Benedetto. Croce santa sii la mia luce e non sia mai il demonio mio capo. Va' indietro, Satana; non mi persuaderai mai di cose vane; sono cattive le bevande che mi offri, bevi tu stesso il tuo veleno. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

Benedizione della Medaglia di San Benedetto
Può essere recitata solo da un sacerdote
Io ti esorcizzo per Dio + Padre Onnipo¬tente, che ha fatto il cielo e la terra, il mare e tutto ciò che si trova in essi: ogni potenza del nemico, tutto l'esercito del diavolo, ogni influenza di Satana sia strappato e sia messo in fuga da questa medaglia, affinché a tutti coloro che ne faranno uso, procuri la salvez¬za dell'anima e la salute del corpo. Te lo chiediamo nel nome di Dio Padre + Onnipo¬tente, di Gesù Cristo + suo Figlio e Signore nostro e dello Spirito Santo + Consolatore e nell'amore del medesimo Signore nostro Gesù Cristo, che verrà a giudicare i vivi e i morti e regnerà nei secoli dei secoli. Amen.
Preghiamo O Dio Onnipotente, dispensatore di ogni bene, noi ti supplichiamo ardentemente, per l'intercessione del nostro Padre San Bene¬detto: fa' scendere la tua benedizione su que¬sta medaglia, affinché tutti coloro che la por¬teranno e compiranno opere di bene, meriti¬no di ottenere la salute dell'anima e del corpo, la grazia della santificazione, le indulgenze a loro concesse; con il soccorso della tua misericordia, possano sfuggire le insidie del demonio e presentarsi un giorno santi e immacolati davanti al tuo cospetto nella carità (Ef 1,4). Per Cristo nostro Signore. Amen.
Promessa di S. Benedetto ai suoi devoti
S. Benedetto è invocato per ottenere una buona morta e la salvezza eterna. Egli apparve un giorno a S. Geltrude, dicendo: “ Chiunque mi ricorderà la dignità per cui il Signore ha voluto onorarmi e beatificarmi, concedendomi di fare una morte così gloriosa, io lo assisterò fedelmente in punto di morte e mi opporrò a tutti gli attacchi del nemico in quell’ora decisiva. L’anima sarà protetta dalla mia presenza, essa resterà tranquilla malgrado tutte le insidie del nemico, e felice si slancerà verso le gioie eterne.”
PREGHIERA QUOTIDIANA A SAN BENEDETTO
S. Benedetto mio caro padre, per quella dignità con la quale il Signore si degno di onorarti e beatificarti con una così gloriosa morte, ti prego di assistermi con la tua presenza nel momento della mia morte, beneficiandomi di tutte quelle promesse fatte alla Santa vergine Geltrude. Amen


DEVOZIONE AL SANTO VOLTO DI GESU’



PICCOLE NOTE BIOGRAFICHE
La serva di Dio Madre Pierina De Micheli, nata a Milano l'11.9.1890, è morta in concetto di santità il 26.7.1945 a Centonara d'Artò (Novara) dove le sue spoglie mortali riposano nella cripta della cappella dell'istituto delle Figlie dell'immacolata Concezione di Buenos Aires.
Visse nel silenzio e nell'umiltà più profonda, martire d'amore per riparare le offese recate al Signore Gesù.
Di lei è in corso la causa di canonizzazione.
Il servo di Dio Abate Ildebrando Gregori, monaco benedettino silvestrino, nato a Poggio Cinolfo di Carsoli (L'Aquila) '8.5.1894, è morto a Roma il 12.11.1985.
Fondò la congregazione delle Suore Benedettine Riparatrici del S. Volto di N.S.G.C. che ne custodiscono i resti mortali nella cappella della loro casa madre 'L'Assunta" in Bassano Romano (VT).
L'Abate Ildebrando Gregori visse di fede ed esercitò in grado eroico la carità verso i poveri e i bisognosi nei quali scorgeva il Volto stesso di Cristo crocifisso.
Di lui è in corso la causa di canonizzazione.
LA FESTA DEL SANTO VOLTO DI GESU' SI CELEBRA IL MARTEDI' CHE PRECEDE L’INIZIO DELLA QUARESIMA
LA MEDAGLIA DEL VOLTO SANTO DI NOSTRO SIGNORE GESU' CRISTO
COSA E’
La medaglia del Volto Santo è l'Icona, di Cristo morto in croce per la redenzione dell'umanità e di Cristo Vittima immolata, vivente nella Santa Eucarestia.



BREVE STORIA DELLA MEDAGLIA
La medaglia del Volto Santo di Gesù è un dono di Maria Madre di Dio e Madre nostra.
Nella notte del 31 maggio 1938, la Serva di Dio M. Pierina De Micheli, suora delle Figlie dell'Immacolata Concezione di Buenos Aires, si trova va nella cappella del suo Istituto a Milano in via Elba 18.
Mentre era immersa in profonda adorazione dinanzi al Tabernacolo, le apparve in un nimbo di luce sfolgorante una Signora di celestiale bellezza: era la Santissima Vergine Maria.

Ella teneva in mano come un dono una medaglia che su un lato recava impressa l'effigie del Volto di Cristo morto in croce, circoscritta dalle parole bibliche "Fà splendere su di noi, Signore, la luce del tuo volto". Sull'altro lato appariva un'Ostia raggiante circoscritta dall'invocazione "Resta con noi Signore".
PROMESSE DIVINE
La Madre del Cielo si avvicinò alla suora e le disse: "Ascolta bene e riferisci al padre confessore che questa medaglia è un'ARMA di difesa, uno SCUDO di fortezza e un PEGNO di misericordia che Gesù vuoi dare al mondo in questi tempi di sensualità e di odio contro Dio e la Chiesa. Si tendono reti diaboliche per strappare la fede dai cuori, lì male dilaga. I veri apostoli sono pochi: è necessario un rimedio divino, e questo rimedio è il Volto Santo di Gesù. Tutti quelli che porteranno questa medaglia e faranno, potendo, ogni martedì una visita al SS. Sacramento per riparare gli oltraggi che ricevette il S. Volto del mio figlio Gesù durante la passione e che riceve ogni giorno nel Sacramento dell'Eucarestia:
- saranno fortificati nella fede;
- saranno pronti a difenderla;
- avranno le grazie per superare le difficoltà spirituali interne ed esterne;
- saranno aiutati nei pericoli dell'anima. e del corpo;
- avranno una morte serena sotto lo sguardo sorridente del mio Divin Figlio
- Questa consolante promessa divina è un richiamo d'amore e di misericordia del Cuore Sacratissimo di Gesù.

Gesù stesso, infatti, il 21 maggio 1932, aveva detto alla serva di Dio: "Contemplando il mio Volto, le anime parteciperanno alle mie sofferenze, sentiranno il bisogno di amare e di riparare. Non è forse questa la vera devozione al mio Cuore?”
Il primo martedì del 1937 Gesù le aveva ancora aggiunto che "il culto del Suo Volto completava e aumentava la devozione al Suo Cuore". In verità, quando contempliamo il Volto di Cristo morto per i nostri peccati, possiamo comprendere e vivere i palpiti d'amore del Suo Cuore divino.

Madre Pierina, dopo averne parlato al confessore, Padre Rosi, e ottenuta la benedizione del Cardinale di Milano, Ildefonso Schuster, decide di far coniare una medaglia con il Volto Santo.
Questa medaglia reca da una parte il Volto Santo con la scritta" Illumina, Domine, vultum tuum super nos" e e al rovescio un’ostia , segno dell’Eucarestia, con la scritta: "Mane nobiscum Domine."
In questa instaccabile opera di diffusione di adorazione al Volto Santo fu costretta a subire i continui eccessi di rabbia del demonio, che spesso la lasciavano stremata.
Continuò a condurre la sua missione tra le sofferenze e il pieno nascondimento, sempre felice di offrire ogni respiro a Gesù. La sua fu una vita protesa verso la conoscenza di Dio e del suo infinito amore. Una vita, secondo la volontà di Dio, votata alla santità.


APPROVAZIONE E DIFFUSIONE DELLA MEDAGLIA
Il culto della medaglia del S. Volto ebbe l'approvazione ecclesiastica il 9 agosto 1940 con la benedizione del Beato Card. Ildefonso Schuster, monaco benedettino, devotissimo del S. Volto di Gesù, allora Arcivescovo di Milano. Superate molteplici difficoltà, la medaglia fu coniata ed iniziò il suo cammino.


Il messaggio affidato alla religiosa privilegiata non poteva essere più soave e più prezioso.
Soave: esso riguardava il Volto del Redentore e la Santa Ostia; prezioso: assicura la conservazione della fede e la morte più desiderabile.
Ma forti ostacoli si opponevano ad attuarlo: non era permesso fare medaglie del Santo Volto; di più, mancavano i mezzi finanziari.
L’una difficoltà e l’altra furono mirabilmente superate: il permesso, a tutti negato, fu concesso e una busta col denaro contato, nulla più e nulla meno, fu trovata una mattina sul tavolo della stanza della Madre Maria Pierina.
La medaglia fu coniata, e per primo si presentò al S. Padre Pio XII, di felice memoria. Poi si principiò a distribuirla. Fu subito riconosciuta miracolosissima. Soldati, borghesi, uomini, donne, giovani, vecchi, bambini, sani, infermi, carcerati, prigionieri, cristiani, ebrei, tutti ne intesero portentosissima potenza. In terra, in mare, negli aeroplani, nei sottomarini, avvenivano grazie e miracoli senza fine, quali inverosimili. Non si ricorda un solo condannato a morte, cui si riuscì a far pervenire la Medaglia, che abbia avuta la sentenza eseguita: tutti furono salvati.
L’anima commossa esclama: Cosa vorrai Tu, o Signore, mediante la Medaglia del tuo Santo Volto?
Ogni persona è invitata a portarla, e ad ogni persona si raccomanda di recitare ogni giorno cinque Gloria Patri al Volto Santo di Nostro Signore. Dopo ciò con certezza assoluta si può dire che presto o tardi si sentirà la prova di portare con sé una potentissima protezione.
Fallo pure tu. Tu pure sperimenterai la potenza della preziosissima Medaglia".


Grande apostolo della medaglia del S. Volto di Gesù fu il servo di Dio, Abate Ildebrando Gregori, monaco benedettino silvestrino, daI 1940 padre spirituale della serva di Dio Madre Pierina De Micheli. Egli fece conoscere la medaglia, con la parola e con le opere in Italia, in America, in Asia e in Australia. Essa è ora diffusa in ogni parte della terra e neI 1968, con la benedizione del S. Padre, Paolo VI, fu deposta sulla luna dagli astronauti americani.

LA MEDAGLIA ANNUNCIO DEL VANGELO
E' mirabile constatare che la medaglia benedetta viene accolta con riverenza e devozione da cattolici, ortodossi, protestanti e persino da non cristiani. Tutti coloro che hanno avuto la grazia di ricevere e portare con fede la sacra Icona, persone in pericolo, ammalati, carcerati, perseguitati, prigionieri di guerra, anime tormentate dallo spirito del male, individui e famiglia angustiate da ogni genere di difficoltà, hanno sperimentato sopra di sé una particolare protezione divina, hanno ritrovato la serenità, la fiducia in se stessi e la fede in Cristo Redentore. Dinanzi a tali prodigi quotidianamente operati e testimoniati, sentiamo tutta la verità della Parola di Dio, e spontaneo sgorga dal cuore il grido del salmista:
"SIGNORE, MOSTRACI IL TUO VOLTO E NOI SAREMO SALVI" (salmo 79)

PREGHIERA AL VOLTO SANTO DI GESU'
Volto Santo del mio dolce Gesù, espressione viva ed eterna dell'amore e del martirio divino sofferto per umana redenzione, Ti adoro e Ti amo. Ti consacro oggi e sempre tutto il mio essere. Ti offro per le mani purissime della Regina Immacolata le preghiere, le azioni e le sofferenze di questo giorno, per espiare e riparare i peccati delle povere creature. Fà di me un tuo vero apostolo. Che il tuo sguardo soave mi sia sempre presente e si illumini di misericordia nell'ora della mia morte. Così sia.
Volto Santo di Gesù guardami con misericordia

PREGHIERA E NOVENA AL VOLTO SANTO
O Gesù, che nella Tua crudele Passione divenisti "l'obbrobrio degli uomini e l'uomo dei dolori", io venero il Tuo Volto Divino, sul quale splendevano la bellezza e la dolcezza della divinità e che è divenuto per me come il volto di un lebbroso... Ma io riconosco sotto quei tratti sfigurati il Tuo infinito amore, e mi consumo dal desiderio di amarTi e di farTi amare da tutti gli uomini. Le lacrime che sgorgano con tanta abbondanza dagli occhi Tuoi sono come perle preziose che mi è caro raccogliere per riscattare con il loro infinito valore le anime dei poveri peccatori. O Gesù, il tuo Volto adorabile rapisce il mio cuore. Ti supplico di imprimere in me la Tua somiglianza divina e di infiammarmi del Tuo amore affinché possa giungere a contemplare il Tuo Volto glorioso. Nella mia presente necessità accetta l'ardente desiderio del mio cuore accordandomi la grazia che Ti chiedo. Così sia

In una delle preghiere che accompagna la medaglia del Volto Santo la Madre scrive:
"Fammi soffrire!...Gesù ti supplico. Soffrir per amore Tuo, dolce desio! Al legno della Croce, Tua dolce mani mi leghi. E immobiòe vi resti, fino all'amplesso in Ciel. Soffrir!...Serena in viso, mirando il Volto Santo. Nell'oppression del cuore addolorato. Nessun cuor s'inclini e odi il grido mio. Solo Tu, o mio Gesù adorato. Soffrir per consumar nella divin fiamma. Tutto quanto d'impuro, di meno retto e bello. Agli occhi tuoi dolcissimi fa ombra. E impediscono allo spirito il volo dell'amore. Soffrir...Pianger sommessa, piegata sul Tuo Cuore. Quando l'angoscia e forte e ardua la lotta invade. Per bere alla sorgente del Tuo petto, la forza. Che eleva l'anima e porta completa vittoria. Soffrir, per far invidia ai santi abitatori. per render gelosi gli stessi serafini, portando la corona di spine. Che tu stesso hai portato, o Martire Divino".
view post Posted: 4/3/2014, 09:33     +21Super PFfone delle medaglie devozionali di metaldetector per tutti - Medagliette devozionali e crocefissi
Questa idea mi è venuta per aver sempre sotto mano tutte le cose più importanti scritte e postate nella sezione delle medagliette.
pensando di fare una cosa gradita ho pensato di estendere il mio lavoretto a tutti voi appassionati di medagliette devozionali.
Ho unito in un unico pdf le discussioni più importanti, in parte tagliando e modificando, aggiungendo e inserendo.
Chiedo umilmente scusa a tutti perchè ho tolto alcuni commenti, nik e altro, solo per rendere più scorrevole e pratico il tutto.
Spero possiate apprezzare.
e....se altro verrà detto e scritto, potrà un giorno essere aggiunto e così ampliato.
Grazie a chi ha scritto, ricercato e approfondito in tutto questo tempo, grazie anche a chi mi ha aiutato.

questo il dell'ultima versione del PDF del 30.09.2015:
https://drive.google.com/open?id=0B6dkF4p0...TGZ2M2FNRFVvNFE

Edited by DttorJones - 30/9/2015, 16:12
view post Posted: 2/1/2014, 14:09     +1Bottone Republique Francaise - Militaria & dintorni
Ciao a tutti,
vi posto le immagini di un bottone, chiaramente francese, ma del quale non ne avevo mai visto uno simile,
oltre all'epigrafe "REPUBLIQUE FRANCAISE" c'è il berretto fregio tra 2 pistole incrociate.
A che periodo della Repubblica appartiene ?
A quale guerra ?
a quale corpo ?

Grazie infinite e Buon Anno a Tutti
view post Posted: 30/8/2012, 15:28     +5il tappo dei colori di Giotto ? - Cosa è???
Salve a tutti, oggi vi pongo un quesito artistico !
ho trovato in un normale campo di campagna questo tappino, circa 11 mm a forma ottagonale, che dovrebbe essere un tappo dei colori a tubetto tipo tempera.
Sopra c'è l'immagine di un Giglio.
Non ho ricordi del mio passato di colori con tappo in metallo.... avete idea di che periodo possa essere ?
Sarà mica dei colori di Giotto !!

Comunque Grazie
7 replies since 11/6/2012