Metal Detector per tutti

NELLA STEPPA CON LA MONTAGNA NEL CUORE DATABASE N°1

« Older   Newer »
  Share  
icon13  view post Posted on 6/3/2015, 00:07     +3   +1   -1
Avatar

White's M6 + Detech Sef 12x10

Group:
Member
Posts:
3,627
Reputation:
+236
Location:
Campagna Pisana - Toscana

Status:


DATABASE DEL FORUM



Dopo un periodo di latitanza da questa stanza è mia intenzione ripresentarmi sul forum con la promessa fatta a suo tempo inerente la presentazione del completo affardellamento di un soldato italiano durante la WWII. La mia latitanza è stata imposta dalla dedizione rivolta all'acquisto dell'oggettistica ancora mancante per il completamento del manichino, che è stata di non facile recezione e di particolare rarità come la borsa tattica per truppe alpine modello 1939. La scelta di rappresentare in collezione, attraverso il corpo degli alpini, il soldato italiano è scaturita dall'iniziale entrata in possesso da parte di mio figlio della divisa e di alcuni oggetti personali, ruspanti e nostrani, appartenuti ad un sergente reduce dal fronte Russo. In questo caso il completamento è stato doveroso perché oltre al mero interesse collezionistico, è stato sinonimo di vera rappresentazione della storia nostrana, dell'esaltazione delle epiche gesta e della rievocazione toccante e commovente dell'umana determinazione di volersi rendere e sentire liberi anche quando il fato divenne tragicamente avverso.
La campagna in terra di Russia rappresentò per il soldato italiano una vera e propria tragedia che toccò l'apice del nefasto epilogo principalmente nelle file del corpo di spedizione alpino durante la drammatica ritirata del gennaio 1943. Benché considerato come truppa elitaria, l'equipaggiamento del soldato alpino in terra di Russia risultò essere totalmente inadeguato alle esigenze dell'ostile ed inclemente clima dell'inverno russo, rimarcando inequivocabilmente una totale, disastrosa ed incompetente sottovalutazione e una scellerata leggerezza politica e militare nel programmare ed affrontare un cosi impegnativo evento.

UN PO' DI STORIA.

Il nostro sergente era inquadrato nel 3° battaglione Edolo del 5° reggimento della 2^ Divisione Alpina Tridentina e la corretta mostreggiatura della sua giacca nonché la nappina colore verde presente sul cappello e il numero 5 nel centro del fregio ne sono la tangibile prova. Ad inizio guerra, nel 1939 il battaglione Edolo fu impiegato nelle operazioni del fronte occidentale ed in seguito, ne1 1940, fu inviato in Grecia dove per i combattimenti sostenuti al Ponte di Perati gli fu conferita la medaglia d'oro al valore militare. Nel 1942 assieme ai confratelli 1° battaglione Morbegno (nappina bianca) e 2° battaglione Tirano (nappina rossa), componenti anch'essi del 5° reggimento della Brigata Tridentina, venne trasferito sul fronte Russo e impiegato nella difesa della città di Bossowka. I tragici eventi del gennaio 1943 colsero il battaglione attestato sul fiume Don, come ultimo baluardo di copertura della disastrosa ritirata dell'intera Armata Italiana in Russia (ARM.I.R). Il caos e lo scompiglio creatosi negli alti comandi provocarono un deleterio e voluto ritardo dell'ordine di ripiegamento dell'intero corpo alpino di oltre 15 giorni (l'ordine fu comunicato il 17 gennaio quando lo sfondamento delle linee italiane era già in corso dai primi dello stesso mese) durante i quali i reparti Russi, dopo aver devastato le retrovie italiane, spingendosi molto in profondità stavano completando l'accerchiamento e la chiusura in una sacca del contingente nemico ancora in linea sul Don. Le tre Divisioni alpine Jiulia, Tridentina, Cuneense, le divisioni di fanteria Sforzesca e Vicenza, l'armata Rumena, l'armata Ungherese e alcune unità de XXXIV Corpo Tedesco si trovarono nelle precarie condizioni di affrontare un'estenuante ritirata di oltre 300 chilometri, prive di ogni supporto logistico, senza adeguati mezzi di trasporto e in condizioni climatiche proibitive (neve alta e temperature tra i - 35° e i - 42°) che per 14 drammatici interminabili giorni (dalle ore 4,00 antimeridiane del giorno 17 fino al pomeriggio del 31 gennaio) divenne una vera e propria convulsa catastrofica rotta di uomini mezzi ed animali.



Migliaia di feriti, di congelati, di sbandati e di superstiti di reparti distrutti, abbandonata ormai qualsiasi potenzialità offensiva si addensarono in interminabili colonne con alla testa gli uomini, ancora efficientemente operativi dei reggimenti delle Divisioni alpine. Bassezze umane, disperazione, atti ignobili segnarono il calvario dei più, ma non degli alpini che anche nel triste epilogo seppero mantenere alto il senso del dovere e dell'onore che fanno parte intrinseca del loro spirito di corpo. La ferrea volontà di tornare a “Baita” fu di sprone a molti e nel tragico destino, per il raggiungimento dell'intento, TUTTI, Generali e soldati, combattendo gomito a gomito, al prezzo di sanguinose perdite e superando ostacoli immani, seppero conquistare e donare l'agognata libertà a molti. La battaglia di Nikolajevka del 26 gennaio 1943, ultimo sanguinoso scontro della sacca, vide come protagonisti principali gli uomini della Tridentina in particolare dei battaglioni Edolo (giunto in linea già stremato dal combattimento poco prima sostenuto nel villaggio di Arnautovo) e Vestone (6° reggimento alpini) che a prezzo di inaudite perdite riuscirono ad aprire la strada verso la salvezza per se stessi e per il carnaio umano che li seguiva.

(Il Generale Reverberi (primo a destra), il Colonnello Signorini al centro (morirà d'infarto alla fine della sacca nel sapere le tragiche perdite subite da 6° reggimento del quale era il comandante) il Tenente Baietti e il Tenente Colonnello Chierici a rapporto prima dello scontro finale di Nikolajevka)



Il fulgido esempio di coraggio e sprezzo del pericolo dei singoli, forgiarono collettivamente l'assegnazione della seconda medaglia d'oro al 5° reggimento alpini che fu concessa in data postuma e con cerimonia solenne il 9 giugno 1948. Alla fine dell'epica e tragica ritirata l'organico delle Divisioni Alpine ebbe una drammatica riduzione e dei 57000 alpini partiti per la Russia solo in 11000 ne fecero ritorno.
Ed è per consacrare queste gesta e rendere il giusto merito al ricordo di chi là è rimasto, tramandato dai vari reduci Rigoni, Bedeschi, Corradi, Revelli ed altri e per avere sempre presente dinanzi agli occhi ciò che è stato un ALPINO in Russia ci siamo avventurati nella non semplice ricostruzione del manichino.
Sperando di suscitare anche in voi il giusto interesse, questo è ciò che siamo riusciti a realizzare.

IL MANICHINO.









ANALISI DEI COMPONENTI DEL MANICHINO.

LA DIVISA.

La giacca
All'entrata in guerra, con circolare ministeriale n° 44330 del 5 giugno del 1940, fu prevista per il soldato italiano l'adozione di una uniforme più consona al belligerante periodo. La dicitura della circolare sanciva Uniforme di guerra di adeguamento all'uniforme di pace a quella di guerra. e l'uniforme prese il nome di Giubba di panno grigioverde per truppa mod.1940. Le giacche modello 1940 non furono delle vere e proprie uniformi innovative, ma semplicemente una modifica del modello precedente (1937) che per le nuove esigenze belliche prevedeva la sostituzione dei colletti in panno nero con quelli in tessuto di lana grigio verde e il formato ridotto della mostreggiatura e dei distintivi di grado per sottufficiali e graduati di truppa.
Contemporaneamente alle nuove uniformi, per esaurire le scorte di magazzino, furono continuate ad adottare anche le giacche modello 1937 sia per i sottufficiali che per la truppa. A tal proposito assieme ai modelli standard, si riscontrano delle ibridazioni di giacche che presentano caratteristiche di entrambe le tipologie. Questo avveniva soprattutto fra quelle dei sottufficiali, che per rendere le vecchie divise consone al nuovo regolamento provvedevano tramite opifici privati, a farvi apportare le opportune modifiche. La giacca di questa discussione fa parte di una di quest'ultime ed è di originale modifica. Il colletto è stato regolarmente sostituito come tutta la bottoneria. Insegne di grado e mostrine sono del tipo ridotto. Le spalline sono state riportate e cucite in maniera non prettamente regolamentare. I laccetti di sospensione del cinturino sono stati volutamente eliminati ed il cinturino stesso è stato soppresso. Dell'originale modello 1937 conserva i risvolti a punta delle maniche, la fodera interna in tela di cotone grigio comprensiva delle due tasche (grande per il libretto di arruolamento o altri effetti personali, piccola per il pacchetto di medicazione) e le patte delle tasche ad ala di pipistrello. Sul retro la classica catana è stata soppressa.

La giacca nelle tre viste: avanti, retro ed interna.







Il risvolto sulle maniche e sulle tasche.







Il colletto e le spalline riportate.





Mostreggiatura ed insegna di grado ridotti.





Il nastrino delle campagne e le medaglie.
Posizionato sulla parte superiore del taschino sinistro trova locazione il nastrino delle campagne. E' formato dall'insieme dei nastrini delle medaglie concesse per i meriti di guerra e per la partecipazione ai vari teatri operativi. Analizzando il nastrino il nostro uomo è stato fregiato della croce per merito di guerra (nastrino a strisce bianche e blu) ed ha partecipato a due anni della guerra 1943 - 45 (nastrino a strisce verdi e rosse con due stellette) nel teatro operativo Russo 1942 - 43 (nastrino bianco e nero).



Croce al merito di guerra.





Medaglia della guerra 1943 - 1945.





Croce di ghiaccio del fronte Russo. (medaglia originale recuperata di scavo)





I pantaloni.
Con la circolare ministeriale n° 791 del 9 ottobre 1935 venne sancita l'adozione di un nuovo tipo di pantaloni per la truppa. Il nuovo modello venne denominato Pantalone di panno grigioverde per armi a piedi modello 1935. Il modello è confezionato con il tipico panno in grigioverde previsto per il vestiario da truppa ed è alto 1,30 mt. Si compone di due gambali a taglio ampio che arrivano sotto il ginocchio e che terminano con due gambaletti riportati, muniti di due fettucce di cotone colore grigioverde, della lunghezza di cm 40, atte a fermare il gambale al polpaccio. Per gli ufficiali erano previsti i classici pantaloni a sbuffo alla cavallerizza in panno di gabardina. L'utilizzo di questa ultima tipologia era concesso anche ai sottufficiali ma in panno grigioverde da truppa. Sovente questi ultimi vengono riconosciuti come un modello 1940 di derivazione dal modello 1935 da cavalleria. La diversità fra i due modelli citati consiste nella privazione dei rinforzi interni al gambale e nella riduzione della misura del gambaletto per quelli delle truppe a piedi. La realizzazione era generalmente affidata ad opifici privati che provvedevano a farli su misura del committente apportando le eventuali modifiche richieste. Nel caso dei pantaloni della discussione il nostro sergente si è mantenuto ligio alle caratteristiche imposte dal regolamento facendo rispettare l'obliquità delle tasche sui fianchi, ma nella parte posteriore ha fatto aggiungere una seconda tasca e ha richiesto l'aggiunta di un costurino superiore su entrambe. I bottoni sono consoni al modello regolamentare. I gambaletti raccorciati nella lunghezza mantengono le due fettucce in cotone grigioverde con misura a norma (40 cm), per l'allaccio del gambale al polpaccio.











Il cappello.
La circolare n°196 del 20 maggio 1910 firmata dal Ministro Spingardi sancisce l'adozione per le truppe alpine di un nuovo modello di cappello in feltro grigioverde. Il modello per truppa e sottufficiali è di pelo di coniglio colorato in grigioverde, con la calotta ornata intorno alla base da una striscia di cuoio grigioverde e presenta la tesa anteriore (trapuntata da cuciture concentriche) abbassata e quella posteriore rialzata, caratteristica comune anche nei cappelli degli uffficiali. Sul lato sinistro è posizionata la classica penna di distinzione del corpo che è inserita in una nappina di lana con il colore del battaglione. La penna è di lunghezza dai 25 ai 30 cm, leggermente inclinata all'indietro ed è nera (corvo) per la truppa, marrone (aquila) per i sottufficiali e bianca (oca) per gli ufficiali e i Generali. La nappina è formata da un dischetto ovoidale ricoperto di lana nel quale viene inserita la penna. Per la truppa, i graduati e i sottufficiali inferiori (sergente e sergente maggiore) il dischetto ovoidale è di legno. L'interno della calotta è foderato in tela di cotone nera con bordo di fine pelle nera. Nel 1912 fu adottato il fregio di canottiglia nera per la truppa (dorato per gli ufficiali) che è rimasto in uso fino ad oggi, composto da un'aquila con le ali spiegate al di sopra di una cornetta, con il numero del reggimento nel tondino centrale, posta davanti a due fucili incrociati. Da tale periodo la forma del cappello rimane caratteristicamente invariata e diventa un simbolo di appartenenza e un motivo di orgoglio per tutti gli alpini. Il cappello della discussione rispecchia le caratteristiche riguardanti il grado di appartenenza sopra citate, ma è stato fatto oggetto di una riduzione vezzosa della tesa anteriore e dell'applicazione di un bordino di cotone grigio lungo tutto il suo profilo. Il colore verde della nappina è consono al 3° battaglione di appartenenza, (l'Edolo) del 5° reggimento alpini della 2^ Brigata Tridentina. La spilletta rappresenta il distintivo di battaglione durante il periodo bellico.











Il maglione a collo alto.
Durante il primo conflitto mondiale e fino agli anni 30, furono adottati dalle forze armate Italiane dei farsetti (maglioni) in lana bianca da portare sotto le giacche a collo alto delle divise. Con circolare n°325 del 30 giugno 1932 il farsetto di lana bianca fu sostituito con uno di disegno più moderno realizzato in lana grigia e denominato Farsetto di lana grigia per truppa. Il maglione era realizzato con un misto di lana, per il 75% nera e per il restante 25% bianca. Il 24 giugno 1936 con circolare n° 496, vi fù un'ulteriore modifica nella composizione del tessuto che prevedeva l'utilizzo del 70% di lana croisée ed il restante 30% formato da cotone o fiocco di rayon. Questo nuova versione prese il nome di Corpetto a maglia di lana e cotone o rayon, color grigioverde per truppa.. Con quest'ultimo modello, salvo qualche piccola modifica apportata nel 1940, il soldato italiano affrontò anche il secondo conflitto mondiale. Il maglione di modello classico riportava nella parte anteriore uno sparato di 14cm che partiva dall'incollatura verso il petto ed era provvisto di due bottoni. Furono adottate comunque altre versioni, senza intaglio con scollatura tonda tipo pullover e a collo alto rovesciato. In quest'ultima versione nelle prime produzioni era prevista una cerniera per facilitare il passaggio della testa che nel 1940 fu abolita. Il nostro maglione fa capo ad una delle produzioni realizzate prima della modifica del 1940.







Le fasce mollettiere.
Con circolare n°13 del 3 gennaio 1929 le fasce molliettere che avevano equipaggiato il soldato italiano durante il primo conflitto mondiale vennero abolite e sostituite con un nuovo modello denominato Fasce gambiere modello 1928. Le nuove fasce avevano una forma a spirale con la parte centrale più larga e curva per adattarsi alla forma del polpaccio. La lunghezza totale era di 1,95 mt e la larghezza variava dai 6,5 cm dell'estemità ai 9 cm della parte curva. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, anche se ormai anacronistica per il periodo, questo tipo di protezione continuò ad essere adottata dalle truppe a piedi dell'esercito Italiano per tutta la durata del nuovo conflitto.
Anche le truppe alpine non furono indenni da tale deleteria adozione che si rilevò inadeguatamente disastrosa soprattutto sul fronte Russo nell'inverno 1942 - 43.







Gli scarponi.
A seguito della circolare n°398 del 30 giugno 1929 l'alpino italiano fu equipaggiato con un nuovo modello di calzatura chiodata riconosciuta come Scarpone per truppe da montagna modello 1929. Nel 1940, all'entrata in guerra, gli alpini disponevano ancora di questo modello di calzatura che praticamente li accompagnò per tutta la durata del conflitto. Di buona e robusta fattura si dimostrò un' ottima calzatura atta alle esigenze dei terreni impervi e sassosi della montagna. Risultò invece non molto adatto alle estenuanti marce di spostamento nella piatta e fangosa steppa Russa soprattutto quando il terreno per il rigidissimo clima, divenne una desolante lastra di ghiaccio e neve. La pesante chiodatura che costituiva la grande caratteristica di questo modello risultò controproducente e provocò insieme alla non ignifughità del cuoio disastrosi e gravi congelamenti. La costruzione regolamentare dello scarpone prevedeva l'adozione di cuoio di buon spessore che era cucito a mano (fra tomaia e suola) e a macchina (fra tomaia e gambetti). Nella parte anteriore della punta era previsto un rinforzo in cuoio applicato con cucitura a macchina sulla tomaia e a mano fra tomaia e suola. Gli occhielli per il passaggio delle stringhe di allaccio erano in regolamentare numero di 8 per gambetto ed erano realizzati in ottone verniciato di nero. Anche per il tallone era previsto il rinforzo che era cucito a mano ai gambetti. Il listino posteriore del rinforzo negli ultimi 10 cm era cucito ripiegato in modo da formare un passante di 5 cm di apertura atto a facilitare, tramite il tiraggio con un dito della mano, l'entrata del piede nello scarpone stesso. La suola, asse portante della calzatura, era di grande spessore (1,5 cm) e la pesante chiodatura era composta da chiodi a T come rinforzo della bordatuta esterna e da chiodi a cuspide nella parte centrale del plantare. Il numero dei chiodi a T era soggetto a variazione e dipendeva dal numero della taglia dello scarpone, il numero stanadard era di 25 per la suola e 16 per il tacco. I chiodi erano ribaditi esternamente sul bordo in modo da non danneggiare le cucitture della suola e della tomaia. Questo tipo di scarpone era in dotazione ai soldati, ai graduati di truppa e ai sottufficali inferiori (sergenti e sergenti maggiori), ma a quest'ultimi era permesso di fare uso anche di scarponi provenienti da opifici civili. In genere queste produzioni si ispiravano a modelli regolamentari di scarponi da sci che avevano la tomaia costruita in un solo pezzo, senza cuciture e senza rinforzi, che garantiva una migliore tenuta ignifuga. La chiodatura obbligatoria era del tipo pesante e rispecchiava il regolamentare canone della disposizione dei chiodi. Gli scarponi della discussione sono di questa ultima tipologia e presentano le caratteristiche sopra descritte.














GLI EFFETTI PERSONALI MILITARI.

Il piastrino di riconoscimento.
L'8 settembre 1932, con circolare n°476, fu sancita l'abolizione del vecchio piastrino di riconoscimento modello1916 e fu adottato in sostituzione un nuovo modello denominato Medaglioncino di riconoscimento modello 1932. Il nuovo tipo di piastrino era comune per tutti gli arruolati dell'esercito (truppa, sottufficiali e ufficiali superiori) ed era realizzato in lamierina di packfong (lega a base di rame) a basso tenore di nikelio (5 – 6 %). Le piastrine erano ricavate da un'unica lastra di metallo che ripiegata su se stessa dava la possibiltà di avere la duplicazione dei dati del soldato. Le due parti erano tenute serrate da un bordino ripiegato ottenuto dal prolungamento di una delle due. Al momento dell'eventuale decesso del possessore le due parti venivano distaccate mediante troncatura e mentre una era recapitata all'ufficio dell'intendenza militare per la registrazione, l'altra veniva posizionata sul corpo del milite deceduto. Purtroppo la fragilità e la troppo sensibilità all'ossidazione del materiale usato ha creato non pochi ignoti fra i deceduti italiani in zona di operazioni. Nel piastrino, attraverso le macchine punzonatrici, erano trascritti i dati matricolari del soldato quali: la classe di leva, il numero di matricola, il numero di riferimento del distretto di arruolamento, la religione, il cognome, il nome, la paternità, la maternità, ed infine il comune di residenza.
Il piastrino era tenuto al collo dal soldato, tramite una catenella a maglie saldate che era dotata di una caratteristica “susta di chiusura” che permetteva una facile chiusura e ne rendeva impossibile l'apertura accidentale. La catenina veniva passata da un' anellino posto sul piastrino stesso. Anellino e catenina erano realizzati con lo stesso materiale packfong del piastrino.

Il piastrino modello 1916.



Il piastrino modello 1932.





I libretti, personale di arruolamento e di tiro con le armi.
Al momento del reclutamento di leva per ogni soldato veniva compilato il libretto personale di arruolamento. Nel libretto erano riportate le generalità del soldato e il reparto al quale era stato assegnato. Oltre ai dati anagrafici, cognome, nome, data di nascita, paternità, maternità, domicilio, religione, distretto di arruolamento e attività civile, erano riportati anche i dati somatitci, fisici e le vaccinazioni effettuate. Sul libretto, al momento della consegna, venivano trascritti anche gli oggetti dell'equipaggiamento individuale consegnati (fucile, baionetta, buffetteria ecc) e gli indumenti del corredo (divisa, biancheria intima e dell'igiene) dei quali per ogni capo era riportata anche la durata d'uso quantificata in mesi. Sotto la voce “ RICORDI DEL SOLDATO”, parte del libretto era dedicata al vademecum delle norme del dovere, del comportamento e della cura personale che il soldato era tenuto a rispettare. Il soldato doveva portare sempre con se il proprio libretto personale che poteva essergli ritirato solamente e in maniera momentanea, per ottemperare a nuove trascrizioni. Il libretto veniva trasportato nella tasca più grande all'interno della giubba della divisa.
Assieme al libretto di arruolamento veniva consegnato al militare il libretto di tiro. Sul libretto oltre al cognome e nome del titolare era riportato il reparto di appartenenza e i dati inerenti l'arma in dotazione (tipo di arma, matricola, anno e luogo di fabbrica della stessa). All'interno del libretto erano annotate le prove di tiro sostenute, il punteggio ottenuto e la classificazione del tiratore. Il libretto era comprensivo anche di un' accurata spiegazione dell'arma, della sua manutenzione e del corretto comportamento del militare in presenza di fuoco nemico. Anche questo libretto come quello di arruolamento doveva sempre seguire gli spostamenti del soldato.

Libretti personali di un soldato del 39 Rgt della Divisione di fanteria Bologna.

















La fiaschetta tascabile del “cordiale.”
Come già detto sopra, all'interno delle giacche della divisa, oltre alla tasca per il trasporto del libretto di arruolamento, ve ne era un'altra più piccola per il trasporto del pacchetto individuale di medicazione. Non di rado però, soprattutto nelle truppe alpine, questo ripostiglio veniva utilizzato per trasportare la fiaschetta del cordiale. Di sicura acquisizione da spaccio militare la fiaschetta in nostro possesso è regolarmente marchiata come appartenente al Regio Esercito Italiano (R.E.I), é realizzata in alluminio e conteneva cognac.
Oggetto molto apprezzato in particolari climi rigidi sicuramente faceva parte anche delle dotazioni individuali dei soldati impegnati sul fronte Russo.





Per continuare la discussione cliccare qui:

DATABASE 2

https://metaldetector.forumfree.it/?t=70438390
 
Top
0 replies since 6/3/2015, 00:07   1756 views
  Share