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NELLA STEPPA CON LA MONTAGNA NEL CUORE. DATABASE N°2

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view post Posted on 5/3/2015, 23:58     +2   +1   -1
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White's M6 + Detech Sef 12x10

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PARTE N°2

L' EQUIPAGGIAMENTO.

Lo zaino modello 1939.
Nel 1939 con l'evolversi del secondo conflitto mondiale, nel Regio Esercito Italiano fu intrapresa una serie di modifiche nella dotazione del soldato inerenti buffetteria ed equipaggiameno. I primi reparti interessati a tali modifiche furono proprio le truppe da montagna che con circolare n°393 del 24 maggio 1939 videro la sostituzione del vetusto sacco alpino modello 1929 con il nuovo modello, realizzato in tela olona cioè canapa impermeabilizzata, denominato Sacco per truppe alpine modello 1939.. Di più notevole capacità rispetto al precedente modello 1929, lo zaino modello 1939 mantiene tuttavia alcune carattestiche del suo predecessore. La gavetta è ancora fissata con due cinghie in nastro di canapa applicate a crociera sotto la patta di chiusura dello zaino e all'interno della stessa è mantenuta l'etichetta di tela bianca per la trascrizione dei dati del proprietario quali nome, cognome, matricola e reparto di appartenenza. Internamente lo zaino è diviso da una tramezza che è cucita sui fianchi e sul fondo in modo da creare una catana centrale e due tasconi laterali. La chiusura dello zaino è garantita da una funicella che scorre in 16 occhielli di alluminio e la chiusura della patta superiore da due cinghie di canapa e da due fibbiette di alluminio verniciate in grigioverde. Esternamente, sui fianchi e nelle parti superiore ed inferiore, sono cucite delle cinghie di tela di canapa che servono per affardellare gli accessori dell'equipaggiamento.
Gli spallacci sono realizzati con robusta tela di canapa in doppia cucitura e sono forniti di riscontri in cuoio colore grigioverde completi di fibbie di regolazione e di moschettoni per lo sgancio rapido dello zaino. Gli spallacci sono fissati alla zaino con un rinforzo centrale di cuoio munito di un rondellone di ferro dove gli stessi sono cuciti. Anteriormente, sotto gli occhielli di alluminio della chiusura, sono posizionati tre anelli a D e sotto ad essi due doppie fibbiette metalliche per l'aggancio ed il fermo della borsa tattica.























Il contenuto dello zaino.
La grande capienza del sacco/zaino modello 1939 permetteva un' agevole trasporto dei capi di vestiario e della dotazione personale del soldato. Sotto la patta di chiusura, fermata dalle cinghie a crociera, era alloggiata la gavetta di alluminio modello 1930 per truppe alpine di capienza doppia rispetto alle normali da truppa a piedi. Dentro la gavetta erano riposte la tazza di alluminio (gavettino) modello 1930 e le posate di alluminio (cucchiaio e forchetta) marchiate sull'estremità del manico da un piccolo stemma di stato e dalle lettere R.E (Regio Esercito). Ripiegato dentro lo zaino, era riposto il cappotto per armi a piedi modello 1937 (la dotazione invernale dell'alpino non prevedeva tale indumento, ma in esigenze di clima particolarmente rigido quale quello russo, anche le truppe da montagna ne furono equipaggiate) e sotto di esso per l'approvvigionamento idrico trovava locazione il secchio ripiegabile di robusta tela di canapa. Nei due tasconi formati dalla tramezza erano inseriti gli scarponcelli di ricambio con chiodatura leggera modello 1932 (ai sottufficiali era concesso anche l'utilizzo di scarponcelli di provenienza da opifici civili purchè completi di chiodatura. Gli scarponcelli presentati nella discussione sono di questa fattura e rispecchiano le caratteristiche sopra citate. La chiodatura è una via di mezzo fra quella pesante e quella leggera ed il tacco lungo il suo bordo è salvaguardato da una chiodatura con chiodi a T). Nella catana della tramezza erano riposti la biancheria intima, i calzettoni di lana pesante, il passamontagna, i guanti e gli indumenti di ricambio (camicia di lana, farsetto di lana colore grigioverde di tipo standard e cravatta in lana grigioverde). Nella due piccole tasche presenti nella catana era inserito il necessario per la pulizia delle calzature quali spazzole e scatolette di vernice.













































La borsa tattica modello 1939.
A seguito della nuova disposizione del 1939 per le truppe alpine, come accessorio supplementare da attaccarsi esternamente allo zaino, fu prevista una borsa tattica denominata Borsa tattica per truppe alpine modello 1939. La borsa, come lo zaino, è realizzata in tela olona ed è composta da una tracolla, due cintolini in cuoio grigioverde e due fibbiette di chiusura nella parte anteriore e da tre moschettoni di applicazione allo zaino e due cintolini di fermo nella parte posteriore. Il suo interno è diviso da framezze che formano tre scomparti separati. Uno intero più grande e due ricavati dividendo l'altro nella metà. Nel bordo interno del cappuccio di chiusura è presente l'etichetta di tela bianca per la trascrizione dei dati del proprietario quali nome cognome, matricola e reparto di appartenenza. La borsa, molto versatile, poteva essere utilizzata in tre diverse maniere; applicata allo zaino che era la caratteristica per cui era nata, oppure come piccolo zainetto utilizzando come spallacci la tracolla divisa a metà oppure come vero e proprio tascapane utilizzando la tracolla nella sua intera lunghezza. Quando nei grandi spostamenti era applicata allo zaino, al suo interno erano collocati gli effetti personali per il pronto uso quotidiano, quando era utilizzata nelle altre due versioni era equipaggiata con la dotazione indispensabile per il combattimento (Gavetta, posate, munizioni, un pò di biancheria di ricambio e gli effetti essenziali dell'igiene).















Il contenuto della borsa tattica.
Come già specificato la borsa tattica era divisa in tre scomparti. Durante l'utilizzo affardellata allo zaino modello 1939 nel suo interno, durante le lunghe marce di spostamento, erano collocati gli effetti personali di pronto uso quotidiano. Nello scomparto più grande trovavano posto gli indumenti di ricambio (camicia, biancheria intima e asciugamani) indispensabili per la pulizia personale nelle soste in accampamento. Nei due scomparti più piccoli erano collocati gli oggetti, regolamentari o di acquisizione civile, che servivano a svolgere le normali operazioni giornaliere della vita quotidiana e di manutenzione dell'attrezzatura.
Nella nostra ricostruzione è rappresentata l'oggettistica che attualmente siamo riusciti a recuperare che però non è ancora totalmente esaustiva in quanto ancora da completare, comprensiva del set da cucito contenente anche il particolare pettine a denti fitti antipidocchi, di alcuni pacchetti di medicazione modello 1931, di un fornelletto da campo di acquisizione civile, di un' apriscatole, di un rasoio, del sacchetto di cotone per la conservazione delle gallette o altri generi alimentari e del set per la pulizia del fucile modello 1891/41.



























Le giberne cartucciera, il cinturone e l'attrezzo individuale.
A seguito dell'adozione del nuovo fucile modello 1891, nel 1907 la già esistente buffetteria modello 1891 inerente il trasporto individuale delle munizioni fu modificata. Il nuovo modello in uso fu riconosciuto come Giberna modello 1907 per pacchetti e caricatori per fanteria di linea.
Costruite in cuoio naturale a concia grassa le giberne venivano distribuite a coppie di due per soldato ed erano collegate al cinturine di combattimento e ad una cinghia di sospensione di cuoio che fungeva da tracolla. Con questa buffetteria il fante italiano affrontò tutto il primo conflitto mondiale e solo a cavallo degli anni trenta, e più precisamente nel 1926 le giberne subirono alcune trasformazioni. Da quel periodo furono costruite con cuoio colore grigioverde conciato al cromo in modo da renderle più rigide e vennero realizzate utilizzando un'unica striscia di pelle che cucita nella metà permetteva di ottenere due contenitori con il solito pezzo eliminando così le cuciture laterali. Le dimensioni per l'alloggiamento dei pacchetti caricatori restarono inalterate mentre furono aggiunti dei rivetti di rinforzo sulle cuciture dei cintolini di chiusura e sul gancio posteriore di sospensione delle giberne. L'evoluzione dei mezzi meccanici di trasporto permise in caso di conflitto, una più rapida possibilità di approvigionamento delle attrezzature di supporto e soprattutto delle munizioni dando così la possibilità di alleggerire il carico del fante riducendo a due le quattro giberne previste nella prima guerra mondiale. Il numero della cartucce fu improntato sui quarantotto colpi distribuiti in otto caricatori da sei cartucce ciascuno. Comunque in caso di terreni particolarmente impervi dove i mezzi meccanici stentavano ad arrivare al soldato eano distribuiti ulteriori nove caricatori alloggiati in tre pacchetti di cartone contenenti tre pezzi ciascuno riposti negli zaini o nelle borse tattiche. In caso di prolungato combattimento tale aggiunta restituiva al fante la vecchia autonomia di colpi (102 cartucce) della grande guerra. Con circolare n°431 del 27 maggio 1936 per sostenere le giberne fu deciso di adottare una cinghia tracolla denominata Cinghia reggi-giberna di cuoio grigioverde modello 1936. La nuova cinghia era simile al vetusto modello 1907 ma differiva da quest'ultimo per essere più corta passando da 1765 mm a 1166 mm. Contemporaneamente durante la seconda guerra mondiale, per esaurire le vechie scorte di magazzino, assieme al nuovo modello furono adottate anche le vetuste cinghie aggiuntandole a coppie, dalla parte non a punta, cucendole in sovrapposizione una sull'altra di 50 mm e scorciandole di 42 mm. Con circolare 681 del 1926 anche il cinturino denominato Fascia di cuoio grigio per cinturini modello 1891. subì una modifica. Sul lato opposto del piccolo riscontro ricucito furono praticati dieci fori per poter agganciare la nuova fibbia di chiusura comprensiva di due ardiglioni. La nuove fibbie riconosciute come Fibbia modificata modello 1926 prevedevano la soppressione della parte sporgente piegata ad L delle vecchie fibbie e l'applicazione di un secondo ardiglione con la punta rivolta verso l'interno che doveva servire per l'attacco alla fascia di cinturino.
Con la nuova riforma a cavallo degli anni 20/30 e più precisamente con la circolare n° 721 del 10 novembre 1927, nell' equipaggiamento individuale del soldato italiano, fu sancita l'adozione di attrezzi leggeri per zappatori. L'attrezzo specifico per ogni corpo di appartenenza (fanteria, genio, truppe da montagna) doveva essere portato in un apposita borsa da applicarsi al cinturino denominata Borsa modello 1927 porta attrezzi leggeri da zappatori e sciabola baionetta modello 1891. La baionetta era inserita in una doppia taschina cucita e rivettata sulla parte centrale della tasca porta attrezzo. L'attrezzo individuale delle truppe alpine era il piccozzino/piccone meglio conosciuto come gravinetta.

















La borraccia.
Con circolare n°250 dell'11 maggio 1933 nell'esercito italiano venne adottato un nuovo modello di borraccia unificato per armi a piedi e armi a cavallo. Il nuovo modello 1933 andava a sostituire il precedente modello 1930 e pur conservandone alcune caratteristiche differiva da quest'ultimo per alcune modifiche strutturali. Per la realizzazione continuò ad essere adoperato l' alluminio che nella parte anteriore della borraccia, sulla superficie convessa, fu reso più robusto da quattro nervature longitudinali in rilevo che garantivano una maggiore tenuta da urti e compressioni. Il fondo della borraccia fu reso piatto in modo da garantire durante l' appoggio, una stabile posizione verticale. Tutti gli altri elementi, ovvero il collo, il tappo, lo zipolo e il rivestimento di feltro grigioverde rimasero invariati rispetto al vetusto modello 1930. Il sistema di trasporto subì una modifica passando dalla posizione in vita appesa al cinturino, alla posizione a tracolla usufruendo di una cinghia in nastro di cotone di 2 cm di larghezza e 150 cm di lunghezza provvista di una fibbietta in alluminio per la regolazione. Nel 1935, a soli due anni dall'entrata in servizio la borraccia modello 1933 subì delle nuove piccole modifiche innovative. Lo spessore, visto che nel trasporto a tracolla poteva essere di irrilevante intralcio, subì un buon incremento rendendo la borraccia notevolmente più robusta. La cinghia di trasporto venne applicata direttamente alle asole ricavate sul colletto di alluminio evitando gli occhiellini campanella di filo di ferro e il moschettone di aggancio della tracolla. Per quelle truppe che operavano in ambienti in cui non era possibile un frequente approvvigionamento idrico fu prevista una borraccia con capienza doppia (2 litri) rispetto a quella di normale dotazione. Le truppe alpine furono inserite in quest'ultima categoria e usufruirono per tutto il conflitto della sopracitata borraccia.





La maschera antigas.
A seguito delle disastrose e mortali conseguenze provocate durante il primo conflitto mondiale dall'utilizzo di gas venefici fu pregorativa nell'esercito italiano, negli anni postumi alla fine del conflitto, l'ammodernamento dei sistemi di protezione. Già nella metà degli anni venti con la realizzazione della maschera modello Penna ed in seguito, con i più qualificanti modelli 1931 e 1933, fu raggiunto nelle maschere antigas un buon grado di affidailità e di sicurezza. Ma il masssimo obbiettivo fu raggiunto nel 1935 con la realizzazione di un nuovo modello che fu sviluppato sulle nuove concezioni di impiego bellico. Il modello fu riconosciuto come Maschera antigas modello T-35 e accompagnò il soldato italiano su tutti i fronti e per tutto il secondo conflitto mondiale. Il facciale è costruito con gomma di buona qualità e di buon spessore che ricalca molto bene l'anatomia del viso ed è provvisto di due ampi oculari che permettono una buona visibilità di campo. Gli occhiali sono realizzati con doppi vetri intramezzati da un velo di plastica che ne irrobustisce le caratteristiche e preserva gli occhi da eventuali infiltrazioni dovute a scheggiature o rotture. Nella parte interna degli oculari venivano applicati ulteriori dischetti di plastica che fungevano da lenti antiappananti. Il marchio di fabbica, il modello e la taglia della maschera sono impressi nella perte sinistra del facciale. Il tubo corrugato, tipico dei modelli precedenti, fu eliminato e la cartuccia filtrante fu avvitata direttamente alla parte inferiore del facciale. Sopra al filtro un tappo forellato protegge la valvola di espirazione e permette una, anche se pur minima, possibilità di dialogo fra i soldati. Il facciale è tenuto in posizione tramite dei cinghiaggi elastici posteriori che possono essere regolati attraverso delle fibbiette in alluminio. La cartuccia filtrante è formata da un contenitore cilindrico in alluminio conico verso l'alto, composto nella sua parte interna da tre strati di sostanze assorbenti: granulato, carbone attivo e antifumo. La durata del filtro era garantita per cinque anni (seguendo le opportune regole) mentre in caso di aria contaminata la sua protezione si riduceva drasticamente a quattro cinque ore. In caso di minor tempo d' uso il filtro poteva essere riutilizzato avendo cura di chiuderlo accuratamente adoperando il tappino di gomma attaccato con una cordicella nella sua parte inferiore. Le maschere antigas prima dell'assegnazione venivano collaudate dal Servizio Chimico Militare che provvedeva a rilasciare un cartellino di attestato con il numero della maschera collauda. Il Servizio Chimico dava anche approvazione alla fabbrica costruttrice per la realizzazione di un manualetto d'uso. Per il trasporto la maschera era riposta in una borsetta cilindrica di tela olona (tessuto di canapa impermeabilizzato) fornita di tracolla e di patta di chiusura. All'interno della sacca trovano posto anche una scatolina di valvole di ricambio e una bustina di lenti antiappannanti di ricambio. Grazie alle ottime prestazioni, al poco ingombro e alla libertà dei movimenti la maschera T-35 ha avuto una longeva durata e ha continuato ad equipaggiare le dotazioni dei militari italiani fino quasi ai nostri giorni.













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DATABASE 3

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Edited by Talpaman - 6/3/2015, 00:22
 
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