La Spezia 1944Buonasera a tutti, vi voglio raccontare uno dei tanti aneddoti che hanno caratterizzato la vita e le abitudini della popolazione civile durante la seconda guerra modiale.
Siamo a La Spezia, precisamente a Campiglia nell' Agosto del 1944, ormai la guerra sta volgendo a favore degli Alleati e le incursioni di bombardieri, si intensificano giorno dopo giorno; fanno la parte del leone le cosiddette "Fortezze Volanti, B-17", (il rumore di questi quadrimotori è ben noto ai campigliesi che, durante l'inverno '43-'44, ne hanno visti e sentiti passare a decine in direzione di Cassino), i loro voli si susseguono a ritmo sempre più insistente. I paesani, durante gli allarmi aerei si rifugiano dentro ad una galleria a forma di "U", cioè con il punto di ingresso diverso dall'uscita, questo rifugio antiaereo è stato scavato nella roccia con il lavoro dei campigliesi stessi: l'ubicazione è sotto la chiesa. In quell'assolato mese di Agosto due umili paesane di Campiglia, scrivono una nobile pagina di coraggio e di abnegazione, incuranti delle conseguenze a cui sarebbero potute andare incontro...
Era suonato l'allarme quel giorno e un gruppo di persone aveva cercato rifugio in una cantina a Campiglia. Da una finestrina vedevano il cielo. Scorsero così un "bestione" provenire dall'isola Palmaria. Era un quadrimotore che, centrato dalla contraerea, prese a precipitare. Dieci paracadute si aprirono nel cielo, l'aereo andò a schiantarsi in una vicina vallata, poi si seppe che solo tre dei dieci aviatori erano giunti vivi a terra. Ma il giorno dopo
Matilde Canese ed
Enrica Sturlese, che si trovavano nei boschi a far legna, videro uscire da un cespuglio un giovane che indossava solo un paio di mutande e aveva un orologio al polso. Alzò le mani e disse: "Americano". Indicò quindi il cielo e con la mano fece il gesto di un apparecchio che precipitava. Compresero subito che si trattava di uno degli aviatori lanciatisi col paracadute. Le due donne lavoravano per conto della "Todd". Erano tempi duri, e per campare, bisognava arrangiarsi. Ma il loro compito non era che quello di procurare della legna. Detestavano i tedeschi quanto gli altri, e la loro preoccupazione fu subito quella di dare un aiuto all'americano, di evitare che cadesse in mano ai nazisti. Gli offrirono dei grappoli d'uva che il giovane assetato ed affamato, consumò avidamente. Poi lo ricoprirono con una gonna ed un grosso fazzoletto. Avevano deciso di condurlo a casa per dargli indumenti maschili e aiutarlo a nascondersi o a fuggire. Ma sopraggiunse un "collaborazionista" e prese ad inveire contro l'americano che poi fu portato via dai tedeschi. Per le due donne cominciò una terribile odissea. Queste le parole di Matilde Canese: "
Il collaborazionista, al quale però ho perdonato tutto, ci aveva minacciato di denunciarci. E così fece. Fummo interrogate da un maggiore tedesco. Ci disse che gli avevano riferito che eravamo delle donne sovversive e che avevamo cercato di aiutare un nemico. Ci disse poi che per quello che avevamo fatto c'era la fucilazione. La cosa ci sembrava tanto assurda che io e la mia amica non ci rendemmo subito conto del grave pericolo contro il quale potevamo andare. I tedeschi non scherzavano. Ci consegnarono alle SS che ci caricarono su un camion e ci condussero prima in carcere a Villa Andreino, poi a Baccano di Arcola in una villa dove c'era un comando tedesco. Chiesi ad un fascista che conoscevo, certo Vincenzino, che cosa sarebbe mai accaduto di noi". "
Non so, rispose ma potrebbe andare molto male: Kaputt".
Io e l'Enrica scoppiammo in lacrime. Non avremmo più rivisto le nostre famiglie. Il giorno dopo ci portarono davanti al comandante. Come sempre facevo dissi "buongiorno". La risposta dell'ufficiale fu "buongiorno traditori della patria". E con l'accendino fece "pum-pum". Non c'erano dubbi ci avrebbero fucilato". "Invece - continua la donna -
ci portarono a Villa Andreino. Vi rimanemmo quattordici giorni. In prigione trovammo la vecchia amica Paganini, poi morta in campo di concentramento, e le sue figlie Bice e Bianca . Le avevano arrestate perché avevano un figlio partigiano. Quando ci liberarono sembrò che fossimo uscite da un incubo"...
25 anni dopo, in una tiepida primavera spezzina, un cinquantenne ingegnere americano,
Jule G. Spach, fece visita alla Spezia, si fermò con la sua auto in un luogo vicino a Campiglia e cominciò a scrutare il cielo, il fato volle che alcuni anziani del posto, incuriositi da questo distinto signore che sembrava cercare qualcosa, provarono in qualche modo a dialogare con lui che rispose con un italiano stentato e cercando di farsi capire a gesti...Così, mimando un aeroplano in caduta dalle sua bocca uscirono poche parole ma alquanto significative
"Buummm, io aereo buuuuummm!!!"...Presi dallo stupore e dall'incredulità, i paesani trovarono subito un interprete, che poi non era altro che un giovane studioso della zona, e in pochissimi istanti il mistero di quel signore americano si risolse con grande commozione dei presenti...Jule G. Spach, militare americano precipitato con il suo bombardiere sulle alture di Campiglia e tratto in salvo da due eroiche ragazzine, riuscì a scampare alla morte durante la deportazione in Polonia, e una volta sistematosi fece ritorno in quei luoghi per conoscere di persona chi lo sottrasse, anche se per breve tempo, dalle mani dei nazisti...Vi lascio immaginare cosa fu quell'incontro con le due ormai diventate signore, incontri che si susseguirono anche negli anni successivi, a suggellare quello che diventò un legame indissolubile...
Zona approssimativa dello schianto del bombardiere alleato
e questo dovrebbe (ho fatto una piccola ricerca ma uso il condizionale per via delle poche notizie ritrovate) essere lui...Jule G. Spach