Metal Detector per tutti

Tecnica di fabbricazione devozionali .., lo sapevate che...

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view post Posted on 22/12/2011, 20:14     +39   +1   -1
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Ciao a tutti , visto che sul forum vi sono tantissimi interessati alle medagliette votive volevo riportare dal libro delle medagliette e crocifissi di: Aldo Candussio e Elena Rossi ( per chi non lo possedesse) alcuni cenni storici sulla loro fabbricazione .

Tecnica Fusoria

La tecnica fusoria del bronzo risale agli inizi del secondo millennio AC , fin dai primi tempi la grande abilita' dei fonditori ci ha lasciato una grandissima quantita' di strumenti domestici , oggetti di ornamento personale e di armi.
Per l'esecuzione di questi manufatti veniva usato il bronzo , lega Rame-stagno in percentuali variabili.
questo metallo fuso veniva colato dentro stampicon l'impronta in negativo dell'oggetto che si voleva ottenere: questo e' il procedimento piu' antico che poi aveva bisogno di una ulteriore rifinitura.
Una tecnica piu' avanzata che dava risultatipiu' precisi nella definizione dei particolari anche minuti era il procedimento di fusione a cera persa.
Per fare cio'veniva preparato il modello in negativo su un massello di metallo riproducente il dritto e il rovescio delle medaglie , dei crocifissi o di altri oggetti; dentro queste impronte veniva colata della cera fusa che, una volta raffreddata, veniva tolta dalla matrice riproducendo in positivo anche i piu' piccoli particolari .
I modellini in cera dopo aver applicato i canali di colata del metallo fuso , venivano post entro un cilindrometallico o ceramico all'interno di un'impasto di gesso di alabastro pastoso o di minutissima terra da fonderia compressa.
Dopo L'essiccazione dell'impasto, veniva riscaldato il contenitore, rovesciato per la fuoriuscita della cerae , riposizionato verticalmente, veniva colato il bronzo fuso che riempiva l'impronta in negativo lasciata dalla cera.
Dopo il raffreddamento del bronzo , venivano liberate le medaglie ,i crocifissi o gli altri oggetti dalla massa gessosa o di terra che li ricopriva .
Le medaglie piu' grandi propabilmente venivano fuse singolarmente , quelle di dimensioni piu' piccole invece venivano realizzate , per ogni colata, anche in numero di dieci o venti.
La prova di queste fusioni multiple sono riconoscibili su molte medaglie esistenti che presentano un evidente rigonfiamento nella parte inferiore dove era presente il condotto per il passaggio del bronzo fuso da una all'altra medaglia..




chi piu' ne sa ne metta..... :) :) spero sia una cosa gradita...


MEDAGLIE DEVOZIONALI & DINTORNI
Paolo Pitotto
Introduzione
L’ampia diffusione delle medaglie portative o devozionali è dovuta al desiderio, presente in ogni
epoca e in ogni civiltà, di portare sulla persona un simbolo di fede.
Si tratta di oggetti metallici di piccole dimensioni, di forma per lo più rotonda e ovalare, ma anche
ottagonale o a cuore, con figure ed iscrizioni sbalzate o incise. L’asse verticale è quasi sempre
maggiore, ma vi sono alcuni esemplari in cui è più lungo quello orizzontale. Inizialmente erano in
bronzo fuso, più raramente in rame, ottone, argento, oro, piombo, stagno e cera; in seguito sono state
coniate in vari metalli o leghe, mentre dalla fine del 1800 la maggior parte di esse risulta in alluminio.
Dotate di anellini, fori o appiccagnoli (trasversali o complanari), le medagliette devozionali venivano
appese al collo mediante catenine o nastrini oppure fermate agli indumenti tramite piccole spille; nel
primo caso rimanevano a diretto contatto con la cute e le sue secrezioni, mentre nel secondo venivano
solitamente fissate alla maglia (di lana o di cotone) indossata sotto gli abiti, per lo più dalla parte
sinistra per avere l’immagine più vicina al cuore. In molti casi la medaglietta veniva apposta al
momento della nascita o del battesimo, e per tradizione si portava fino all’età adulta, in ricordo del
donatore e in segno di devozione verso il Santo protettore; in altri casi veniva appuntata per una sorta
di “voto” verso la Madonna o un Santo cui si era chiesta una grazia.
L’origine di queste medaglie può esser fatta risalire ai dischetti in bronzo che nell’antichità si
acquistavano presso i santuari pagani, con la riproduzione del cervo della dea Artemide ad Efeso. I
cristiani adottarono come oggetto devozionale gli “enclopi” appesi al collo, trasformandone
radicalmente la rappresentazione in quanto le divinità vennero sostituite da immagini di suppellettili
cristiane: crismon, croce, colomba, pesce, ancora ecc. In seguito vennero utilizzate delle vere
medaglie paleocristiane, per lo più sotto forma di dischetti metallici (spesso con appiccagnolo
complanare), usati come tessere battesimali o placchette cimiteriali, su cui venivano illustrati episodi
della vita di Cristo, di martiri, di culto. Una delle più antiche testimonianze riguardo all’usanza delle
medaglie devozionali risale a S. Genoveffa che nel V sec. ricevette da S. Germano di Auxerre, legato
del Papa Celestino, una medaglia benedetta (nummum aerum Dei nutu allatum habentem signum
crucis). L’impiego di queste medagliette ebbe poi grande diffusione a partire dal XVI sec., soprattutto
in occasione degli anni santi e delle canonizzazioni; una seconda ondata espansiva si ebbe a metà ‘800
con la medaglia miracolosa dell’Immacolata Concezione.
Trattandosi di manufatti di produzione seriale, di piccole dimensioni e di materiale economico, non
hanno mai attirato molto l’interesse di collezionisti e studiosi. Nella loro classificazione si incontrano
spesso considerevoli difficoltà: talvolta infatti le medaglie sono anepigrafi oppure le inscrizioni sono
scarsamente leggibili e la componente iconografica non è dirimente, poichè molti degli attributi sono
comuni a più santi o beati. Ad esempio il nimbo (circonferenza attorno al capo) è stato dapprima
riservato a Dio e al figlio di Dio, e poi è stato esteso alla Madonna, in quanto madre di Dio fatto
uomo; in seguito gli artisti non hanno rispettato questa tradizione e lo hanno disegnato e inciso anche
sui santi, che invece avrebbero dovuto avere l’aureola (disco o cerchio rotondo dietro la testa)
Pertanto per una corretta schedatura di questi reperti sarebbe necessaria una approfondita e ampia
conoscenza dell’arte sacra, dei cosiddetti “santini” e degli ex voto (cfr. Prevenzione e tutela del
lavoratore – origini, prospettive e sviluppo nella cornice dei dipinti votivi, Direzione Regionale
INAIL, Torino 2000), nonché della documentazione di archivio delle chiese e dei santuari.
Secondo la tipologia, possono essere suddivise in mariane, cristologiche, relative al culto dei santi, dei
beati, dei servi di Dio e dei venerabili (dei loro patronati e delle loro attività taumaturgiche), dei
principali santuari, delle confraternite, degli anni santi giubilari e delle altre principali manifestazioni
religiose. Esistono infine una serie di gettoni utilizzati in ambito religioso come para-monete (ad es. in
chiesa per una candela o una sedia o per alimenti offerti in beneficenza); vengono poi trattate le
medaglie, utilizzate come premio, che pur non collocandosi strettamente in questo gruppo, spesso
svolgono azioni vicarie e complementari. Indipendentemente dal loro valore artistico, queste
medagliette erano il prezioso talismano di persone angosciate dallo spettro della fame, della malattia
(epidemie di peste, vaiolo, colera, scarlattina ecc.) e degli innumerevoli accidenti che rendevano
aleatoria l’esistenza (guerre, brigantaggio ecc.): costituivano insomma la forma visibile della
speranza, che per molti era l’unico scudo da opporre al destino spesso avverso.
Monsignor Loris F. Capovilla, riferendosi alle collezioni di medaglie lauretane, affermava che:
“Questo accurato lavoro di recupero e di intarsio più che alla delizia degli occhi è destinato al
nutrimento dello spirito. […] Le medaglie questo ed altro raccontano a nostra edificazione ed
incoraggiamento. Beato chi le sa leggere”
Si fa da ultimo un accenno agli agnus dei, medaglie devozionali in cera, vennero introdotte da
Gregorio XIII durante l’anno santo del 1575, e distribuite ai romei. In un documento della camera
apostolica “Rito e uso delle cere sacre volgarmente chiamate agnus dei” si legge che Leone XII
benedicendo tali cere chiese a Dio di comunicare ad esse le seguenti proprietà: 1. concessione delle
grazie richieste, 2. capacità di mettere in fuga i maligni spiriti, di dileguare i nembi, di acquietare i
tuoni, di dissipare turbini, folgori e tempeste, 3. protezione da diaboliche frodi, insidie e tentazioni, 4.
protezione della gravidanza, 5. protezione dalle disavventure, dalle pestilenze, dal morbo caduco, da
tempeste, inondazioni, incendi, 6. assistenza dalla subitanea morte. Questi oggetti risultano di
difficile conservazione, infatti basta esporli al sole perché si sciolgano.


Usura delle medaglie portative devozionali
Portate per molti anni, a volte per tutta la vita, queste medagliette andavano inevitabilmente incontro a
fenomeni di usura per sfregamento con gli indumenti e per attrito con altre eventuali medagliette,
catenine e rosari, o con l’orologio cui potevano essere attaccate.
A questo fattore di consumo meccanico va aggiunto un altro importante elemento di natura chimica: il
sudore. Questa sostanza organica, per lo più acida o neutra (Ph tra 4 e 7), viene emessa dalle
ghiandole sudoripare disseminate su gran parte della superficie corporea (da 100 a 350 per cm2); in
particolari sedi del corpo (ascelle, palme delle mani e piante dei piedi) sono raggruppate in maggior
numero, con possibilità di emissione particolarmente abbondante. L’attività delle ghiandole
sudoripare si svolge in maniera discontinua e con ritmo regolato da stimoli centrali. Determinati
gruppi ghiandolari reagiscono di preferenza ad alcune stimolazioni: ad esempio col calore la
sudorazione è più spiccata alla fronte, al collo e al dorso, mentre un’emozione provoca sudorazione
profusa alle ascelle e in sede palmo-plantare. La produzione di sudore è un importante elemento per la
termoregolazione dell’organismo, e la sua quantità varia notevolmente in rapporto con la temperatura
e l’umidità dell’ambiente, mentre la risposta agli stimoli emozionali è molto soggettiva, può essere
anche molto intensa ma è solitamente limitata a brevi periodi di tempo.
Le ghiandole sudoripare possono essere di due tipi: - eccrine, con sbocco del dotto direttamente sulla
superficie cutanea - apocrine, con sbocco in prossimità di un follicolo pilifero e dell’annessa
ghiandola sebacea; in questo secondo caso il sudore si mescola con il sebo ed i batteri presenti sulla
pelle, decomponendo questa frazione lipidica, liberano acidi grassi che possono generare odori
sgradevoli. Ogni giorno si secernono in media 850 ml di sudore, di cui il 70% è rappresentato da
acqua, mentre il 30% è costituito da elettroliti, urea e creatinina, ac. lattico, ac. urico, ammoniaca e
proteine germicide.
A causa dell’azione combinata dell’attrito meccanico e del sudore le medagliette devozionali,
solitamente sottili e di piccole dimensioni, subivano inevitabilmente una particolare forma di
consunzione, acquistando il cosiddetto aspetto “lanato”, che è considerato indice di vecchiezza e
garanzia di autenticità.
Secondo alcune particolari usanze, le medagliette venivano anche buttate nel terreno in occasione
delle rogazioni (processioni a scopo propiziatorio di un abbondante raccolto) o disseminate per terra
in aperta campagna vicino alle edicole dedicate alla Madonna e ai Santi, o ancora poste in prossimità
degli accessi ai campi o vicino ai cimiteri, per tenere buone le anime dei defunti. In questi casi gli
oggetti subivano ulteriori aggressioni superficiali, benchè solitamente si trattasse di terreni incolti e
quindi poco acidi perché privi di concimi e diserbanti.

Miracoli & guarigioni
Secondo la tradizione delle più antiche civiltà, l’arte medica veniva insegnata all’uomo direttamente
dagli dei. Presso i Babilonesi si usava portare il malato al mercato, dove le persone che avevano
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avuto la stessa patologia consigliavano i mezzi di guarigione (Erodoto, I, VI, 197) In Grecia il mitico
medico Asclepio (Esculapio per i Romani) fu venerato come un Dio e gli furono eretti centinaia di
templi. La sua arte fu tramandata ai figli Podalirio e Macaone (ricordati nell’Iliade come condottieri
e medici) e alle figlie Igea e Panacea (che esercitarono nei templi). Altro grande medico greco fu
Ippocrate (da cui deriva il famoso giuramento) che visse nell’Atene di Pericle. In allora la medicina si
praticava nei templi, cui il malato accedeva solo dopo un periodo preparatorio basato su dieta,
astinenza, abluzioni e purificazioni. A guarigione ottenuta il paziente riconoscente portava al tempio
offerte ed oggetti fittili rappresentanti l’organo malato risanato. Questi ex-voto arcaici, esposti in gran
numero sia al museo Wellcome di Londra sia al museo archeologico di Perugia, testimoniano la
stretta connessione tra medicina, arte empirica e culto della divinità, nella ricerca e nell’aspettativa di
guarigione, spesso propiziata dall’intercessione di una figura spirituale con potere taumaturgico. Nel
Medioevo, la popolazione trovava sollievo spirituale e fisico nelle chiese e nei conventi, che oltre ad
essere luoghi di culto erano anche centri attrezzati per la sosta, il riposo e la cura dei viandanti e dei
pellegrini; tutte le più importanti vie di comunicazione erano inoltre disseminate di centri religiosi.
Nei luoghi correlati alle apparizioni mariane o alla vita dei santi sono sorti importanti santuari, spesso
collocati sulle cime di monti e colline, quasi che avvicinandosi al cielo si facilitasse anche
l’elevazione dello spirito. In questi posti la presenza di reliquie (scheletri, abiti, strumenti di martirio)
conferisce un’ulteriore valenza di sacralità. Vi è poi tutta una serie di luoghi riconosciuti come
taumaturgici secondo la tradizione popolare, che si identificano spesso con il mistero di sorgenti, antri,
caverne, per lo più già noti ad antiche civiltà e considerati sacri e miracolosi anche dalla religione
pagana; alcuni vegetali, alcune sorgenti e alcune pietre erano ritenuti dotati di potere terapeutico. Il
luoghi di guarigione sono di solito collocati in ambienti impregnati di sacralità e di misticismo, ed i
fenomeni paranormali che in essi si verificano hanno un’eredità religiosa e mistica alle spalle, cioè un
condizionamento culturale che coinvolge l’esperienza del sacro, dell’occulto e del soprannaturale
La guarigione dalla malattia o la realizzazione di un evento fisiologico quale la gravidanza (con parto
e allattamento) sono da sempre tra le richieste più frequenti da parte dei fedeli, che non solo
rivolgono la loro preghiera ad un santo in possesso di determinati poteri taumaturgici ma spesso si
recano nei cosiddetti luoghi “di guarigione”. In questi posti, che solo in Italia sono quasi 500, vi sono
rituali da compiere (es. immergersi o bere l’acqua di una fonte, toccare una pietra, entrare in una
grotta ecc.) che, secondo una tradizione popolare a volte antecedente al cristianesimo, propiziano la
guarigione o preservano dalle malattie: alcuni luoghi sono genericamente indicati per tutte le malattie,
mentre altri sono tradizionalmente consigliati solo per uno specifico male.
Ancora nell’800 si pensava che in ospedale si andasse “per morire e non per guarire”, ed i parenti che
facevano ricoverare gli anziani erano stigmatizzati come snaturati, tanto era scarsa la fiducia nella
pubblica assistenza. I parti avvenivano per lo più in casa, e quelli in ospedale si associavano a nascite
illegittime. Già dal ‘500 vennero costruiti da celebri architetti diversi grandi ospedali (S. Giacomo e S.
Spirito a Roma, Pammatone a Genova, S. Maria Nova a Firenze, Incurabili a Napoli, Ca’ Granda a
Milano) che potevano ospitare in lunghe corsie oltre 500 infermi a Roma, ma dato l’elevato rischio di
contrarre malattie infettive l’assistenza ai degenti fu affidata a galeotti, mercenari e psicopatici, sino a
quando non subentrarono i religiosi. In queste condizioni di arretratezza tecnica e scientifica, si
comprende come gli ammalati facessero ricorso alla preghiera, alla mediazione dei santi e alla
superstizione per cercare sollievo ai propri mali e raggiungere la guarigione. Si spiega dunque la
diffusione di immagini sacre e medagliette devozionali con le effigi dei santi e della Madonna, talora
con frammenti di preziose e venerate reliquie, che trasmettono a chi le porta poteri taumaturgici e
protettivi. Nel Medioevo ed in particolare nel periodo delle Crociate si diffuse l’importazione dalla
Terra Santa non solo di resti dei corpi dei santi, ma anche di loro presunti indumenti e scritti. Nel caso
di Gesù Cristo, oltre alla Sindone giunsero una miriade di spine, chiodi, lance e frammenti di croce di
cui la gran parte chiaramente falsi. Analoga situazione si verificò per la Vergine, di cui si venerano
anche la cintura ed addirittura campioni di latte. Una delle prime ricercatrici di reliquie fu S. Elena,
madre di Costantino, che si recò in Terra Santa alla ricerca di prove della passione di Cristo.
Il canone 1281 del codice di diritto canonico stabilisce che una reliquia va considerata insigne quando
sia presente il corpo intero del santo o almeno testa, braccia e gambe. Accanto a queste reliquiae
insignes o primarie vi sono poi quelle non insignes (corpi privi di testa e membra), le notabiles (mani
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e piedi) e le exiguae (dita e denti). Accanto a questo primo gruppo di reliquie dirette o primarie vi
sono poi quelle indirette o secondarie, costituite da oggetti appartenuti ai santi oppure ottenute
ponendo tessuti o altri oggetti a contatto con in resti del santo. Le reliquie relative alla passione di
Cristo e alla Vergine sono dette maggiori, e non risentono delle suddivisioni precedenti; nel caso della
Sindone e dei veli della Veronica tuttavia vennero realizzate reliquie secondarie (copie), sacralizzate
dal contatto con l’originale. Il codice di diritto canonico così sintetizza la dottrina cattolica sulle
reliquie dei santi: “E’ buona ed utile cosa invocare e supplicare i servi di Dio, che regnano con Cristo
e venerare le loro reliquie ed immagini” (canone 1276). Inoltre prescrive che i resti venerati nelle
chiese devono essere autenticati da un documento ufficiale di un vescovo, solitamente ordinario del
luogo, o anche di altro ecclesiastico a cui sia stata concessa con indulto apostolico la facoltà di
autenticarle (canone 1283). Tra le varie precisazioni, si dice che le reliquie non possono essere esposte
se non chiuse o sigillate in qualche teca o custodia e che quelle dei beati non possono essere portate in
processione senza speciale indulto e neppure possono essere esposte nelle chiese se non dove, per
concessione della sede apostolica, se ne celebra l’ufficio e la messa (canone 1287); il canone 1289
ricorda poi che è severamente proibito vendere le reliquie.
Il culto delle reliquie creò ben presto situazioni paradossali e grottesche, dove il senso di realtà
sfumava nella irrazionalità e nella superstizione: Federico il Savio di Sassonia aveva una collezione di
5005 pezzi, equivalenti a 127.799 anni di indulgenze e l’arcivescovo Alberto di Brandeburgo, ne
vantava 8933 con milioni di anni di indulgenza. Per Calvino ad inculcare il falso amore per questi
documenti fu il demonio, e riguardo ai frammenti della croce, egli faceva rimarcare che i resti esibiti
riempirebbero completamente la stiva di una nave.
Fin dalle sue origini la Chiesa accettò il culto delle reliquie, e in particolare quelle dei martiri, anche
se questa interpretazione non era condivisa da tutti (S. Agostino ad esempio sosteneva che alle reliquie
spetta onore ma non venerazione) Nelle catacombe spesso i resti dei martiri venivano avvalorati dalla
presenza del vaso di sangue all’interno del sepolcro (com’era appunto usanza fare per i martiri): per la
credenza popolare queste reliquie possedevano un’energia mirabile (dynamis) ed una carica di grazia
(charis) destinate a produrre la guarigione tramite effetti soprannaturali ovverosia miracoli (dal
latino mirari , cioè fatto sorprendente che desta meraviglia e stupore)
Secondo la Chiesa vi sono prodigi maggiori (resurrezione dei morti, guarigioni istantanee,
moltiplicazione della materia) e prodigi minori (stigmatizzazione, guarigione delle malattie in cui sul
fatto organico prevale quello somatico) La teologia ha elaborato alcuni metodi per giungere alla
constatazione di un miracolo: -1. il fatto non deve essere effetto di una causa naturale -2. deve essere
posto in relazione ad un agente soprannaturale (Dio, angelo, demonio) -3. se si dimostra una potenza
infinita l’agente non può essere che Dio -4. il fenomeno deve continuare ad appartenere al
soprannaturale anche nella prospettiva storica -5. l’evento deve poter avere una causa intelligente e
libera, cioè essere effetto di una risposta ad una preghiera o all’intercessione di un santo. Poiché il
tipo di miracolo maggiormente indicato è quello connesso con la guarigione, prima di parlare di
guarigione miracolosa bisogna essere certi che :- a. vi sia diagnosi di patologia incurabile – b. vi sia
inefficienza di ogni pratica terapeutica – c. la guarigione sia avvenuta in tempi brevissimi che si
sottraggono ad ogni regola terapeutica – d. vi sia assenza del normale periodo di riacquisizione della
funzione dell’organo sanato – e. vi sia recupero duraturo della funzione dell’organo guarito. Questi
criteri oggettivi vennero elencati da Benedetto XIV nella sua opera “De servorum Dei beatificatione
et beatorum canonisatione”. Secondo Freud invece per spiegare miracolo un non vi sarebbe nessun
bisogno di tirare in ballo altre forze che non siano psichiche.


Santi Patroni & Beati
Da sempre la Chiesa porta ad esempio figure di martiri, vescovi, eremiti, monaci, mistici, predicatori,
missionari, taumaturghi, parroci, operatori sociali; proclamandoli Beati e Santi, li annovera come
fratelli e sorelle d’eccezione, che in vesti e per cammini diversi hanno documentato un’assoluta
dedizione al Vangelo. Sono pertanto dei modelli di perfezione, mediatori di grazia divina, cui i fedeli
rivolgono fiduciosi le loro preghiere. Secondo alcuni i santi sono i successori degli eroi e degli dei, e
la chiesa li ha utilizzati per poter comunicare con tutti. I santi guerrieri sono serviti per poter
indirizzare la forza fisica e la conseguente protezione a fini devoti .
Visto il perdurare dei mali (materialismo, egoismo, avidità, disuguaglianza, razzismo, sfruttamento,
violenza, guerre ecc.) contro cui queste figure hanno combattuto con le sole armi della fede, della
carità e della speranza, queste forme di culto e di devozione risultano sono ancora vive e attuali
anche nel nostro tecnologico III millennio. Di recente “Famiglia Cristiana” ha promosso un
sondaggio dal quale risulta che il 70% degli italiani porta con sé un santino o una medaglietta; padre
Pio risulta il santo più invocato (31%) seguito da S. Antonio (25%), Maria (9%) S. Francesco (7%) S.
Rita (4%), S. Giuseppe (4%), Gesù (2%) mentre numerosi altri santi si attestano sull’1%. Questa
rivista ha poi raccolto in una piccola enciclopedia di 13 volumi i santi più noti, ordinati secondo il
giorno di festeggiamento; analoga iniziativa è stata intrapresa da “La Nazione”.
Mentre i primi santi sono quasi sempre dei martiri, cessata la persecuzione dopo l’editto di Costantino
essi vengono sostituiti da vescovi.
Un posto di primo piano spetta in Italia ai numerosissimi santi patroni, che sono delle vere e proprie
incarnazioni locali del soprannaturale, mediatori tra cielo e terra, garanti delle fortune municipali al
punto da offuscare il culto della divinità suprema. Patrocinium significa anche reliquia, materia e al
tempo stesso segno della protezione elargita. I potenti con il dono di un resto insigne, spesso
recuperato in Terra Santa, ottennero uno strumento per la sacralizzazione del loro potere. Tutti
cercarono la praesentia e la potentia di un resto importante, perché questo dava prestigio e rango. Il
sepolcro dell’antico eroe fondatore della città venne sostituito dal corpo del santo, che assume anche
una centralità di tipo urbanistico, influenzando gli itinerari delle processioni ed i pellegrinaggi. Essi
sono così divenuti defensor civitatis, depositari di consuetudini e memorie. Sino al XII sec. la scelta
del patrono e anche la sua canonizzazione erano locali, poi gradualmente vennero sempre più
centralizzate. Sisto V nel 1588 istituisce la Congregazione dei Riti per standardizzare le
canonizzazioni e nel 1630 il decreto pro patronis in posterum eligendis pose il patronato sotto lo
stesso controllo. Con il Concilio Vaticano II per orientamento ecclesiologico o cristologico, ogni santo
è il volto di Gesù, nonché incoronazione completa del santo Spirito. Nelle messe viene abolito il
proprio, cioè la liturgia dedicata al santo locale, che diventa di memoria facoltativa. Il popolo invoca
soprattutto guarigioni, perché la forza fisica è indice della capacità di lavoro e quindi di sussistenza.
L’ex voto anatomico è il contrassegno che testimonia la guarigione attraverso lo strofinamento della
parte malata. Il santo può non solo guarire ma anche fare ammalare della stessa malattia chi non
rispetta il voto. La materia del profilo taumaturgico spesso è determinata dalle modalità di martirio.
Fino al XVII sec. la medicina ufficiale associa pratiche terapeutiche e taumaturgia soprannaturale.
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I santi patroni sono tra i toponimi maggiormente diffusi, ma anche i nomi di battesimo più ricorrenti,
punti di repere geografici, storici e politico-sociali, denominatori comuni dell’unità del paese,
soprattutto tra i ceti popolari. Goethe nel “Viaggio in Italia” diceva “ tutto considerato non c’è che da
approvare che ci siano tanti santi; ogni credente può così scegliersi il proprio e rivolgersi con piena
fiducia a quello che gli è più congeniale”. Tra il 1630 e il 1750 in Italia vengono eletti ben 410
patroni, cifra che non ha riscontro in nessun altra nazione, con maggior densità in Umbria. Le
esigenze elementari di protezione e consolazione, nella necessità di dare forma alla sete dell’anima e
al dolore, hanno portato alla numerosa diffusione delle devozioni. Urbano VIII nel 1642 trasforma con
il breve Pro observatione festorum la ricorrenza del patrono principale in festa di precetto, quindi in
giorno festivo per i lavoratori con sacralizzazione dello spazio urbano nel dì di festa per antonomasia,
in cui tutti mostrano il meglio di sé agli altri. L’arte cristiana dà alla dottrina un volto e una forma
chiara, precisa e riconoscibile anche senza l’ausilio della componente epigrafica.
Su alcune medaglie sono stati riprodotti i quattro Padri della Chiesa: S. Agostino, S. Ambrogio, S.
Girolamo, S. Gregorio Magno, su altre i dottori della Chiesa, che così come i Padri necessitano di
santità, ortodossia, scienza e consenso ecclesiastico. Mentre i padri sono necessariamente antichi (dei
primi secoli) i dottori possono essere anche molto più recenti e debbono essere proclamati con decreto
ufficiale o di un concilio o del sommo pontefice. Attualmente sono 33, elencati in ordine di nomina
(tra il 1298 e il 1997) : S. Gregorio I Papa (S. Gregorio Magno), S. Ambrogio da Milano, S. Agostino
d’Ippona (Doctor Gratiae), S. Girolamo, S. Giovanni Crisostomo, S. Basilio Magno, S. Gregorio
Nazianzeno, S. Atanasio di Alessandria, S. Tommaso d’Aquino (Doctor Angelicus), S. Bonaventura
da Bagnoregio (Doctor Seraphicus), S. Anselmo d’Aosta (Doctor Magnificus), S. Isidoro di Siviglia,
S. Pietro Crisologo, S. Leone I Papa (S. Leone Magno), S. Pier Damiani, S. Bernardo di Chiaravalle
(Doctor Mellifluus), S. Ilario di Poitiers, S. Alfonso Maria de’Liguori (Doctor Zelantissimus), S.
Francesco di Sales, S. Cirillo di Alessandria (Doctor Incarnationis), S. Cirillo di Gerusalemme, S.
Giovanni Damasceno, S. Beda il Venerabile, S. Efrem il Siriano, S. Pietro Canisio, S. Giovanni della
Croce (Doctor Mysticus), S. Roberto Bellarmino, S. Alberto Magno (Doctor Universalis) S. Antonio
da Padova (Doctor Evangelicus), S. Lorenzo da Brindisi (Doctor Apostolicus), S. Teresa d’Avila, S.
Caterina da Siena, S. Teresa di Lisieux
I 14 santi ausiliari solo occasionalmente vennero rappresentati in gruppo mentre ebbero
singolarmente una vastissima diffusione, con attributi iconografici attinenti ai loro patronati: S.
Acacio con la corona di spine, invocato contro il mal di testa – S. Barbara, con la torre e il Ciborio
sormontato dall’Ostia, invocata contro il fulmine e la morte improvvisa, patrona dei minatori e degli
artiglieri – S. Biagio, con due ceri incrociati, è invocato per le malattie della gola – S. Caterina, con la
ruota spezzata, invocata saggia consigliera da studenti, filosofi e avvocati – S. Ciriaco, in abito da
diacono, invocato contro le malattie degli occhi e le possessioni diaboliche – S. Cristoforo, con il
Bambino Gesù sulle spalle, è invocato nelle tempeste, uragani, pestilenze e contro gli incidenti di
viaggio – S. Dionigi, con la testa tagliata tra le mani, invocato contro le possessioni diaboliche – S.
Egidio o Gillio, con la cocolla benedettina e un cervo a lato, invocato contro il mal caduco, il panico,
la pazzia e i dolori notturni – S. Erasmo, con gli intestini attorcigliati all’argano, è invocato contro le
malattie intestinali ed è patrono dei medici – S. Eustachio in abito da cacciatore con un cervo a lato,
invocato contro il fuoco eterno e il temporale – S. Giorgio, nell’atto di uccidere il drago, è invocato
contro le malattie erpetiche – S. Margherita, con il drago incatenato a lato, invocata contro il mal di
reni a patrona delle partorienti – S. Pantaleone, con le mani inchiodate, è invocato per le malattie di
consunzione ed è patrono dei medici – S. Vito o Guido, con la croce, è invocato contro la corea o
ballo di S. Vito, la letargia e il morso delle bestie velenose e idrofobe.
Vengono ora riportate notizie, particolarità e tradizioni popolari relative ad alcuni dei principali santi.
Non si tratta di un elenco omogeneo né tanto meno esaustivo, che viene in parte integrato dalle notizie
riportate nella bibliografie delle schede degli oggetti catalogati e illustrati.
S. Aspreno – primo vescovo e patrono di Napoli, veniva invocato per la cura dell’emicrania e delle
malattie osteo-articolari da cui derivò il nome commerciale dell’ASA (Aspirina)
S. Ambrogio – nato a Treviri nel 339 e morto a Milano nel 387, fu eletto per acclamazione vescovo
di Milano il 7 dicembre del 374. I suoi resti sono raccolti insieme a quelli di Gervasio e Protasio, che
furono i primi patroni della città. L’importanza di questo santo nella storia di Milano risulta evidente,
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visto che i milanesi sono detti anche ambrosiani. Egli modificò il rito introducendo quello
ambrosiano, che prevedeva un avvento di 6 anziché 4 settimane, una quaresima più breve, e un
battesimo per immersione anziché per infusione. Lottò contro l’eresia ariana.
S. Andrea apostolo – le sue spoglie, trasportate da Costantinopoli ad Amalfi nel XIII sec.,
emanavano la manna, utilizzata come rimedio per molti mali ed alla quale il Tasso nella
Gerusalemme Liberata dedica un bellissimo sonetto.
S. Antonio da Padova – questo frate francescano risulta tra i più famosi santi del mondo e la basilica
di S. Antonio a Padova è un classico esempio di principio generativo dello spazio urbano. I santini
merlettati mostrano S., Antonio da Padova circondato dai suoi miracoli, con ex voto provenienti da
tutto il mondo. Circolano poi ancora i “brevi di S. Antonio” rettangoli di carta che da un lato
presentano l’immagine del santo e dall’altro la formula esorcistica “ecce crucem domini fugite partes
adversae vicit leo de tribu Juda radix David alleluja alleluja” (anche in epoca pagana vi erano
formule propiziatorie, quali sator arepo tenet opera rotas) Il giglio presente come suo attributo
secondo alcuni testimonia la potenza taumaturgica del ciclo morte-rinascita. Quando si perde un
oggetto si recita un sequerio (= formula, dal latino siquaeris) “Santo Antonio dalla barba bianca,
fammi trovare quello che manca” anche se in realtà la barba bianca è dell’abate Antonio (v. sotto),
infatti spesso la tradizione popolare li confonde e li sovrappone anche da un punto di vista
iconografico.
S. Antonio abate – anacoreta egiziano del II secolo, era accompagnato dal porcello ed era noto per la
capacità di guarire il fuoco di S. Antonio (herpes zoster). Secondo la leggenda egli prese il fuoco
dall’inferno, come una sorta di Prometeo cristiano, nascondendolo all’interno del suo bastone grazie
all’aiuto del maiale che distrasse i diavoli. Gabbando i diavoli, secondo le usanze contadine, si
sconfiggevano anche miseria, malattia e fame. Nel XII sec. le spoglie del Santo vennero trasportate da
Costantinopoli al Delfinato per sottrarle agli infedeli e venne fondato l’ordine dei Canonici regolari di
S. Antonio che allevavano liberamente i maiali, lasciandoli circolare con un campanello a Tau sul
collo; questi animali venivano macellati nei mattatoi annessi alla chiesa-ospedale per ricavare anche il
lardo utilizzato contro il fuoco di S. Antonio. Sempre collegata al mondo rurale, oltre alla
sacralizzazione del maiale, è la festa del santo del 17 gennaio, con l’accensione dei fuochi nei campi.
Secondo la leggenda il 16 notte il santo passava nelle stalle, benedicendo i padroni che trattavano bene
le bestie. A S. Daniele nel Friuli, zona di produzione dei famosi prosciutti, la chiesa principale è
dedicata a S. Antonio abate ed è soprannominata la Sistina del Friuli.
S. Bartolomeo – protettore dalle malattie della pelle perché scorticato vivo.
S. Bernardino da Siena – nato a Massa Marittima l’8 settembre 1380 (giorno in cui si festeggia la
natività di Maria), entrò nei frati minori francescani; nelle sue predicazioni insisteva sulla devozione
al nome di Gesù e durante la messa distribuiva tra i fedeli delle tavolette con il simbolo IHS da
baciare. A questo riguardo ebbe addirittura un processo per eresia, scontrandosi con il domenicano
Manfredi da Vercelli che lo accusava di idolatria e superstizione. Noto per un trattato “Sui contratti e
l’usura”, nel quale giustificava l’applicazione di moderati tassi di interesse sui capitali investiti da
persone efficienti, responsabili e laboriose che si assumevano un rischio, sottolineando la necessità
dell’uso sociale della ricchezza e condannando invece gli usurai e i biscazzieri. Rifiutò per ben tre
volte la nomina a vescovo, accettando solo gli incarichi interni all’ordine per santa obbedienza. Morì
all’Aquila nel 1444 e dalla sua bara continuò ad uscire sangue fino a quando le due fazioni che in città
si stavano affrontando non si riappacificarono. Un quadro del Perugino lo ritrae mentre guarisce un
soldato ferito in una rissa. E’ invocato contro le emorragie; si celebra il 20 maggio
S. Biagio – decollato, dalle dita miracolose e protettore dal mal di gola. Santo medico appartenente
alla categoria degli anargiri, cioè di coloro che curavano gratuitamente gli ammalati. Specializzato
nell’orofaringe, il 3 febbraio, giorno della sua festa, nelle chiese i sacerdoti toccano la gola con olio
benedetto e si mangiano pani a forma di dita per guarire la gola. Anche gli animali vengono protetti
portando al collo un laccio rosso e a Roma nella chiesa soprannominata “S. Biagio alla pagnotta” si
distribuivano pani che avevano la forma delle parti ammalate, veri e proprio ex voto anatomici,
mentre a Milano venivano mangiate delle fette di panettone conservate dalla feste natalizie.
S. Camillo – Camillo de Lellis (Bucchianico 1550 - Roma 1614), fondatore dell' ordine dei Chierici
Regolari Ministri degli Infermi (Camilliani); patrono degli ammalati, degli infermieri e degli ospedali,
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protettore della sanità militare; beatificato nel 1742, canonizzato nel 1746, si festeggia il 14 luglio.
Dopo aver fatto il militare, nel 1575 abbracciò la vita religiosa diventando frate cappuccino, nel 1583
fu ordinato sacerdote e aggiunse un quarto voto che prevedeva l’assistenza ai malati anche a rischio
della propria vita.
S. Carlo Borromeo – anch’esso vescovo di Milano, coprotettore della città con S. Ambrogio, vive la
rifondazione post-conciliare di Trento contrastando lo scisma luterano. Nato nel 1538 ad Arona sul
lago Maggiore, nipote di Pio IV, contribuì all’elezione del domenicano Pio V che rese operativa la
riforma della chiesa, introducendo il breviario per unificare la liturgia e rendendo obbligatoria per i
vescovi la residenza nella propria diocesi. A Milano fondò l’università di Brera affidata ai gesuiti e la
facoltà di teologia. Combattè la peste del 1576, mori nel 1584, venne canonizzato nel 1610.
S. Ciro – medico anargiro, esercitò ad Alessandria d’Egitto dove morì decollato all’inizio del IV
secolo. Nel V sec. le reliquie furono trasportate a Menouthis presso Canapo dove sorse un santuario,
che rivaleggiò con quello di Cosma e Damiano di Costantinopoli. Poi le spoglie giunsero a Roma
nell’alto medioevo, e quindi a Napoli nella chiesa di Gesù nuovo, dove riposa tuttora nella cappella di
S. Francesco del Geronimo, religioso del Seicento che guarì 11.000 persone strofinando le parti
ammalate con le reliquie di Ciro. Dal 1776 è patrono di Portici.
SS. Cosma e Damiano (medico & speziale) – dioscuri cristiani, gemelli, esercitarono come anargiri
la medicina a Egea, già centro di culto di Esculapio. Come Castore e Polluce, protettori dell’arte
medica e cerusica, ma coniugata alla carità cristiana. Fecero il primo trapianto d’organi innestando
una gamba di pelle scura su una amputata. Martirizzati sotto Diocleziano, furono sepolti in Siria con
Ciro. Al loro sepolcro guarì l’imperatore Giustiniano e il culto si propagò in oriente; nel loro
santuario di Costantinopoli si praticava l’incubatio (attesa della guarigione) Papa Felice IV nel sesto
secolo fece erigere a S. Cosma e Damiano un santuario a Roma ed a Firenze Cosimo de’ Medici,
vista l’omonimia, commissionò al Beato Angelico una serie di dipinti dove sono raffigurati in veste
rossa con fiale, spatole, bisturi e borsa per i farmaci. Patroni dei medici, divennero in seguito anche
patroni dei farmacisti e dal XIII secolo dei barbieri e delle levatrici. Ad Isernia il 27 settembre si
espongono le loro reliquie e vengono distribuiti dei falli in cera alle donne che hanno difficoltà
riproduttive.
S. Donato – decapitato, protegge dall’epilessia e dalle malattie mentali.
S. Espedito – patrono dei postini e delle cause urgenti.
S. Erasmo – invocato contro le coliche.
S. Francesco – fondatore dei frati minori francescani (che per regola non giudicano gli altri ma solo
sé stessi.) è uno dei santi più popolari, copatrono d’Italia con Caterina da Siena dal 18 giugno 1939.
E’ il primo santo con stimmate, ricevute sul monte della Verna (Arezzo, dove fondò anche la sua
congregazione): su mani e piedi le ferite dei chiodi della crocifissione, sul torace la ferita della lancia
di Longino e sulla spalla le lesioni lasciate dal trasporto della croce. Questi segni, dopo sette secoli,
sono comparsi anche sul confratello Padre Pio. Nel 1223 Francesco inventò il Presepio di Natale.
Morì a 44 anni nel 1226 e dopo soli 2 anni venne proclamato santo da Gregorio IX.
S. Gennaro – il sangue di Napoli: per i credenti è un evento miracoloso e la mancata liquefazione
viene interpretata come grande flagello. Secondo i detrattori il fenomeno è un graziosissimo capitolo
della chimica per tenere a bada un popolo di nulla-facenti, poiché l’accertamento scientifico
trasformerebbe il mistero in impostura e la credenza in credulità.
A Napoli nel ‘600 vi erano moltissime ampolle miracolose di numerosi santi. Secondo Goethe il
ricorso al sangue, arcaico sugo della vita, viene fatto contro la morte e contro il diavolo. Nel 1631
l’esposizione delle reliquie allontanò la lava del Vesuvio dalla città. Nel 1799, durante l’occupazione
francese, la liquefazione fece definire il santo “spione di Dio che si fa giacobino” Nel 1527 è stata
formata una deputazione del tesoro di S. Gennaro, che conta oggi 10 componenti scelti dal presidente
della Repubblica su una rosa di nomi proposti da altri deputati; tale organismo è attualmente
presieduto dal sindaco di Napoli.
S. Giorgio – palestinese martirizzato nel 303, dal 1099 patrono di Genova e in seguito dell’Inghilterra
su licenza concessa da Genova dietro pagamento di compenso in denaro. Dopo le crociate la croce di
S. Giorgio compare anche sulla bandiera inglese e sul rovescio delle sterline il santo è magistralmente
riprodotto da Pistrucci a cavallo mentre uccide il drago. Si tratta di una rivisitazione di un mito
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pagano, in cui Perseo uccise la Medusa per salvare Andromeda e Eracle l’Idra di Lerna, mostro con
corpo da serpente e molte teste.
S. Giovanni Battista (battezzava nel fiume Giordano) – figlio del sacerdote Zaccaria e di Elisabetta,
cugina della Vergine Maria, chiamato anche “il precursore” perché preparò la via a Gesù. Santo della
notte di mezza estate, unica figura di cui si celebra la nascita (24/06) e la morte (29/08) Venne
decollato da Erode Antipa ed ha assunto il patronato di numerose confraternite della misericordia, che
portano come emblema la testa adagiata su un vassoio
S. Giuseppe – modello di padre, patrono della Chiesa dall’8 dicembre 1870. La sua popolarità è
testimoniata dal fatto che il suo nome risulta tra quelli più diffusi in Italia. Falegname, carpentiere,
patrono dei lavoratori dal 1° maggio 1956.
S. Lorenzo – patrono di Grosseto , venne arrostito su una graticola ed è invocato contro gli incendi e
le scottature.
S. Marco evangelista – custodito a Venezia, il suo vangelo è più autorevole degli altri perché scritto
su racconti di Pietro. Fu successore di Pietro e Paolo, morì martire ad Alessandria d’Egitto dove dei
mercanti veneziani lo sottrassero agli infedeli nascondendo i suoi resti in una cesta, sotto carne di
maiale; le sue spoglie giunsero a Venezia il 31 gennaio dell’828. Il suo simbolo è il leone alato.
Patrono dei vetrai e dei fabbricanti di ceste. Insieme alla Vergine fu protagonista della vittoria di
Lepanto del 7 ottobre 1571 contro la flotta ottomana.
S. Matteo evangelista – scrisse il suo libro il 60 d.C in armeno e venne poi tradotto in greco.
Dapprima esattore, e successivamente al seguito di Gesù morì martire in Etiopia; nel IV sec. i resti
giunsero a Velia e poi a Paestum, dove nel 1080 i Normanni gli dedicarono una nuova cattedrale per
ingraziarsi il popolo. Tutte le vicende delle spoglie di Matteo ruotano intorno ad un topoi altamente
simbolico, perché le due città erano il simbolo del paganesimo e della cultura greca ante-Socrate, con
famosissimi santuari. Patrono di Salerno, noto anche lui per la manna o sacra rugiada.
S. Michele arcangelo – arcangelo dell’Apocalisse, patrono dei cristiani, di Cuneo, Caltanissetta e dei
mestieri che implicano l’uso della bilancia. Sul Gargano vi è un celebre santuario dal 490 d.C. per
questo addetto alla pesatura delle anime, che ricorda molto da vicino alcune divinità pagane (Ermes,
Mercurio per i latini) Contende al demonio le anime dei trapassati, che dopo la morte debbono
attraversare il ponte di S. Giacomo sottile come un capello.
S. Nicola – nel 1087 dei marinai baresi sottrassero le spoglie che si trovavano nella città di Mira
assediata dagli infedeli e il suo corpo ora riposa in un santuario al centro di Bari, la cui gestione è stata
di recente restituita alla Russia in occasione della visita di Putin. I pellegrini che andavano in Terra
Santa non imbarcandosi da Venezia facevano due soste in Puglia : una a monte S. Angelo al santuario
dell’arcangelo Michele e l’altra a Bari a quello di S. Nicola. I suoi resti emanano un olio che ha il
potere di guarire numerose patologie, detto manna. Tra tutti i miracoli il più noto per straordinaria
potentia è la resurrezione di tre bimbi, uccisi da un oste, fatti a pezzi e messi in salamoia. Da questo
santo deriva nei paesi nordici la tradizione di S. Claus cioè di Babbo Natale . Amico dei bambini, il
suo culto è tuttora molto diffuso nei paesi dell’est.
S. Petronio – protettore di Bologna dal XIII sec. al posto di Pietro, ottavo vescovo di Bologna si
rivelò anche abile amministratore costruendo case per i poveri e riproducendo nella città le sette
chiese di Gerusalemme. I bolognesi sono detti anche petroniani, così come i napoletani partenopei
dalla sirena Partenope. La chiesa di S. Petronio non è mai stata finita e presenta tuttora i mattoni a
vista. Nonostante sia la chiesa più famosa della città, non è la cattedrale di Bologna ; è stata di
proprietà della città fino al concordato del 1929, poi presa in carico dal Vaticano nel 1937 e
consacrata solo il 3 ottobre 1954, 462 anni dopo la prima messa.
S. Pietro & S. Paolo – come Romolo e Remo rifondano la Roma cristiana il 29 giugno, in
coincidenza con un’ antica festa pagana. Pietro è un rozzo pescatore di anime, mentre Paolo è colto
erudito e conoscitore della lingua greca, al quale la religione popolare attribuisce anche il potere di
guarire dal veleno di serpenti e ragni. Gli individui immuni erano detti sanpaolari e nel meridione uno
dei suoi appellativi era quello di “santu Paolo delle tarante”, in riferimento cosiddetto tarantolismo:
malattia più simbolica che reale, derivante dal disagio esistenziale, curata con una terapia coreuticamusicale
per cui il tarantolato ballava fino alla guarigione al ritmo frenetico della pizzica.
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S. Pio da Pietralcina (Benevento) – frate con le stigmate, (dal greco segno, puntura). come S.
Francesco. A S. Giovanni Rotondo fondò la Casa Sollievo della sofferenza, focalizzando
l’associazione tra corpo/anima, salvezza/salute, sanità/santità, già sviluppate da S. Giuseppe Moscati
clinico di Napoli all’inizio del ‘900. Si festeggia il 23 giugno.
S. Rocco – santo degli appestati, spesso raffigurato con un cane. Nato in Francia intorno al ‘300,
morto a Roma nel 1317 all’età di 32 anni, guariva gli appestati con il solo segno della croce.
Protettore di tutte le epidemie e propiziatore di buoni raccolti. In Italia le intitolazioni patronali sono
numerosissime e molti comuni o frazioni portano il suo nome. Le reliquie, giunte a Venezia, resero
famosissima la confraternita della scuola grande di S. Rocco, le cui sale vennero magistralmente
affrescate da Tintoretto. Il santo è dipinto come pellegrino con la conchiglia di S. Giacomo, emblema
del pellegrinaggio a Santiago di Compostela, cucito sul mantello, affiancato dal cane e con il bastone.
S. Agata – patrona di Catania, delle balie, delle puerpere e dei pompieri. Martire cristiana del III
secolo, si donò totalmente a Dio a 15 anni con la cerimonia della velatio; rifiutò di adorare gli dei
pagani per cui fu sottoposta a tortura che culminò con lo strappo di una mammella; per questo viene
invocata contro malattie del seno. Si narra che il suo velo fu usato spesso come scudo per proteggere
la città dalla lava dell’Etna. Si festeggia dal 3 al 5 febbraio con processioni solenni in cui il feretro
d’argento chiamato “a vara”, viene esposto insieme ad 11 enormi candelieri detti cannalore su cui
sono scolpiti gli episodi salienti della sua vita. E’ una delle feste cattoliche più importanti a livello
internazionale, considerata patrimonio mondiale dell’umanità dall’UNESCO nella categoria di beni
immateriali di tipo etno-antropologico. Co-patrona di Malta.
S. Anna – modello di virtù domestica, è una delle sante più popolari d’ Italia come prova l’enorme
diffusione del culto e del nome, che deriva dall’ebraico Hannah (grazia) Madre di Maria, a parlare di
lei sono soprattutto i vangeli apocrifi. Il suo culto assume grande popolarità dal medioevo e a fine
‘500 Gregorio XIII la inserisce nel messale. Patrona elettiva delle puerpere, lavandaie e ricamatrici,
fabbricanti di scope, corredi matrimoniali. e rigattieri. Come madre di Maria stella maris è anche una
delle principali protettrici dei marinai. E’ istituto centrale dell’identità italiana della famiglia che
comprende la presenza di tre generazioni, in cui Maria rappresenta il paradigma della mamma e S.
Anna il modello ideale della nonna
S. Apollonia – invocata contro il mal di denti, martire torturata con l’asportazione di tutti i denti.
S. Barbara – protettrice di Rieti, patrona dei pompieri perché torturata con il fuoco e invocata contro i
fulmini, per associazione simbolica con la folgore che incenerì il suo carnefice
S. Caterina – nata a Siena nel 1347, mantellata domenicana, intellettuale senza saper né leggere né
scrivere, venne nominata dottore della Chiesa da Paolo VI nel 1970. Per la sua vita ascetica e per la
sua estrema debolezza fisica si parla anche della “santa anoressia” di Caterina da Siena
S. Chiara – fondò il secondo ordine francescano, ed alla sua morte le consorelle si chiamarono
clarisse. Papa Gregorio IX concesse a Chiara il privilegio della povertà, consistente nel non potere né
dovere accettare alcuna proprietà, neppure in comune. La santa trascorse l’ultima parte della sua vita a
letto, immobilizzata dal male, e mentre si doleva di non poter partecipare alla messa udì
miracolosamente il canto dei monaci che salmodiavano nella basilica di S. Francesco e le si spalancò
l’interno del tempio con al centro il presepe. Per questo motivo il 14 febbraio 1958 Pio XII proclamò
S. Chiara patrona della TV ed in generale dei mezzi di comunicazione. Le si attribuiscono poteri
taumaturgici contro le malattie della vista.
S. Elisabetta di Ungheria (Bratislava 1207 – Marburgo 1231) – figlia di re Andrea II di Ungheria e
di Gertrude di Merano, discendente di Carlo Magno. Patrona dell’ordine francescano secolare con S.
Luigi di Francia, protettrice delle persone addette alla cura dei malati, delle opere di carità cattoliche e
dei panettieri. Contemporanea di S. Francesco, seppe come lui spogliarsi di tutti i suoi beni materiali,
rinunciando ai fasti di corte per assistere i poveri. Emblemi: cesto di pane, rose. Nel 2007, in
occasione dell’8° centenario della nascita, le reliquie itineranti (peregrinatio reliquie) della santa
hanno raggiunto anche il Piemonte
S. Lucia – Patrona di Siracusa, ha potere taumaturgico contro le malattie della vista, perché le
vennero strappati gli occhi. La collocazione del dies natalis intorno al solstizio induce ad associarla
alla luce e alla vista ed il suo nome deriva proprio dalla parola latina lux. Questo filo etimologico
spiega perché viene raffigurata con in mano il piatto che tiene i suoi occhi e con la lampada che allude
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alla sua virtù profetica. Si celebra il 13 dicembre, giorno in cui ancor oggi in molti paesi d’ Italia si
predice il futuro. Essa rappresenta la personificazione cristiana del mito di Lucina, patrona degli
occhi, della luce e della fecondità, intesa sia come gravidanza femminile che come raccolto della terra.
S. Maria Francesca Alcanderina – (Napoli 1715 - 1791) nota come S. Vergine delle stimmate o
delle cinque piaghe; a 16 anni si consacrò al Signore con la regola del terz' ordine francescano,
secondo lo spirito di penitenza di S. Pietro d' Alcantare; beatificata nel 1843, canonizzata nel 1867;
unica santa nata a Napoli e unica donna dell' Italia meridionale peninsulare canonizzata.
S. Rita – detta “ santa degli impossibili”, la sua popolarità ha inizio nella catena dei monti Sibillini al
confine tra Umbria e Marche, dove si trova Cascia. Il bollettino del santuario contiene una fitta serie
di ringraziamenti per guarigioni inspiegabili, posti di lavoro trovati e di recente anche per l’uscita da
stati depressivi. Accanto alla teca con le sue spoglie vi sono maglie di calciatori e ciclisti, mozziconi
di sigarette, siringhe, ed ai fedeli vengono distribuiti frammenti di polvere di roccia del cosiddetto
scoglio (pietra che porta impresse le orme dei piedi della santa) Da questo eremo la santa avrebbe
spiccato un prodigioso volo notturno per entrare nel convento agostiniano di S. Maria Maddalena,
dove le monache si erano rifiutate per tre volte di ammetterla. Fu canonizzata nel 1900
S. Rosalia – detta “la Santuzza di Palermo”, la sua devozione risale al XII secolo. Il mito
devozionale conosce una nuova fiammata in seguito alla scoperta del suo sepolcro, avvenuto il 15
luglio 1624, e soprattutto grazie al fatto che dopo la processione dei suoi resti il 5 giugno 1625 si
placò la pestilenza a Palermo. Si celebra dal 12 al 15 luglio di ogni anno
S. Teresa del Bambin Gesù e del Volto Santo o Teresa di Francia – (Alençon 1873 - Lisieux 1897)
carmelitana, beatificata nel 1923 canonizzata nel 1925, viene raffigurata sotto una pioggia di rose
S. Teresa d’Avila – invocata contro le malattie di cuore, si celebra il 15 ottobre stata la prima donna
ad ottenere il titolo di dottore della Chiesa (Paolo VI 1970)
Anni Santi Giubilari – queste ricorrenze furono fin dai primi anni dei formidabili diffusori delle
medaglie portative, fabbricate in gran quantità dai medagliari romani per i pellegrini che accorrevano
a Roma da ogni parte del mondo per partecipare alla “Sagra della Perdonanza”.
L’idea di un anno di purificazione e di remissione dei debiti viene da molto lontano: in Mesopotamia
sin dal III millennio a.C. e in Siria dal II, venivano periodicamente promulgati editti di remissione che
prevedevano l’esonero dal pagamento delle tasse e l’annullamento di contratti tra privati riguardanti
debiti e pegni, al fine di ridistribuire la ricchezza. Anche nel popolo ebraico, secondo il Levitico (25, 8
-13) la festa dell’espiazione chiude un ciclo settenario di anni sabbatici (sette volte sette) e consiste in
una restituzione dei beni, in una liberazione delle persone ed in un riposo degli uomini e della terra. Il
giubileo elimina quindi i debiti come il kippur cancella i peccati. Il termine jubilaeus deriva da
jubilus, grido gioioso dei pastori usato da S. Girolamo nella Vulgata per tradurre l’ebraico yobel (=
montone o capro) da cui sarebbe scaturito il senso traslato di corno, strumento usato dai sacerdoti per
proclamare l’inizio dell’anno del Signore. I primi cristiani non erano particolarmente interessati al
Levitico, considerato portatore di una legge ormai superata dall’avvento di Gesù. Essi si preparavano
alla fine del mondo, prevista in un futuro molto prossimo (“il tempo è compiuto e il regno di Dio è
vicino – scrive Marco 1, 2 – convertitevi e credete nel Vangelo”). Finchè la cultura cristiana conservò
la tensione escatologica delle origini, non vi fu spazio per la ripresa delle periodizzazioni giubilari. e
l’interesse per la tradizione giubilare riprende quota solo dopo il mille, quando viene meno l’ansia
della fine del mondo. S. Bernardo nella predicazione itinerante effettuata per preparare la seconda
crociata, assimilò l’indulgenza concessa ai crociati a un giubileo.
Gli anni santi giubilari sono celebrazioni con radici molto antiche, riadattate alla tradizione cristiana
oltre 700 anni fa da Bonifacio VIII, e perfezionate oltre 500 anni fa da Alessandro VI, con
l’introduzione del rituale principale ovvero apertura e chiusura della Porta Santa: due papi accusati
dai contemporanei di essere più attenti al potere materiale che spirituale. Nell’organizzazione dei
giubilei l’unione di queste due dimensioni non è casuale, e fino al ‘900 essa è stata finalizzata a
rafforzare la potenza simbolica ed economica del pontefice, unico a poter aprire ai credenti le porte
del Paradiso attraverso le indulgenze, ribadendo in questo modo la centralità di Roma nella vita
cristiana. Già nel Medioevo risultava in uso la remissione di tutti i peccati per coloro che si recavano
nella basilica del Principe degli Apostoli, dapprima con cadenza centennale, ridotta in seguito a 50
13
anni e poi a 25 per consentire di lucrare l’anno Santo a tutta la popolazione. Queste ricorrenze
periodiche, correlate ad una sacralizzazione del tempo che deriva dalla sua calendarizzazione, quasi
sempre di origine religiosa, fanno parte dell’innato desiderio dell’uomo di controllare l’universo. In
questo modo si esorcizza un tempo continuo, omogeneo, informe e lo si collega con quello umano,
segnato irreversibilmente dalla scansione nascita/ morte. Prima della riforma gregoriana del 1582,
l’organizzazione del tempo in Europa non era uniforme: in Spagna l’anno iniziava il 1° gennaio, a
Venezia il 1° marzo, in parte della Francia, Germania, Inghilterra e a Firenze il 25 maggio.
La pratica del Giubileo venne favorita dalla diffusione del pellegrinaggio: a tale proposito il XIII
secolo costituì un’epoca d’oro, con la nascita di due ordini religiosi (francescani e domenicani) che si
proponevano appunto di vivere come itineranti, cioè in pellegrinaggio continuo. I due ordini, spesso
contrapposti in una sorta di rivalità, pubblicizzavano i poteri taumaturgici dei loro confratelli in
competizione tra loro, ma erano entrambi oggetto di critiche. I francescani per il loro voto di povertà
(rappresentato da uno dei tre nodi del cordone che cinge il saio, mentre gli altri due simboleggiano
obbedienza e castità) e per il rifiuto dell’etica mercantile venivano accusati di voler realizzare
l’impossibile e di minacciare la stabilità sociale, mentre i domenicani venivano indicati come i
difensori della ragione di stato. Dante nel Paradiso XI fa illustrare da S. Tommaso d’Aquino la
diversità dei due ordini.
I pellegrini più antichi, a dimostrazione dell’avvenuta redenzione dei peccati, tornavano da Roma
ostentando dei pezzi di stoffa da portare al collo detti scapolari (sibilis cucullus) o delle pazienze
(patientiae) formate da un quadrato di stoffa benedetta che si appendeva al collo per lo più sotto il
giustacuore, ed in seguito con delle quadrangole cioè placchette in piombo uniface di circa 3 cm di
lato, con rozze immagini dei SS. Pietro e Paolo, il presepe, il crocifisso, la deposizione, la Veronica, la
natività e la morte del Redentore. Nel XVI sec. le quadrangole furono sostituite dalle prime medaglie
devozionali per pellegrini.
I pellegrini romei si distinguevano perchè sul cappello, sul bastone o sul mantello portavano
l’immagine della “Veronica”, mentre quelli di Compostela avevano una conchiglia e quelli della Terra
Santa una palma. Già a quel tempo, all’interno della cultura cristiana, non mancavano gli oppositori di
queste pratiche (“La salvezza va raggiunta per mezzo di una vita santa, non di luoghi santi” oppure
“sono pochi quelli che per il fatto di andare in pellegrinaggio diventano più santi”). Dal ‘500 il
pellegrinaggio diventò un rito collettivo rigorosamente organizzato dalle confraternite, quasi sempre
collegate con strutture aventi sede a Roma che provvedevano al loro alloggiamento e sostentamento.
Questi pellegrini giungevano in gruppo, con abiti, musiche e stendardi personalizzati.
La perdita della fortezza di Acri alla fine del XIII secolo, aveva reso molto più pericoloso e costoso il
viaggio in Terra Santa, per cui Roma spesso diventava meta finale del pellegrinaggio. La Chiesa
inoltre, creando la possibilità per i fedeli di intervenire nel destino delle anime grazie alle indulgenze,
rafforzava la centralità di Roma nella quale concentrava le reliquie (Sancta Sanctorum e Scala Santa)
Dopo l’anno mille la devozione verso la Veronica di provenienza bizantina, accrebbe il ruolo di Roma
città santa, mediante l’esposizione del venerdì santo e varie ostensioni private a personaggi illustri.
Nel 1208 Innocenzo III istituì la processione del volto santo, in cui ogni prima domenica dopo
l’Epifania l’immagine veniva portata da S. Pietro all’ospedale di S. Spirito.


Edited by valter_64 - 23/12/2011, 20:31
 
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Grande Valter, davvero interessante!
 
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view post Posted on 22/12/2011, 22:45     +1   -1
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:) ho fatto un aggiormento , , pero' ... tanti lettori come sempre poca partecipazione .......

tutti appassionati di devozionali ma solo come pezzi di ferro !!! sbaglio??? quello che rappresentano e la loro storia e' ancora piu' interessante ....

Edited by valter_64 - 22/12/2011, 22:45
 
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valerio738
view post Posted on 22/12/2011, 22:45     +1   -1




Interessante , grazie :)
 
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view post Posted on 22/12/2011, 22:50     +1   -1
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GURKHA

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ottima guida :D :D :D
 
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DI GIOIA
view post Posted on 22/12/2011, 23:06     +1   -1




molto interessante........non si smette mai di imparare grazie mille
 
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view post Posted on 22/12/2011, 23:34     +1   -1
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Deus 2

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Molto interessante, grazie Valter!
 
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view post Posted on 23/12/2011, 09:25     +1   -1
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cerco di riorganizzare le informazioni ..
 
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view post Posted on 23/12/2011, 11:36     +1   -1
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C'è poco da aggiungere, se non grazie di averci ammesso a partecipare alle tue conoscenze; a sto punto facci vedere un po di quelle che hai raccolto; perlomeno quelle che sei riuscito a salvare.
 
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view post Posted on 23/12/2011, 11:55     +1   -1
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CITAZIONE (Neo md @ 23/12/2011, 11:36) 
C'è poco da aggiungere, se non grazie di averci ammesso a partecipare alle tue conoscenze; a sto punto facci vedere un po di quelle che hai raccolto; perlomeno quelle che sei riuscito a salvare.

non appena rimonto lo stereoscopio con la macchina fottografica , adesso sono un po' incasinato e ne devo pulire un bel po'.

te ne metto solo qualcuna per far godere l'occhio , e' un pugnetto di leghe miste non selezionate


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Edited by valter_64 - 23/12/2011, 12:01
 
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view post Posted on 23/12/2011, 12:01     +1   -1
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Io sto giusto ad un terzo del tuo "pugnetto"
Però (magra consolazione) la più grossa chedo di avercela io Un s. Giorgio che uccide il drago di circa sei cm di diametro abbastanza recente; credo un vessillo da scout.
 
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view post Posted on 23/12/2011, 12:06     +1   -1
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:P , la mia piu' grossa , abbastanza vecchia e' 4 cm .....

 
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view post Posted on 23/12/2011, 12:40     +1   -1
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la giubilare 1525 è semplicemente mostruosa!!!!!
 
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view post Posted on 23/12/2011, 13:00     +1   -1
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Pover'uomo quanto lavoro devi aver fatto, scavare tutti quei bersagli solo soletto tra i monti :cry:
 
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view post Posted on 23/12/2011, 13:04     +1   -1
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ti prometto che non vado piu' da solo Valter , se ti va puoi venire con me, soli soli, vicini vicini.. :wub:

CITAZIONE
la giubilare 1525 è semplicemente mostruosa!!!!!

si veramente bella
 
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