di Mario Vinci di "B" - fonte
www.controluce.it/giornali/a10n04/p14-paesi.htmTra la fine del ‘700 e la prima meta dell’800, la cronaca nera sul brigantaggio nel Lazio, riporta un lungo agghiacciante elenco di grassazioni, omicidi, rapine, parricidi e assalti alle diligenze, perpetrati nei luoghi piu impervi e torvi, in particolare nella "Macchia della Faiola".
Questo orrido bosco attraversato dall’antica Via Latina, viene tristemente citato come il malfamato "nido di bande di briganti" minacciose e crudeli.
Le forre, i sentieri di sassi, il folto e irto sottobosco di rovi intrecciati, formano un luogo ideale quale inespugnabile tana per le orde di masnadieri, crudelmente versate alle grassazioni e agli assalti dei Postiglioni, che transitavano in questo triste luogo.
Era in essere il Governo del Papa Re che teneva in atto la pena capitale, e parecchi briganti, quando venivano acciuffati, erano inesorabilmente condannati al ... "taglio della testa e squarto".
Nell’elenco delle esecuzioni capitali tenuto da Mastrotitta (Giovan Battista Bugatti, carnefice romano dal 1790 al 1864), ne risultano tante legate al brigantaggio operante nella malfamata "Macchia della Faiola", zona aspra e selvaggia tra il "Maschio d’Ariano", "Monte Artemisio" e "Monte Algido", dalla quale aveva preso il triste appellativo "La banda dei briganti della Faiola", capeggiata dal famigerato Gasperone o Gasbarrone al secolo Cesare de Cesaris.
Fra le tante esecuzioni eseguite da Mastrotitta, la piu raccapricciante e' quella avvenuta il 18 maggio 1816 nei confronti di cinque briganti affiliati alla "banda della Faiola" Vincenzo Bellini - velletrano -, Pietro Celestini di Montefortino-Artena, Domenico Pascucci, Francesco Formichetti e Michele Galletti… rei di piu grassazioni e omicidi, condannati al taglio della testa e squarto; pena eseguita "al popolo" in piazza del Popolo in Roma.
Appunta Mastrotitta nell’elenco delle esecuzioni "Vincenzo Bellini, capobanda, doveva assistere alle esecuzioni dei suoi compagni e presenziare lo "squarto", prima di essere lui stesso giustiziato. Era un bell’uomo dalle forme atletiche, la barba nera fluente, occhi di fuoco corruscanti; vestiva alla ciociara come gli altri, ma non senza eleganza.
L’esecuzione dei primi quattro fu rapida quanto poteva esserlo; nessun tentativo di resistenza avevano fatto.
Quando ebbi impiccato uno di loro, Pietro Celestini, incominciai lo squarto, il sangue inondava il palco. Io ero inzuppato come il Bellini che assisteva imperterrito alla carneficina, senza che gli si alterasse il volto; non appena ebbi terminato di appendere i quarti alle travi, si udi un mormorio; Vincenzo Bellini, strappati i legacci che gli tenevano legate le mani incrociate, con uno sforzo sovrumano tento di buttarsi giu dal palco, ma io fui pronto ad afferrarlo mentre i soldati che assistevano alle esecuzione, appuntavano le baionette sopra di lui per ridurlo alla ragione.
Fui svelto a gettargli al collo la corda con il nodo scorsoio, e afferrata per maggior sicurezza quella di soccorso, mentre il garzone lo spingeva ai piedi, lo appesi al cappio e con una enorme spinta lo lanciai nel vuoto... dalla folla trepidante che assisteva normalmente all’esecuzione, echeggio' uno strillo e una donna delirante svenne . Era la sua "ganza" - la donna sua compagna - che lo aveva denunciato alla giustizia, pentita del suo tradimento".
e' questa una piccola parte del triste retaggio storico del brigantaggio nel Lazio e dei "briganti della Faiola" guidati dal famigerato Gasperone.
"Il Maghetto"
Rocca Priora, vetta dei colli Albano-Tuscolani, per la sua conformazione orografica costituisce un baluardo estremo a difesa della valle Latina, valle a quel tempo aspra e selvaggia. e' al cospetto dell’orrido monte Artemisio o Maschio d’Ariano, che racchiude in se' la tetra macchia della Faiola, nido inespugnabile, della banda "Gasperone".
Le sue scorribande aggressive e sanguinose, tormentavano l’intera zona intercastellana al punto che, anche il governo, scosso da continue lagnanze che giungevano dalle potenze straniere per le pessime condizioni di sicurezza pubblica nei dintorni di Roma, che mettevano a repentaglio la vita e gli averi di coloro che cola' transitavano, si era deciso di intraprendere una campagna anti brigantaggio e condurla con energia.
La "Macchia" veniva perlustrata palmo a palmo, ma le pattuglie, purtroppo, rientravano senza risultati apprezzabili.
Sembrerebbe che il Monte Artemisio sia collegato con il Monte Algido per mezzo di lunghe gallerie sottostanti il massiccio. Da ricerche archeologiche effettuate, sono state trovate tracce evidenti di questi menzionati cunicoli.
Rocca Priora non poteva restare indenne dalla sindrome della delinquenza in loco, quindi anche la Rocca Savelliana ebbe il suo buon rappresentante: il Maghetto.
Era questo un certo Tommaso Transerici che macchia il nome di Rocca Priora. Tale appellativo gli veniva dalla sua spiccata agilita' accompagnata da diabolica furberia. Era affiliato alla "banda della Faiola" con a capo Gasperone, ma lui faceva funzioni di Luogotenente.
Nell’anno 1817 il Maghetto, capeggio' una bellicosa orda di banditi per l’assalto alla Villa Rufinella, di proprieta' del principe Aldobrandini in Frascati, nella quale era ospite Luciano Bonaparte, fratello di Napoleone, che in tale epoca era comproprietario del "Castello di Rocca Priora et suo tenimento".
L’azione prevedeva il sequestro del Bonaparte dal quale si aspettava una forte somma di riscatto, ma il Bonaparte riuscei a sottrarsi alla cattura, mettendosi in salvo attraverso i sotterranei della villa.
Un certo Monsignor Cunio, eminente prelato, si salvo' dalla cattura facendo credere egli essere un povero prete trovatosi per caso nella villa.
Il Maghetto dove’ accontentarsi di trasportare con se' un pittore a nome Chatillon, che ritenne essere il Principe Bonaparte.
Si narra che il pittore, nei boschi della Faiola fu ben trattato dai briganti, perche' dipinse a tutti il proprio ritratto e che esso venne riscattato con ben cinquecento Scudi versati dal Principe.
Altre gesta brigantesche compi' la stessa masnada, sempre capeggiata dal Maghetto il 10 Maggio 1821 sull’Eremo di Camaldoli.
"Un gruppo di religiosi che era a passeggio nei viali dell’Eremo, si vide all’improvviso una banda di briganti composta da sedici elementi, dei quali faceva parte anche un prete. L’orda bellicosa penetro' dentro la Chiesa per terrorizzare, con le armi alla gola, gli altri otto religiosi che facevano preghiera".
Il Maghetto scelse allora otto frati da condursi via, onde poter consumare l’audacissimo riscatto. Giunto poco oltre le Croci, prima rilascio' un frate che vide non troppo abile a sostenere la marcia che intendeva effettuare e, poco dopo, un altro lo spediva all’Eremo - certo Don Ambrogio - perche' dicesse ai superiori che occorrevano settemila scudi per il rilascio dei malcapitati religiosi che trascinava seco.
L’itinerario percorso dai catturati eremiti fu il seguente: da Camaldoli per i colli di Rocca Priora, guadagnata la valle Latina, si arrivo0 nel mezzo dell’orrida selva della Faiola, dalla quale per il Maschio di Velletri attraverso i Lepini giunsero ai boschi di Sonnino, anche questo luogo tristemente celebre, in quanto era il "Quartier Generale" dei piu' rinomati briganti dell’epoca che operavano tra i boschi della Faiola e i Monti Lepini verso Sezze.
Magra fu la somma del riscatto per il Maghetto, il quale dove' accontentarsi di poche migliaia di Scudi raccolti dal superiore dell’Eremo don Sergio Micara, nativo di Frascati, mediante pubbliche sottoscrizioni.
Si sa che il Maghetto, essendosi dimostrato benevolo con il prete della Rufinella, venne a patti con il governo ed ebbe buone condizioni. Purtroppo pero' venne di nuovo attratto dall’istinto brigantesco e dalla nostalgia della "Macchia", quindi riprese la vita selvaggia dei boschi, gettandosi di nuovo nel brigantaggio.
Questa volta pero', fu catturato dalla milizia pontificia insieme ad altri banditi, con i quali venne giustiziato.
Altra figura di brigante che interessa la storia di Rocca Priora, potrebbe essere quel tale Peppino Roccapriori di cui parla il Dumas nel suo Conte di Monte Cristo. Seguace del celebre brigante Luigi Vampa, era da questo impiegato in tutte le imprese piu' rischiose e losche.
Catturato e condannato ad essere mazzolato, ebbe salva la vita in modo misterioso. Non e' possibile giungere all’identificazione di questo bandito per difetto di documentazione relativa al personaggio.
Per concludere con queste oscure cronache di brigantaggio a Rocca Priora, c’e' da ricordare un tale "Antonello da Rocca Priora" che fu preso, condannato e impiccato con squarto, per aver ucciso nel proprio letto, dopo averlo derubato di denari e gioielli, il cardinale Angelotto Palozzi, di cui era cameriere, nell’anno 1444 il 12 di Settembre.
Si ha memoria di un altro "Antonello da Rocca Priora", che in qualche modo riscatta le malefatte del suo predecessore, poiche' appare come Procuratore di Antonio Colonna, Principe di Salerno dal 1463 al 1469, da cui ebbe donata una casa nel Rione Colonna.
Inoltre, da un Francesco di Giovanni di Marco, pure di Rocca Priora, lo stesso Antonello ebbe un’altra casa sul Colle Quirinale, e da lui poi ceduta al Cardinale Giovanni Colonna nell’anno 1499.
Ecco l’intreccio della Storia "Bonus-Malus" di Rocca Priora, antica ed arcaica "Corbio" 496 a.C., "Corbione" nell’Evo antico, "Corbium" nell’Evo moderno, oggi Rocca Priora.