Per non dimenticare....
Il massacro di Biscari è un crimine di guerra compiuto dall'esercito degli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale: vennero uccisi 76 prigionieri di guerra tedeschi e italiani, in due distinti episodi.
Entrambi gli episodi avvennero il 14 luglio 1943 nelle campagne di Piano Stella, vicino a Biscari, oggi Acate, località siciliana a sud di Caltagirone e in provincia di Ragusa.
La prima strage ad opera del Capitano Compton
L'aeroporto di Santo Pietro era presidiato da una guarnigione di avieri comandati dal capitano Mario Talante,da un battaglione di artiglieri al comando del maggiore Quinti e da un reparto di truppe tedesche.
Dopo intensi bombardamenti, l'aeroporto fu accerchiato all'alba del 14 luglio 1943. Gli avieri, la sera prima, furono divisi in due gruppi. Con certezza un gruppo, armato con i moschetti 91, fu lasciato in una casamatta nel tentativo di contenere l'avanzata degli americani. Furono presto presi prigionieri ed uscirono dal rifugio con le mani alzate, mentre qualcuno sventolava un fazzoletto bianco in segno di resa.
Ai prigionieri furono tolti vestiti, scarpe, oggetti di valore e subito furono messi in fila per essere fucilati per ordine del capitano John Compton.
Di questo gruppo si salvarono solo due militari italiani (il caporale Virginio De Roit e il soldato Silvio Quaiotto) che ai primi colpi riuscirono a darsi alla fuga e a nascondersi presso il torrente Ficuzza.
In questo frangente perì anche il famoso atleta tedesco di salto in lungo Luz Long amico stretto di Jesse Owens, che partecipò ai Giochi olimpici di Berlino del 1936.
Il mattino del 15 luglio il tenente colonnello W.E. King, un cappellano della 45ª Divisione, trovò una fila di cadaveri sulla strada che dall'aeroporto portava al paese di Biscari, a pochi metri da una grande quantità di bossoli americani, per un totale di 34 italiani e 2 tedeschi.
Il tenente colonnello King trovò altri cadaveri allineati, quindi, presumibilmente, fucilati, prima di giungere all'aeroporto.
Qui venne a conoscenza di un ulteriore gruppo di militari italiani fucilati.
La seconda strage ad opera del Sergente West
Un altro gruppo di prigionieri, incolonnato per essere condotto nelle retrovie ed interrogato dagli uomini dell'intelligence, fu affidato al sergente Horace West, con 7 militari. Durante il tragitto si aggiunsero al gruppo altri 37 prigionieri, di cui 2 tedeschi. Dopo circa un chilometro di marcia furono obbligati a fermarsi e disporsi su due file parallele, mentre West, imbracciato un fucile mitragliatore, aprì il fuoco compiendo il massacro.
Al centro della prima fila c'era l'aviere Giuseppe Giannola, che fu l'unico superstite.
Questi, in una relazione inviata al Comando Aeronautica della Sicilia, ricordò:
« Fummo avviati nelle vicinanze di Piano Stella ove fummo poi raggiunti da un altro contingente di prigionieri italiani del R° esercito, e questi ultimi in numero circa di 34. Tutti fummo schierati per due di fronte - un Sottufficiale americano, mentre altri 7 ci puntavano con il fucile per non farci muovere, col fucile mitragliatore sparò a falciare i circa 50 militari che si trovavano schierati. Il dichiarante rimasto ferito al braccio destro rimase per circa due ore e mezzo sotto i cadaveri, per sfuggire ad altra scarica di fucileria, dato che i militari anglo americani rimasero sul posto molto tempo per finire di colpire quelli rimasti feriti e agonizzanti.
(Dalla relazione dell'aviere Giuseppe Giannola del 4 marzo 1947 al Comando Aeronautica della Sicilia.)
Giannola, quando pensò che gli americani se ne fossero andati via, alzò la testa nel tentativo di allontanarsi, ma da lontano qualcuno gli sparò con un fucile colpendolo di striscio alla testa. Cadde e si finse di nuovo morto.
Restò immobile per circa mezz'ora fin quando, strisciando carponi, raggiunse un grosso albero. Vide degli americani con la croce rossa al braccio e si avvicinò.
Gli furono tamponate la ferite al polso e alla testa e gli fu fatto capire che da lì a poco sarebbe sopraggiunta un'autoambulanza, che l'avrebbe trasportato al vicino ospedale da campo. Poco dopo vide avvicinarsi una jeep e fece segno di fermarsi.
Scesero due soldati, uno con un fucile, che gli domandò se fosse italiano, alla risposta positiva il soldato statunitense gli sparò, colpendolo al collo con foro d'uscita alla regione cervicale destra, risalì in macchina e si allontanò.
Poco dopo sopraggiunse l'autoambulanza che lo raccolse trasportandolo all'ospedale da campo di Scoglitti, due giorni dopo fu imbarcato su una nave e portato all'ospedale inglese di Biserta e ad altri del Nord Africa.
Rientrò in Italia il 18 marzo 1944 e fu ricoverato all'ospedale militare di Giovinazzo, al termine del conflitto, in data 4 marzo 1947, presentò al Comando Aeronautica della Sicilia un resoconto di quanto accaduto, ma rimase inascoltato.
Negli anni che seguirono continuò inutilmente a far sentire la sua voce, fino a quando, assistito dal figlio Riccardo, raccontò tutto al procuratore militare di Padova, il quale aveva aperto un fascicolo per la storia di un altro sopravvissuto al crimine di guerra consumato negli stessi luoghi, per mano del Capitano Compton.
Per chi ama approfondire
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Massacro_di_BiscariIl discorso di Patton sbarcato in Sicilia
Il 27 giugno 1943, durante la preparazione delle truppe statunitensi in vista dello sbarco in Sicilia, il comandante della 7ª Armata statunitense, generale George Smith Patton, tenne un rapporto agli ufficiali della 45ª Divisione di fanteria, nel corso del quale diede disposizione di uccidere - senza accettare le loro eventuali offerte di resa - i militari nemici che resistessero ancora quando le fanterie statunitensi fossero giunte a 200 iarde, circa 180 metri, di distanza da essi.
« Se si arrendono quando tu sei a due-trecento metri da loro, non badare alle mani alzate. Mira tra la terza e la quarta costola, poi spara. Si fottano, nessun prigioniero! È finito il momento di giocare, è ora di uccidere! Io voglio una divisione di killer, perché i killer sono immortali! »
(George Smith Patton)
So che è un testo un po' lungo ma credo vada letto così com'é senza omissioni...già ne furono fatte troppe.