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NELLA STEPPA CON LA MONTAGNA NEL CUORE. DATABASE N°3

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view post Posted on 6/3/2015, 00:02     +1   -1
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PARTE 3

L'AFFARDELLAMENTO.

Lo zaino affardellato.
Sopra lo zaino erano collocati gli effetti di pronto uso durante le marce di spostamento. Il tutto era sapientemente collocato sullo zaino tramite le varie cinghie di cotone ritorto presenti sui lati esterni dello zaino stesso. Ogni oggetto era posizionato a seconda della priorità d'uso. Gli effetti personali di protezione come elmetto d'acciaio e la mantellina erano posizionati in modo di avere una celerità di utilizzo. La moltepilicità degli oggetti affardellati rendeva lo zaino di ulteriore non confortevole peso ma garantiva la tutela immediata del soldato in caso di impellente bisogno e di disagevole approvvigionamento da parte dell'intendenza. Sullo zaino trovavano collocazione l'elmetto d'acciaio modello 1933, la mantellina, la coperta regolamentare, le ciaspole, il bastone da montagna alpenstok, il telo tenda e la corda di sicurezza. Durante la campagna di Russia, negli spostamenti di avvicinamento alle zone di operazioni, l'alpino italiano si sobbarcò il peso del trasporto dell' attrezzatura ma in combattimento la dotazione fu molto ridotta in quanto il terreno ampiamente pianeggiante rese possibile celeri approvvigionamenti. Purtroppo a causa di questo, determinate atrezzature furono confinate in magazzino ed influirono negativamente sulle fatiche fisiche che il soldato italiano si trovò ad affrontare, in un clima esageratamente ostile quale appunto l'inverno Russo.



L'elmetto modello 1933.
Realizzato nel 1933 in sostituzione del già moderno modello 1931, il casco d'acciaio riconosciuto come Elmetto d'acciaio per truppe a piedi modello 933 fu adottato ufficialmente con la circolare n° 915 del 29 novembre 1934. Trattato termicamente è costruito in acciaio speciale composto da manganese, nichel e carbonio è formato da una calotta semisferica appositamente studiata per deviare il più possibile l'impatto di corpi estranei sulla sua superficie. Rispetto al vetusto modello Adrian, il maggior spessore della lamiera fu garanzia di sicura protezione da possibili impatti dei proiettili di rimbalzo, da piccole schegge e dalle pallette dei proiettili caricati a shrapnel. La calotta è aerata da tre rivetti bombati, forati e sfalzati, che posti uno nella parte posteriore e gli altri due posizionati verso i ¾ della parte anteriore, fungono anche da supporto al cerchione dell'imbottitura interna. L'imbottitura, che per l'epoca fu di innovativa e moderna concezione è formata da un'armatura elastica d'acciaio, atta ad assorbire ed ammortizzare gli eventuali impatti ricevuti. Su di essa è rivettata l'imbottitura di feltro e la cuffia di cuoio di capra. La cuffia è sagomata in otto linguette intagliate e forellate, riunite all'apice da una piccola correggia di cuoio che seve alla regolazione dell'altezza dell'elmo sulla testa del soldato. La cuffia è realizzata in un' unica striscia di cuoio che è unita tramite cucitura posteriore realizzata a classiche linee orizzontali oppure a Z. Il soggolo, in cuoio grigioverde a concia grassa, è rivettato a due occhielli quadrati di ferro posizionati ai due lati dell'armatura elastica d'acciaio. Quando è presente, il fregio del reparto di appartenenza è stampigliato per la truppa a mascherina con vernice nera, mentre per gli ufficiali superiori è direttamente disegnato in oro o argento a seconda del rango del grado. Per i corpi speciali quali appunto le truppe alpine, con circolare n° 678 dell'agosto 1940, fu prevista l'applicazione alla falda sinistra dell'elmo di un dispositivo porta penna in lamierino di acciaio. Il porta penna è formato da un'alloggiamento inclinato dove è inserita la penna ed è fissato alla falda dell'elmo tramite una linguetta a cerniera. Sull'alloggiamento inclinato assieme alla penna, è posizionato anche il dischetto ovoidale di legno comprensivo della nappina di lana colorata di distinzione del reggimento. La penna come già specificato è nera per la truppa e bianca per gli ufficiali. Di ottime prestazioni e di ottima affidabilità l'elmetto modello 33 ha avuto una longeva durata e ha continuato ad equipaggiare le truppe italiane fino algli anni 90 dello scorso secolo.

















La mantellina.
Fin dal primo conflitto mondiale la mantellina a ruota ha fatto parte della dotazione regolamentare dell'alpino italiano. Dopo la grande guerra alla fine degli anni venti fu realizzato un nuovo modello di mantellina consciuto come Mantellina a ruota per truppe alpine modello1929.. Nel 1933 a seguito della riforma uniformologica Baistrocchi per i militari di truppa furono adottati come indumenti di protezione contro il freddo il cappotto modello 1934 ed in seguito il modificato modello 1937 per truppe a piedi. Per l'alpino italiano il nuovo vestiario fu ritenuto poco idoneo e venne continuata ad adottale la mantellina a ruota che a seguito della modifica avvenuta nel 1937 fu classificata come Mantellina a ruota per truppe alpine modello 1937.
Con tale indumento di protezione da pioggia e freddo l'alpino italiano partì, disastrosamente per il fronte russo. Valida per il periodo autunnale la mantellina si dimostrò inadeguata ed insufficiente al comparire dei primi rigori dell'inverno russo tanto da essere sostituita come dotazione regolamentare dal cappotto per truppe a piedi modello 1937. Anche se non proprio adeguato quest'ultimo capo di vestiario riuscì in qualche maniera a garantire una più idonea protezione dal terribile gelo russo. Nei primi mesi dell'avventura russa durante le marce di avvicinamento alla linea del fronte, la mantellina, per un pronto uso di protezione in caso di vento e piogge improvvise, era affardellata nella parte superiore dello zaino direttamente sopra la patta di chiusura dello zaino stesso.





La coperta.
Come tutti i soldati italiani impegnati nel secondo conflitto mondiale, anche il militare alpino fu dotato di coperta individuale da campo in lana autarchica. La coperta da campo è di dimensioni e peso minore delle coperte da casermaggio. Le dimensioni regolamentari di 1,2x1,7 mt ed il peso attorno ai due chili permettevano un più facile affardellamento e un più comodo trasporto della coperta sullo zaino. Non di eccellente termicità era invece molto apprezzata per la idrorepellenza dovuta alla fitta trama del tessuto di lana vergine. Di classico disegno formato da tre bande di lana bianca (due più piccole laterali e una centrale più grande) le coperte ricosciute dall'intendenza militare erano contrassegnate con una stella realizzata in cucito di filo di cotone bianco nella parte bassa della coperta stessa. Durante la ritirata di Russia del gennaio 1943 nelle foto d'epoca si notano molti soldati che come ulteriore protezione dal freddo e soprattutto dall'umidità fanno uso di queste personali dotazioni. Purtroppo queste foto sono delle indelebili penose ed originali testimonianze della scellerata sottovalutazione ed impreparazione militare che gli alti comandi italiani dimostrarono nell'affrontare una così impegnativa campagna di guerra.





La corda.
Di indiscussa utilità nel teatro operativo montano la corda per la messa in sicurezza del singolo durante le scalate degli impervi pendii fu di assoluta inutilità nel piatto terreno della steppa russa.
Ciò nonostante la dotazione regolamentare dell'alpino in partenza per il fronte orientale prevedeva tale attrezzatura e di fatto gli zaini furono affardellati anche con questo componente che però fu deliberatamente soppresso in zona di operazioni. La corda era costruita in robusta fibra naturale di canapa intrecciata e presentava nelle parti finali due occhielli realizzati con la corda stessa che servivano per l'aggancio dei moschettoni di cordata. La corda era affardellata allo zaino accanto alla coperta ed era fermata dal cinghiaggio laterale che teneva in sede anche le ciaspole da neve.





Le ciaspole.
Fin dalla prima guerra mondiale nella dotazione delle truppe alpine furono previste le racchette da neve comunemente conosciute come ciaspole. Costruite in legno con intrecciatura di cordame di cotone, per essere applicate allo scarpone utilizzavano cinghiaggio di cotone ritorto e parti metalliche di filo di ferro. Agli inizi del secondo conflitto mondiale le ciaspole, essendo ancora previste nella dotazione alpina, subirono alcune modifiche di ammodernamento sia nella forma che nel sistema di applicazione allo scarpone. Il telaio è formato da un lungo listello di legno che è piegato a caldo, con lavorazione a mano, nella classica forma a fagiolo con la quale viene classificato il nuovo modello delle ciaspole. L'intrecciatura di cordame che sorregge lo scarpone rimane invariata, mentre il cinghiaggio è realizzato interamente in robusto cotone ritorto di colore bianco. Le parti metalliche che regolano la posizione del tacco vengono abolite e la cinghia di allaccio dello scarpone è equipaggiata con fibbietta ad orecchi in alluminio. Al centro della ciaspola, applicato al cordame intrecciato tramite quattro occhiellini di allumnio, è posizionato il robusto plantare in cotone ritorto che sorregge lo scarpone. Il cordame è intrecciato al telaio di legno della ciaspola passando attraverso delle asole ricavate lungo la costola del telaio stesso. La lunga cinghia, sapientemente passata attraverso delle campanelle di ferro poste sull'intreccio del cordame, permette la giusta regolazione delle diverse misure degli scarponi e la fibbia ad orecchi permette un rapido bloccaggio e sbloccagio dello scarpone dalla ciaspola. Al momento della partenza per il fronte russo l'alpino disponeva di questa utile attrezzatura che era posizionata e fermata sui fianchi degli zaini modello 1939. Purtroppo al momento del bisogno, durante la disastrosa ritirata del 1943, molte di queste attrezzature, giacenti nei magazzini miltari di stoccaggio, andarono perdute a causa dei distruttivi incendi appiccati volontariamente per non far cadere il materiale in mano nemica e disgaziatamente pochi furono gli alpini che riuscirono ad usufruirne per un più comodo procedere. La ripercussione delle morti bianche da sfinimento e stanchezza fu in quel triste periodo di una drammaticità impressionante. (Per completezza della discussione allego l'unica foto d'epoca che sono riuscito a reperire di alcuni artiglieri in ritirata con la dotazione delle ciaspole affardellata).



















L'alpenstock.
Un'altro utile attrezzo della dotazione delle truppe alpine era rappresentato dal bastone da montagna comunemente riconosciuto come Alpenstock. Di lunghezza variabile fra i 140 e i 170 cm era realizzato con legno resistente e leggero dotato di puntale e testiera in metallo. Il legno poteva essere più o meno di pregio a seconda del luogo di provenienza e delle ditte di costruzione. Un buon legno era rappresentato dal rovere, ma non veniva disdegnato neanche il più comune abete bianco. Il puntale era rigorosamente in acciaio fucinato e temprato con disegno più comune a sezione quadrata mentre per la testa poteva essere usato anche il bronzo o l'ottone bruniti o verniciati di nero. Il diametro del bastone dipendeva dal diametro degli accessori metallici e poteva variare dai 2,5 ai 4 cm. A circa 15-18 cm dalla testa sul bastone era presente un foro passante di circa 5 mm di diametro nel quale era inserita una piccola correggia di cuoio per la presa e l'appoggio della mano durante l'utilizzo del bastone. Molto utile nelle ascese e nelle discese degli impervi terreni montani, risultò soltanto di ingombro nelle ampie pianure come la steppa Russa. Gli alpini in partenza per questo fronte, in previsione di un loro impiego in terreno Caucasico, ne furono egualmente equipaggiati, ma l'evolversi dei disastrosi eventi che costrinse il loro impiego nella piatta pianura decretò il totale abbandono di tale, ormai divenuta inutile, attrezzatura.













Il telo tenda modello 1929.
Per l'esigenza di tutelare al meglio l'incolumità del militare al fronte, nell'esercito italiano, già durante il primo conflitto mondiale si provvide a rendere meno visibili attraverso il mometismo attrezzature ed uomini. Divise ed accessori furono studiati affinchè il colore risultasse meno vistoso agli occhi del nemico. Il colore adottato per le divise fu il grigioverde, per i teli delle attrezzature il colore ocra o bruno terra. Verso la fine degli anni venti, con la riforma degli equipaggiamenti, fu realizzato un nuovo tipo di disegno mimetico a chiazze formato dai colori verde, ocra e marrone. Questo tipo di disegno fu prerogativa dei tessuti dei teloni e delle tende da campo previste per le zone di operazioni. Il nuovo telo tenda è classificato come Telo tenda mimetico modello 1929. Il telo di misura standard di 1,85 mt per lato è provvisto di una serie di asole e di bottoni che permettono il suo utilizzo per diversi scopi. I bottoni sono di metallo (alluminio verniciato di marrone) e le asole degli occhielli sono realizzate in cucitura a macchina con filo di cotone nero, marrone o verde.
Con questa tipologia di tenda il soldato italiano affrontò il secondo conflitto mondiale. Come per tutti i soldati del Regio Esercito anche per gli alpini fu prevista tale attrezzatura che era comprensiva del telo tenda e degli accessori per la tenda. Il telo tenda e gli accessori erano trasportati affardellati nella parte inferiore dello zaino modello 1939 fermati dai cinghiaggi di tela di cotone ritorto. Gli accessori erano composti da due paletti di metallo anodizzato (conosciuti come clarinetti), da una cordicella di fibra naturale intrecciata e da due grossi picchetti di legno. Durante gli accampamenti estivo/autunnali in terra di Russia questa attrezzatura fu di indubbia utilità per il soldato alpino, ma fu definitivamente abbandonata per più comodi alloggi (isbe e ricoveri sotterranei) al sopraggiungere del tosto clima invernale. La spessa coltre di neve ed il gelo eccessivo non permisero più l'utilizzo di vistosi disegni mimetici e di freddi tendaggi e solo per la sua ignifughità il telo tenda modello 1929 fu, in qualche caso, utilizzato come copertura provvisoria di attrezzature, strumenti ed animali.











L'ARMAMENTO INDIVIDUALE .

Il fucile modello 1891/41.
Il 29 marzo 1892 il Regio Esercito Italiano, come arma di ordinanza in sostituzione del vetusto modello Vetterli-Vitali, adottava ufficialmente il fucile Manlicher-Carcano modello1891 in calibro 6,5x52mm. Fedele compagno del soldato italiano durante tutto il primo conflitto mondiale il nuovo fucile in adozione fu riconosciuto come Fucile Manlicher-Carcano modello 1891 lungo. Durante gli anni successivi alla prima guerra mondiale, per esigenze di ammodernamento, furono realizzati diversi modelli di fucili più corti (moschetti) di derivazione dal capostipite modello 1891. Nel 1941 per equipaggiare le truppe alpine in partenza per il fronte Russo fu realizzato, sempre in derivazione, un nuovo modello di fucile che fu denominato Fucile Manlicher-Carcano modello 1891/41. Il nuovo modello continua a mantenere il calibro 6,5x52mm ma è più corto nella canna di 8 cm misurando totalmente 117,5 cm. Il sistema di caricamento e di sparo è identico al suo predecessore mod.91 lungo con lastrina di caricamento a sei colpi, ma da questi differisce per l'alzo di mira più corto. L'alzo del tipo ad alette a quadrante ribaltabile è tarato da 300 a 1000 metri e dispone di due tacche di mira fisse da combattimento impostate su 200 e 300 metri. La culatta di canna è cilindrica e non più a sfacettatura esagonale e riporta punzonati il marchio di fabbrica dell'Arsenale di Terni (FAT), l'anno di costruzione ed il seriale matricolre del fucile. Il numero di matricola è ripetuto anche sulla pala della calciatura della cassa. Come nel predente mod.91 l'attacco della sciabola baionetta modello 1891 è a slitta a T ed è situato sul bocchino sotto il canale della bacchetta nettatoria. La cassa in legno di noce, di frassino o di faggio è fissata alla canna da una vite, da una fascetta e dal bocchino. Nella parte superiore la canna è protetta da un copricanna di caratteristica lignea uguale alla cassa ed il calcio è protetto da uno spesso calciolo di lamiera. La cinghia di trasporto è in cuoio a concia grassa dipinto in grigioverde di 2,2 cm di larghezza. Il sistema di caricamento dell'arma è previsto con l'inserimento, nel vano di culatta, di una lastrina/caricatore contenente sei cartucce a pallottola che è tenuta in sede da un dentino di ritegno posto nel vano del serbatoio. L'immissione della cartuccia nella camera di scoppio è del tipo a otturatore manuale scorrevole e girevole ed è assicurata da un'elevatore a molla posto anch'esso nel vano serbatoio. Al momento del cameramento della sesta cartuccia il dentino di ritegno termina la sua presa e la lastrina ormai libera cade automaticamente dall'apertura inferiore del serbatoio dando modo al soldato di apprendere dell'avvenuto termine dei colpi. Nostante l'ingombro e la poca maneggevolezza anche questo modello di fucile si dimostrò efficace, affidabile ed apprezzato come il suo mitico predecessore.

























La baionetta/sciabola modello 1891.
Durante il secondo conflitto mondiale, per le truppe a piedi (fanteria) continuò ad essere adottata come arma bianca la baionetta/scaibola modello 1891. La baionetta modello 1891 realizzata per essere inastata nei fucili Carcano-Manlicher modello 1891 lungo, continuò la sua lungimirante carriera anche nei modelli di fucili derivati e con la creazione del fucile modello 1891/41 anche le truppe alpine che usufruivano di tale arma ne furono dotate. La sciabola/baiontta 1891 si compone di una lama di acciaio lunga 30 cm con profilo rettangolare e filo a sguscio su entrambi i lati. La crociera della guardia è lunga 9 cm con spessore di 8 mm terminante nella parte inferiore con un piccolo pomello sferico. Il braccio della parte superiore della crociera è comprensivo dell'occhione di innesto alla canna (anello con diametro esterno di 1,8 cm ed interno di 1,3 cm di uguale misura della volata della canna) ed è di altezza atta alla protezione, durante l'inserimento della baionetta sul fucile, della sottostante bacchetta nettatoria,. L'impugnatura è comprensiva di due guancette in legno liscio fermate entrambe al manico tramite due rivetti ribaditi. Sul pomolo dell'impugnatura è presente il piolo a molla di blocco della scanalatura a T, lunga 3,5 cm, che fa da guida al dente di supporto della baionetta posto sotto il bocchino del fucile. Sul tallone della lama nelle produzioni provenienti da arsenale è impresso il nome del luogo di produzione mentre sulla crociera sono riportate le punzonature della matricola e dell'anno di costruzione. Nelle produzioni civili i marchi relativi a matricola, fabbrica e anno di costruzione sono punzonati direttamente sulla crociera.
L'arma in totale misura 41 cm e non ha subito sostanziai modifiche durante la sua duratura carriera salvo lievi differenze di rifinitura e di molteplicità dei materiali.
La baionetta è comprensiva solitamente di fodero di cuoio provvisto di fornimenti (puntale e cappa) in materiale metallico ma esistono anche due altre versioni di fodero, completamente metalliche, in acciaio nervato o liscio. I fornimenti per i foderi di cuoio furono previsti interamente in materiale di ottone, ma durante il periodo bellico della seconda guerra mondiale le cappe di questo materiale furono fermate al cuoio con viti più economiche di acciaio. Contemporaneamente con l'evolversi del conflitto nelle nuove produzioni dei foderi l'ottone fu abolito e i fornimenti vennero realizzati in comune ferro laccato o brunito. Il marchio di fabbrica e l'anno di produzione sono stampigliati sulla costola sinistra nella parte posteriore del fodero. La baionetta della discussione è una produzione realizzata dalla ditta privata C. Gnutti nel 1941. Con la baionetta inastata il fucile modello 91/41 raggiungeva la ragguardevole lunghezza di 147 cm dando la possibilità al soldato, in caso di combattimento ravvicinato, di disporre di una buona distanza di difesa/offesa dall'assalto del nemico.

















IL MUNIZIONAMENTO.

La cartuccia a pallottola cal. 6,5x52mm Mannlicher – Carcano mod. 1890/95.
Dal 1870 il Regio Esercito Italiano aveva in dotazione i fucili Vetterli-Vitali in calibro 10,35x47 mm Rimmed che sparavano cartucce a pallottola caricate a polvere nera. Nel 1884 la scoperta della polvere infume alla nitrocellulosa, da parte di Paul Marie Eugène Vieille, rese possibile la realizzazione di fucili con calibratura minore rispetto a quelli fino ad allora adottati.
Tedeschi e Francesi realizzarono dei fucili con calibratura di 8 mm, la commissione italiana del Regio Esercito optò per un calibro ancora più piccolo in 6,5 mm. La motivazione di tale scelta fu di origine pratica in quanto il peso ridotto delle cartucce permetteva un trasporto più ampio di munizioni da parte del soldato soprattutto negli spazi dove gli approvvigionamenti stentavano ad arrivare (vedi le negative esperienze delle guerre coloniali). Con circolare del 18 aprile 1890 fu ufficialmente adottata la cartuccia a pallottola modello 1890 in calibro 6,5x52 mm Rimless e l'anno successivo fu ufficiosamente adottata l'arma lunga che la sparava e cioè il fucile Carcano Manlicher modello1891. In seguito a varie problematiche ed inconvenienti di tenuta di gas, con relativa mancata epulsione del bossolo, nel 1895 furono apportate delle modifiche atte a garantire una maggiore tenuta del fondello e la nuova cartuccia prese il nome di Cartuccia a pallottola cal. 6,5x52mm Mannlicher - Carcano modello 1890/95.
La carica delle cartucce ordinarie modello 1890/95 era costituita da 1,95 grammi di balistite in grani che spingeva una pallottola di forma cilindrico ogivale del peso di 10,45 grammi. Nei primi anni del 1900 la carica delle cartucce subì un' ulteriore modifica passando da 1,95 grammi di balistite in grani a 2,28 grammi di solenite in tubetti. Il primo ad adottare la nuova carica fu il Pirotecnico (arsenale) di Bologna nel 1906 seguito nel 1907 anche dal Pirotecnico di Capua. La solenite presenta una stabilità maggiore e a parità di condizioni, essendo più lenta, sviluppa minori pressioni della balistite rendendo più confortevole al soldato il rinculo dell'arma e garantendo altresì una maggiore durata dell'arma stessa. All'uscita della volata della canna la velocità della palla raggiunge i 730 m/sec rendendo il proiettile molto preciso nella traettoria che però causa della poca energia cinetica, dovuta al piccolo calibro, non risulta di potente potere di arresto. La palla è costruita in piombo rivestito da una camiciatura in maillechort, lega formata dall' 85% di rame e dal 15% di nichelio. Il bossolo è tronco conico di lungheza di 52 mm e presenta sul colletto una triplice punzonatura trapezoidale per la crimpatura della palla che però fu definitivamente abolita, all'inizio della seconda guerra mondiale, a favore di un nuovo sistema di aggraffatura del colletto in una apposita scanalatura godronata della palla. Sul fondello dei bossoli sono presenti in rilievo i marchi delle fabbriche costruttrici e l'anno di fabbricazione. La realizzazione delle cartucce era espletata sia dagli arsenali miltari (Pirotecnico di Bologna e di Capua) sia da ditte civili quali la S.M.I (Società Metallurgica Italiana) e la B.P.D (Bombrini Parodi Delfino). I bossoli delle cartucce del periodo bellico, sia nella prima che nella seconda guerra mondiale, furono realizzati in ottone e in acciaio laccato di verde scuro.
Le cartucce erano inserite nel fucile assemblate in lastrine elastiche, che fungevano anche da caricatore, contenenti sei colpi filari ciascuna.















Le lastrine/caricatori e il pacchetto di caricatori.
Come per le cartucce anche le lastrine elastiche di caricamento modello 1891 erano prodotte sia dagli arsenali che dalle fabbriche civili. Per la loro costruzione il materiale maggiormente impiegato fu l'ottone, ma durante i periodi bellici della prime e della seconda guerra mondiale fu adoperato anche l'acciaio. Durante la prima guerra mondiale la maggiore produzione era garantita dagli arsenali militari (pirotecnico di Bologna e di Capua) per poi regredire negli anni di intervallo e divenire maggiormente civile durante il secondo conflitto mondiale. La fabbrica che ebbe la maggiore produzione fu la S.M.I, ma con l'evolversi del conflitto per supperire alla grande richiesta si fece ricorso anche ad altre ditte artigianali. Durante la seconda guerra mondiale la dotazione regolamentare del soldato era prevista in otto caricatori, da sei cartucce ognuno, riposti nelle due giberne cartuccera. Il numero non elevato di colpi (48) imponeva, in casi di non garantiti rifornimenti da parte dell'intendenza, anche l'assegnazione per ogni soldato di tre pacchetti di cartone contenenti tre caicatori ciascuno che permettevano di aumentare la dotazione di ulteriori cinquantaquattro cartucce a disposizione. Con questo escamotage il potenziale offensivo/difensivo del soldato fu riportato alla rassicurante disponibilità di centodue colpi come nel primo conflitto mondiale.











Qui termina il tuffo nella ricostruzione storica e nella storia, nella storia delle nostre gloriose truppe alpine durante una delle più terribili campagne della seconda guerra mondiale, campagna che ha esaltato le gesta dei suoi componenti, uomini comuni che saranno per sempre ricordati come eroi. Sperando di aver esaudito in maniera abbastanza esaustiva il mio intento e di aver reso un servizio di utilità a chi è interessato all'argomento e intende dedicarsi al collezionismo dell' oggettistica militare alpina italiana, calorosi saluti a tutti e alla prossima all'insegna di un teutonico componente del......... “passo dell'oca”.
Cordialmente.
Luciano.
 
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magenta 859
view post Posted on 6/3/2015, 06:26     +1   -1




Ciao Luciano..... GRAZIE DI TUTTO CUORE! Non aggiungo altro!!!!!!!
Un pensiero mi fa riflettere però: Ma ti rendi conto come eravamo equipaggiati?
Aggiungo due medaglie io, appartenute ad un mio parente reduce dall'Armir.

Distintivo autorizzato il 12 maggio 1943 con foglio d’ordine num. 012/08.
Il comando dell’8 armata comunicava ai reparti dipendenti l’istituzione di un distintivo ricordo per il periodo passato in Russia. In data 14/05/1943 con il foglio d’ordine num. 012/100 ne veniva stabilito forma e disegno. Fu dato anche ampio risalto all’avvenimento al punto che numerosi quotidiani dell’epoca pubblicarono la notizia con tanto di immagine del distintivo, magnificando la personale concessione del Duce di tale riconoscimento alle truppe reduci, anche se poi il costo di 6 lire del distintivo era a carico del richiedente che doveva ordinarlo direttamente alla ditta produttrice, la Lorioli di Milano. Quello che vi presento è il modello "economico e comune" perchè ha la spilla di fissaggio in diagonale e "delicata". Esiste una versione alla tedesca con il sistema di fiisaggio molto più robuto e messo verticalmente. Nel retro del distintivo si notano gli inviti di posizionamento.


Croce al merito. Per saperne di più su tale onoreficenza: https://metaldetector.forumfree.it/?t=70373371
 
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view post Posted on 6/3/2015, 07:14     +1   -1
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Luciano questo post si commenta da solo me lo son letto tutto di un fiato veramente complimenti, fa parte della nostra storia i nostri nonni indossavano quegli abiti e fa pensare a tutte le sofferenze che passavano veramente complimenti per il post hai fatto un lavorone, mi piace Molto l elmetto che è interamente bellico cosa non facile visto che ora sono tutti post o misti tra bellici e post , ancora complimenti questi post sono veramente un pregio per il forum complimenti ;)

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view post Posted on 6/3/2015, 10:30     +1   -1
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metalla quaeramus cum sonantis instrumentum

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Grande Luciano,
vivi ringraziamenti per aver condiviso questa interessante documentazione che inevitabilmente conduce alla memoria che conserva il ricordo riverente dell'enorme contributo di vite infrante e di sofferenza per quel penoso e tragico sacrificio di Russia.
Un velo triste, che sempre emerge leggendo i propri cognomi incisi sulla pietra degli innumerevoli cippi sparsi per tutte le nostre vallate alpine.
 
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monty1964
view post Posted on 6/3/2015, 11:31     +1   -1




Che spettacolo, finalmente siete tornati alla grandissima ;)
 
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elv66
view post Posted on 6/3/2015, 12:45     +1   -1




Tanto di cappello per l'impegno, la cultura e la facilità con cui scrivi e fai capire.. ci rendi tutti più ricchi.. grazie
 
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view post Posted on 6/3/2015, 17:12     +1   -1
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GURKHA

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Che bell'articolo fotografico, ben dettagliato
 
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Daniwolf69
view post Posted on 6/3/2015, 19:44     +1   -1




Davvero davvero favoloso lavoro Luciano!!!!
Sei un mito!!!!
Grazie!!! ^_^
 
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moschetto
view post Posted on 7/3/2015, 11:35     +1   -1




Che dire, post di questo genere arricchiscono e nobilitano il Forum. Precisazione, approfondimento, foto è tutto un insieme di professionalità e direi soprattutto passione per la materia.
Grazie
 
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view post Posted on 7/3/2015, 17:15     +1   -1
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Complimenti Luciano per questa splendida discussione!!! Veramente ricca di contenuti e belle foto!! Senza parole... :o:
 
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giuseppeinsa
view post Posted on 7/3/2015, 18:19     +1   -1




un lavorone complimenti.
 
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view post Posted on 9/3/2015, 20:36     +1   -1
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Gran lavoro!! Complimenti!
 
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view post Posted on 17/3/2015, 10:55     +1   -1
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Semplicemente grazie...
 
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view post Posted on 17/3/2015, 14:49     +1   -1
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Grazie a tutti voi per l'apprezzata condivisione e per avermi dimostrato che tutto questo impegnativo lavoro di preparazione fotografica non è stato vano. Mi sento veramente orgoglioso di far parte di questa grande famiglia virtuale composta da veri appassionati della ricerca e della storia.
Di nuovo cordiali saluti e ringraziamenti a tutti.
Luciano
 
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view post Posted on 1/5/2015, 23:14     +1   -1
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Che gran bel lavoro! Complimenti!
 
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